Foto LaPresse

Il M5s e i metodi para fascisti nascosti dietro l'assedio al Parlamento

Luciano Capone

Si può difendere la democrazia quando si vuole abolire la democrazia rappresentativa? Parlano Panebianco, Campi, Violante

Roma. “Arrendetevi, siete circondati!” è lo slogan del Movimento 5 stelle mentre circonda il Parlamento per protestare contro l’approvazione della legge elettorale. Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio guida la piazza che dovrebbe circondare l’assemblea parlamentare e nei giorni scorsi aveva addirittura lanciato l’idea di circondare il Quirinale per convincere il Presidente della Repubblica a non firmare la legge (poi quest’idea è rientrata). Beppe Grillo, il leader del M5s, in quella stessa piazza a pochi metri da Palazzo Madama arringa la folla: “Non abbiamo potuto fare una manifestazione attorno al Senato perché hanno paura, la polizia ci ha consigliato di stare qua e io ho consigliato alla polizia di andare la e accerchiarli loro. Perché questa cosa la dobbiamo risolvere”. I media, le forze politiche, gli intellettuali, le istituzioni, la società italiana in generale ha accolto queste manifestazioni come normale dialettica politica.

      

Ma il motto “Arrendetevi, siete circondati!” non è nuovo, fu utilizzato per la prima volta il 1 aprile del 1993 dal Movimento sociale italiano durante i giorni in cui la Camera votava l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. La differenza è che all’epoca ci fu una reazione durissima: la magistratura inviò a parlamentari e militanti missini avvisi di garanzia per turbativa dell’attività parlamentare (da 1 a 5 anni), il ministro dell’Interno Nicola Mancino parlò di “attacco alla democrazia”, Massimo D’Alema del Pds disse alla Camera che lo stato doveva “schiacciare lo squadrismo per tempo”. Ora non succede nulla, nessuna reazione da parte delle istituzioni e dei partiti tradizionali a chi vuole aprire il Parlamento “come una scatoletta di tonno”. Cos’è cambiato? “Il Msi aveva le stigmate del fascismo, il M5s no – dice al Foglio Angelo Panebianco, politologo dell’Università di Bologna – e paradossalmente il fatto che possa andare al governo trova un atteggiamento più comprensivo”. Panebianco diversi mesi fa, in un editoriale sul Corriere della sera, aveva parlato di una resa culturale ai 5 stelle: “C’è un diffuso antiparlamentarismo, cavalcato da un bel pezzo di establishment che così pensa di salvarsi – dice oggi – Le difese democratiche si sono abbassate notevolmente, è un passaggio storico molto delicato”.

  

 

È dello stesso avviso Alessandro Campi, docente di dottrine politiche a Perugia, e profondo conoscitore della destra italiana: “Si è abbassata la soglia di allarme, 25 anni fa la manifestazione era di una frangia giovanile guidata da Teodoro Buontempo di un piccolo partito, ora parliamo di un partito candidato a guidare il paese – dice al Foglio il direttore dell’Istituto di politica – ma la classe dirigente non percepisce l’atteggiamento anti-parlamentare del Ms5 come minaccioso per la democrazia”. Come mai? “Da un lato fa velo questa retorica rousseauiana della democrazia diretta, in verità molto autoritaria, dall’altro c’è una classe politica scadente, incapace di difendersi. Quella della Prima Repubblica è stata sconfitta, ma basta rivedere il discorso di Craxi alla Camera per confrontare il livello e la qualità della reazione rispetto a oggi”.

   

Luciano Violante, ex presidente della Camera, ricorda bene quel giorno e le differenze. “Il Msi evocava l’epoca fascista e c’era quindi più attenzione, ma oggi c’è una distrazione sui valori fondamentali della democrazia, c’è un relativismo istituzionale che rende accettabile qualsiasi cosa. Sarebbe immaginabile vedere un partito che invita a circondare il Parlamento in Francia, Germania o Inghilterra?”. Quindi davvero la democrazia parlamentare si sta arrendendo a chi la circonda? “Quando le strutture interne diventano fragili si aprono possibilità per la dissoluzione del sistema politico. Le democrazie muoiono per suicidio, non per omicidio”.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali