(foto LaPresse)

En attendant Sala

Fabio Massa

La destra dice di avere il candidato, la segretaria del Pd Roggiani dice di avere un metodo e un programma

Ogni cinque anni, la stessa domanda: come si seleziona il sindaco di Milano? E’ un quesito difficile, perché Milano è una città particolare. Non basta prendere un imprenditore, non basta un politico, non basta uno dal senso pratico spiccato, non basta qualcuno dell’aristocrazia borghese cittadina. La scelta è sempre un rebus. Ha quindi sorpreso molti che nell’intervista a Chiara Campo del Giornale il segretario cittadino della Lega, Stefano Bolognini, abbia annunciato che un nome c’è, ed è quello di un imprenditore sotto i 50 anni, con un figlio. Dovrà passare al vaglio di Matteo Salvini, ovviamente. Dall’altra sponda della contesa, il centrosinistra la prende con le molle. Spiega infatti al Foglio la segretaria metropolitana del Pd, Silvia Roggiani: “Mi sembra un profilo deboluccio, frutto di un centrodestra un po’ in rincorsa e col fiatone. La Lega parte da un identikit e mette una persona davanti al programma. Dice che ha un figlio e strizza l’occhio alle famiglie moderate, dice che è un imprenditore e strizza l’occhio ai ceti produttivi. Però di idee non ce ne è mezza”. Se i dem ostentano tranquillità, nelle segrete stanze si cerca di capire se quello di Bolognini è un bluff oppure se il candidato possibile c’è davvero (sì, c’è davvero anche se il nome lo sa solo lui). “Sono in rincorsa rispetto a un centrosinistra che ha fatto le primarie tra profili molto differenti ed è emerso il profilo di un manager nel quale i milanesi si sono riconosciuti – spiega Roggiani – Forse perché dopo lo scivolone di Giulio Gallera, autocandidatosi sindaco in piena pandemia, sono un po’ in affanno sulla concretezza del programma”.

 

Almeno le parole d’ordine debbano cambiare. Milano non è più quella di sei mesi fa. Niente lustrini, e l’autunno sta già arrivando. E con esso i licenziamenti, le chiusure, la crisi. “Sì, le parole d’ordine cambiano. E cambiano le priorità. Però rimane un filo conduttore che è sempre stato presente, a partire da Pisapia fino a oggi: Milano tiene insieme da un lato la crescita economica, si misura con le grandi città europee. Ma non lascia indietro nessuno e fa dell’inclusione una caratteristica fondamentale. Pensiamo ai 4 milioni appena finanziati per 67 progetti nelle periferie. Penso che nel post Covid sia in discussione il ritmo di Milano: ma su questo è già in corso un lavoro partecipato con i cittadini. Se ne è parlato: la città da 15 minuti, con un ritmo più vivibile, cambiando il nostro modo di spostarci e di vivere tempo e lavoro”. Intanto l’acqua dei Navigli scorre e chissà che fine faranno i grandi progetti: Scali, Olimpiadi, i Navigli (appunto). I must della Milano di Beppe Sala: “Tutti gli investimenti sono stati confermati. I grandi progetti cardine come gli Scali, il Meazza, le Olimpiadi, non sono stati abortiti. Ma sono forse da ripensare. Gli investitori vedono in Milano un posto ideale. Bisogna solo trovare un nuovo equilibrio”.

 

Ok i grandi progetti. Ma alla fine la lingua batte dove il dente duole. Sala deve proprio aspettare settembre per scegliere se ricandidarsi? Non è un po’ tardi? “Io rispetto i tempi e le scelte del sindaco. La responsabilità è innanzitutto sua, è mi auguro che a settembre confermi la sua piena disponibilità alla ricandidatura. Ovvio, mi farebbe piacere che lo dicesse oggi. Come Pd nel frattempo non stiamo fermi: abbiamo organizzato in pieno lockdown 16 tavoli a cui hanno partecipato oltre 2.000 persone, e c’era anche Beppe, per portare idee nella sfida del 2021”. Sala sarebbe un buon premier? “Non voglio pensare a Sala premier perché sono convinta che farà il sindaco di Milano e magari se ne riparlerà tra cinque anni”. Però il Pd potrebbe essere in difficoltà se… “Abbiamo affrontato il Covid, possiamo affrontare qualunque cosa. Milano ha visto nelle primarie uno strumento giusto. Ribadendo che mi auguro spero e credo che si ricandiderà, il Pd, che ha figure spendibili, non si sottrarrà alla scelta delle primarie”.

 

Figure spendibili ma compattezza da rivedere, considerato che c’è la linea di Majorino che vuole il commissariamento della Regione e quella del partito che non lo vuole. “Il Pd è un partito plurale e questo è uno dei suoi punti di forza. Ma sono molte di più le cose che ci accomunano. La nostra denuncia è stata dura e forte. C’è chi l’ha fatto chiedendo le dimissioni e chi ha spinto sul commissariamento. Non sono per il commissariamento: penso che la Regione Lombardia debba assumersi tutte le responsabilità, e il commissariamento sposta le responsabilità su un altro livello di governo”. A sinistra del Pd si agitano cespugli, intanto. In vista del 2021 c’è ancora qualcosa? “Io penso di sì. C’è un mondo e lo vediamo nelle discussioni di questi giorni. Certo lo sforzo delle varie sigle che stanno a sinistra sarà quello di ricomporsi e di provare a costruire insieme un’offerta che possa rappresentare chi sta più a sinistra e non vuole entrare nel Pd”. I civici? “Io faccio la segretaria metropolitana. Penso ai tanti comuni della provincia dove il civismo ha molto senso. A volte è imprescindibile. Sicuramente nelle città grandi i partiti sono i propulsori dell’attività politica e la guidano di più.  Ma non ci vedo niente di male se ci fosse un’offerta civica”.