Fabrizio Sala (foto Facebook)

Perché bisogna rilanciare la diplomazia del made in Lombardy

Daniele Bonecchi

Il vicepresidente regionale Fabrizio Sala (FI) spiega il suo lavoro (molto all’estero) per fare sistema e innovare

L’Italia fatica a confermare un primato remoto, quello di settima potenza manifatturiera al mondo. Se resiste, il merito è delle imprese, ma anche di realtà amministrative come Milano e la Lombardia che non hanno mai smesso di spingere, di più, hanno fatto la differenza, sfidando il contesto internazionale sul terreno della innovazione e della ricerca. Ora il fiato è corto ma la Lombardia – benché in epoca di dazi – combatte sul fronte delle relazioni internazionali. Certo non sono più gli anni in cui Roberto Formigoni apriva un’ambasciata del made in Italy in tutti gli angoli del mondo, sollevando polemiche e invidie, ma la Regione ora a trazione leghista, archiviata l’autonomia differenziata, sta rilanciando il made in Lombardy. Oggi e domani, a Palazzo Lombardia, si riunirà il “Forum Eusalp 2019”, coi rappresentanti delle istituzioni europee interessate. Ci saranno anche il premier Giuseppe Conte, il commissario europeo Johannes Hahn e naturalmente il governatore Attilio Fontana. Così un centrodestra lombardo assai poco sovranista sembra tornare all’antico, coltivando l’export. 

 

Fabrizio Sala, vicepresidente regionale (di recente nominato capo delegazione di Forza Italia in giunta), con la sua delega Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione, ha iniziato un roadshow internazionale e ha accettato di parlare col Foglio del lavoro che sta facendo. Quali sentimenti ha trovato in giro per il mondo verso la nostra regione? “La Lombardia è un modello di grande attrattività e competitività. Sanità, imprese, ricerca, innovazione sono i settori trainanti, e su questi temi sviluppiamo partnership e collaborazioni in tutto il mondo. E all’estero non mancano mai di sottolineare quanto il nostro capitale umano sia unico. Mi piace chiedere ‘Perché investite proprio in Lombardia?’. La risposta, il più delle volte, è: ‘Per l’ingegno e per l’incredibile capacità di trasformazione e adattamento del tessuto imprenditoriale che non si trova altrove”. Expo Dubai 2020 è solo una vetrina o rappresenta una occasione per le nostre imprese?  “Expo Dubai è un’altra grande opportunità di conoscenza e diffusione di buone pratiche valorizzando le nostre eccellenze. Penso ad esempio alla manifattura. Un nostro artigiano oggi può conquistare il mondo grazie alla genialità dei suoi manufatti ed agli strumenti di trasmissione di conoscenza e produzione. Anche la recente missione economico istituzionale che abbiamo svolto negli Emirati Arabi è andata in questa direzione, sviluppare link e collaborazioni per permettere alla Lombardia di accrescere la presenza sul panorama internazionale”.

 

La stagione politica, coi fragili provvedimenti previsti (pare) dalla legge di stabilità non aiutano la crescita. Cosa chiedono le imprese alla Lombardia e cosa si aspettano dal governo?  “A noi chiedono uno sforzo importante sulle infrastrutture, materiali e non, sulla celerità e semplificazione del nostro modo di agire, sulla capacità di un confronto aperto e competitivo con tutto il mondo. Il nostro piano sull’internazionalizzazione delle imprese lombarde va in questa direzione. Con le nostre ultime misure in termini di innovazione, penso ad esempio all’utilizzo della tecnologia blockchain e dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione, stiamo andando verso una vera e grande semplificazione. Cosa si aspettano dal governo? Che aiuti la crescita, che supporti chi ha bisogno, ma non penalizzi mai chi vuole correre. Ne va di mezzo il bene di tutti. E’ sbagliato, ad esempio, pensare e valutare l’impresa solo dal punto di vista del profitto, e quanto quel profitto può essere tassato per sostenere un debito pubblico generato da mala gestione e incompetenza diffusa. L’impresa è un bene sociale, e risponde a un’idea di benessere che incide su tutta la collettività”.

 

La madre di tutti i progetti sulla digitalizzazione è indubbiamente il 5G, che non smette però di suscitare polemiche. Per la Lombardia è un’opportunità o un rischio? “Un’opportunità, non dobbiamo averne timore. Il 5G significa nella fattispecie più velocità, più servizi, un impatto economico stimato per il nostro paese in 80 miliardi nei prossimi 15 anni, con effetti dirompenti nel settore dell’automotive, nella sanità, nella logistica, nel sistema dei pagamenti”. Veniamo ai temi di casa nostra. Il governo, col ministro Boccia, ha intrapreso un’opera di totale revisione dell’autonomia differenziata, sostenuta da Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. E’ stato un errore, col senno di poi, puntare tanto sull’autonomia? “No, assolutamente non è un errore. Noi chiediamo maggiore autonomia perché siamo convinti di poter fare ancora meglio quello che stiamo facendo, spendendo ancora meno di quello che stiamo spendendo. Siamo convinti di attuare un circuito virtuoso, un insieme di modelli replicabili che possono contagiare tutto il paese, occorre un forte processo di innovazione di tutto il sistema”. Quali sono gli obiettivi di Forza Italia, in una giunta a guida Lega? “Sicuramente lo sviluppo economico, la ricerca, l’innovazione e la formazione, per poter dare le giuste opportunità ai giovani”. Non teme i pericoli di una omologazione di un destra-centro a guida Lega?  “Nessun timore, oggi più che mai il centro-destra è unito e compatto e tutte le sue componenti forniscono un apporto positivo per creare un’importante coalizione. Una coalizione che risulta un modello vincente in Lombardia che può essere esportato e che può governare l’Italia nel miglior modo possibile. E oggi il nostro paese, alla deriva con questa alleanza Pd e M5s, ne ha davvero bisogno”. Qual è l’orizzonte di FI oggi, con la presenza sul palco della politica di numerose forze d’ispirazione liberale?  “Siamo una grande forza liberale e moderata di centrodestra, in grado di portare le esperienze di tanti validi amministratori locali. Abbiamo una tra le migliori classi di amministratori, non conta solo chi ha voglia di proporsi ma contano anche le competenze”.

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