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Capitani africani. Ecco il modello della “nuova” Alitalia pubblica

Andrea Giuricin

Alitalia come la South African Airways, in continua perdita e sempre alimentata da nuove ricapitalizzazioni statali 

Roma. Il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, che da oltre un anno sta tenendo in mano la partita Alitalia, ha affermato che la compagnia tornerà ad essere finalmente a controllo pubblico. Infatti, la soluzione che si sta delineando, vede Ferrovie dello Stato, al 100 per cento statali, e il ministero dell’Economia avere il controllo di maggioranza della nuova Alitalia, insieme ai soci minoritari Atlantia e Delta. Una soluzione che lascerà ai creditori e ai contribuenti la Bad company di Alitalia con oltre tre miliardi di debiti.

 

La soluzione di nazionalizzazione è un ritorno al passato, dato che dal 1997, quando si liberalizzò il mercato aereo europeo, abbiamo visto una serie di privatizzazioni degli operatori nazionali. La competizione sempre più forte ha portato fuori mercato le compagnie inefficienti, con una serie di fallimenti (da Swiss Air a Sabena, passando per Alitalia e Air Berlin) e alla nascita di grandi gruppi europei. Nel corso degli anni si è venuto a creare un mercato unico europeo, dove Alitalia ha una quota di mercato di passeggeri inferiore ormai 2 per cento. Non esiste più il concetto di vettore nazionale, ma esiste l’idea di vettore europeo.

 

Il mercato italiano è ormai regionale in questa ottica e le compagnie sono interessate a questo mercato che dal 1997 al 2018 è cresciuto da 53 ad oltre 150 milioni di passeggeri. Tutti i grandi gruppi sono quotati in Borsa e vedono spesso fondi internazionali come grandi azionisti. Non vi è un solo gruppo dove lo stato abbia la maggioranza, nemmeno in Francia dove lo stato francese è azionista di minoranza. Solamente la Tap, compagnia portoghese, è stata ri-nazionalizzata e lo scorso anno è tornata in perdita.

 

Ma allora dove si trovano la maggior parte delle compagnie nazionalizzate, di cui il ministro Di Maio è grande ammiratore? L’area dove è ancora importante avere la gestione di una compagnia aerea pubblica è indubbiamente il mercato africano. In realtà il mercato africano sta aspettando da anni una liberalizzazione e quindi la situazione non è direttamente comparabile, ma è possibile vedere una certa similarità d’intenti tra il ministro Di Maio e quello che è successo in molti paesi africani. Il controllo pubblico è considerato strategico per lo sviluppo di un paese, senza ricordarsi che è invece essenziale avere un paese ben connesso con il trasporto aereo, con la possibilità di scegliere tra diverse compagnie.

 

La maggior parte di questi vettori africani sono in perdita e gli stati sono costretti a fare sempre nuove ricapitalizzazioni. Per esempio South African Airways continua a perdere centinaia di milioni di euro ogni anno e lo stato si trova sempre a dovere mettere nuove risorse.

 

Ma il caso sudafricano non è l’unico dato che un altro caso esemplare del settore si trova in Asia: Malaysia Airlines, compagnia a controllo pubblico malesiana, da anni sta tentando di raddrizzare i conti, senza riuscirci anche compressa sempre più dalla crescita delle compagnie low cost.

 

La scusa della “strategicità” della compagnia nazionale cozza invece con un mercato liberalizzato che è in grado di attrarre sempre più vettori sul proprio territorio per avere un mercato aereo competitivo.

 

Se guardiamo il mercato italiano, quando sentiamo i vicepremier Di Maio o Salvini parlare della strategicità di Alitalia per il turismo, forse non sanno che Alitalia ormai trasporta solo l’8 per cento dei passeggeri internazionali. La compagnia italiana è la quinta dietro Ryanair, Easyjet, il gruppo Lufthansa e il gruppo Iag (British Airways, Iberia, Vueling e AerLingus) che evidentemente sono più strategiche per portare turisti in Italia o businessman all’estero.

 

La visione nazionalistica dunque, come nel caso di altri paesi, rischia di essere l’ennesima scusa per la politica per controllare un asset non strategico al costo di miliardi di euro di tasse del contribuente.