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Vuole aprire una boutique? I dati di un mercato che continua a volare

Paola Bulbarelli

Il turismo straniero, lo shopping e il fascino della città. Perché un negozio a Milano fa sempre gola

Non fanno un plissè nemmeno quando si parla di oltre 12 mila euro al metro quadro di locazione. Che ne devi vendere di vestiti e borse per un cento metri in Montenapo, praticamente una botteguccia. “Per esserci bisogna avere un bel fatturato, acquistare, poi, quasi impossibile”, ci dicono Antonella Mastrototaro e Maristella Brambilla di 18 Montenapoleone società di consulenza e brokeraggio. D’altronde i numeri parlano: 190 negozi in Montenapoleone, 500 nel Quadrilatero della moda. “Quelli sono e non si possono modificare. Possiamo solo andare in verticale, passare ai secondi piani”. E con le cifre degli affitti, sparite le buonuscite. Chi cerca, e trova, sono sia marchi del lusso stranieri che italiani, basta guardare gli scarpari per capire che ce n’è a profusione. 

 

C’è la crescita zero nazionale, anche Milano ne soffre, e ne soffre pure il sistema della moda. Soffrono, di crisi, alcuni settori del commercio. Ma, grazie (anche) al turismo straniero dello shopping, e all’attrattività che le strade di città continuano a esercitare anche a fronte della grande distribuzione e dei super centri commerciali, aprire una boutique, o un negozio di accessori, a Milano fa ancora gola. Lo rileva ad esempio un recente report che analizza un campione delle principali strade milanesi, firmato da JLL, società internazionale leader nei servizi immobiliari e nella gestione degli investimenti. Uno studio dal titolo chiaro, “Milano loves shopping”. Fotografa la situazione del mercato immobiliare retail con riferimento alle “high streets”. Negli ultimi 5 anni, circa 1,7 miliardi di euro sono stati investiti nel settore nelle zone centrali di Milano, pari al 92 per cento degli investimenti di settore totali fatti nella città. Il valore medio di una transazione è stato di 72,5 milioni di euro. Nel 2018, inoltre, circa 518 milioni di euro sono stati investiti nel retail a Milano, dato che corrisponde al 60 per cento circa del totale degli investimenti in Italia nel settore.

 

   

Sono 12 le zone della città che risultano particolarmente attrattive, con 1.426 negozi e più di mille marche. Il  Quadrilatero è ovviamente l’area con il maggior numero di punti vendita (307) e vetrine (891). Al secondo posto corso Buenos Aires (207 negozi e 288 vetrine), al terzo il distretto di Brera (174 negozi e 402 vetrine). In termini di pubblico la zona Duomo-Galleria vale 94.900 passaggi giornalieri in media. Via Torino 49.600, il Quadrilatero 42.300 visite medie. “La richiesta di spazi è molto alta e si riflette nel numero di nuovi negozi che presto vedremo aprire al pubblico nel Quadrilatero”, conferma Davide Dalmiglio, di JLL. “Stiamo assistendo ad un assalto di capitali internazionali e domestici, di vari origini e profili, che rende il settore high streets un mercato sempre più istituzionale e con ampi margini di crescita”. “La reputazione di Milano è sempre più associata alla moda, al design, al cibo ma anche al business e allo sport, oltre ad essersi affermata come meta privilegiata per i turisti – precisa Monica Cannalire, a capo della Retail Agency di JLL –  A parità di investimenti nei costi immobiliari di occupazione, Milano risulta più profittevole nei fatturati dei retailer, ovvero si fa più shopping e i ticket medi sono più alti che in ogni altra piazza italiana”.  

 

Ma il franchising non è da meno. I dati qui sono regionali e la Lombardia rappresenta il 20 per cento del franchising italiano con 268 marchi su 960. “Un’incidenza importante – spiega Italo Bussoli, da sei anni presidente di Assofranchising, l’unica associazione autorizzata ad avere rapporti internazionali mondiali facente parte del network World Franchising Council e aderente a Confcommercio – Fatturato complessivo di 23 miliardi di cui 4,5 in Lombardia. Gli addetti, sia i titolari del punto vendita che chi ci lavora, sono 38 mila. La Lombardia stacca abbondantemente Lazio e Emilia-Romagna, le altre regioni forti. Ed è una continua crescita”. Eppure il franchising ha registrato momenti di calo. “Però, anche nei periodi brutti il franchising non ha mai ceduto né per numero di addetti né di punti vendita. Chi oggi vuole mettersi a fare l’imprenditore senza morire soffocato dai debiti, sceglie questa formula, un buon compromesso con minori rischi, buoni risultati”. Per tutti, vale però un “nuova” regola commerciale: i consumatori sono pronti a boicottare i marchi non sostenibili. Chi inquina, chi non usa materiali ecologici, chi non rispetta i diritti dei lavoratori ha un destino segnato, all’estero già avviene. Lo afferma il sondaggio di Politicapp Moda e Sostenibilità di Swg appena realizzato. 

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