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Periferie, scali, stadio, sviluppatori, smart city. Parola all'assessore

Fabio Massa

Pierfrancesco Maran guida l’Urbanistica. “A Milano i cantieri non chiudono mai: ne apriamo sempre di nuovi”

Si racconta che il primo vicerè del Messico, Antonio de Mendoza, abbia portato con sé il De Re Aedificatoria di Leon Battista Alberti per progettare Città del Messico. Poi però Città del Messico ha fatto da sé. Perché una città è viva, impossibile tenerla legata. “Però noi abbiamo chiamato tutti a una responsabilità nei confronti della città. Poi gli operatori fanno del loro meglio”, spiega al Foglio Pierfrancesco Maran, in una chiacchierata sul presente e sul futuro della città. Una chiacchierata in tre fasi. La prima parte nell’imminenza del bando di gara che ha assegnato a Coima Sgr di Manfredi Catella il “Pirellino”: ottantacinque rilanci per un’asta senza esclusione di colpi, 191 milioni di euro abbondanti. Che mettono a disposizione della città una cinquantina di milioni “che non erano previsti – ammette Maran – Capiamoci: sono 50-60 milioni sicuramente importanti. Ma che non cambiano il quadro di investimenti molto rilevante sulle periferie. Pensate che abbiamo già stanziato un miliardo e 600 milioni”.

 

Insomma, tanti investimenti. Ma quando si vedranno i risultati? “Diverse cose sono già lì da vedere. Milano è piena di cantieri”. Sì, ma la domanda tipica dei milanesi è: ma quando chiudono? “La città non chiude mai i cantieri: è un ciclo infinito. Garibaldi e Porta Nuova, piazzale Lugano, le bonifiche a Bisceglie. C’è un ricambio di investimenti che finalmente dal centro si sta spostando verso le periferie. Poi i tempi sono quelli dell’urbanistica: non si cambia tutto in uno o due anni. Ma le cose stanno accadendo”. Si parla anche di Catella, e degli altri grandi player immobiliari, spesso stranieri, che stanno investendo su Milano. Un protagonismo che potrebbe essere un problema? “No. Prendiamo l’esempio di Catella: ha speso un sacco di milioni per acquistare un’area a Milano. E poi c’è un punto”, Maran tira fuori lo smartphone e mostra una tabella.

 

Ci sono una riga rossa e una riga verde. Il grafico rosso sono gli oneri di urbanizzazione dello scorso anno. Dai 4 milioni di gennaio ai 157 milioni finali. Il grafico verde sono gli oneri 2019: viaggiano a un ritmo quasi raddoppiato e a marzo si sono raggiunti già i livelli del giugno 2018. “Ecco, questa linea verde ci dice che Milano è attrattiva. Quel che non ci dice, ma lo dico io, è che la gran parte degli investimenti sono fuori dalla cerchia della 90-91. Stanno andando là, ed è importante”. Là fuori, c’è anche lo stadio. Tema ineludibile. “Io l’ho già detto che vorrei una ristrutturazione. Dopodiché è chiaro che lo stadio lo fai con il Milan e con l’Inter. Non ho preferenze, visto che sono juventino. Certo è che il Comune di Milano non spende un euro per uno stadio dove giocano società che hanno dei bilanci di serie A. Il tema vero è che le due società hanno avuto una evoluzione di pensiero negli anni e nei mesi scorsi. E devo dire che delle volte l’approccio è stato un po’ quello del calciomercato, dove uno la spara alta e poi vede che cosa succede. Ma le amministrazioni a Milano non ragionano così: ci presentino una proposta e vediamo”.

 

La seconda occasione di chiacchiera con Maran è qualche tempo dopo, alla sede nuova di Fastweb, dove il giovane assessore (anche se manca un anno all’eleggibilità al Senato: avviso ai navigati, particolare non irrilevante) discute con Patricia Viel, partner dello studio Citterio. L’argomento? “Il quartiere Romana-Vettabbia. Riqualificazione, tra digitale e sostenibilità”. Si parla del quadrante sud di Milano, quello che ormai viene indicato come l’area di una smart-city ormai in corso d’opera. E si parla anche delle Olimpiadi, “che possono essere un boost, ma non è così importante”. Tema interessante, da sviscerare: “Rispetto al futuro della città cambia poco che conquistiamo oppure no le Olimpiadi – dice Maran – Saranno una spinta, ma non siamo legati mani e piedi. E questo è il motivo per cui Milano non ha chiesto molto: perché stiamo già costruendo le infrastrutture necessarie al futuro della città. Questo è un vantaggio rispetto ad altre realtà, perché non rischiamo di avere cattedrali nel deserto. Prova a pensare a quando ci siamo candidati con Expo: dovevamo finanziare due metropolitane. Oggi non più, oggi le ossa ce le abbiamo. Poi certo, le Olimpiadi sono una opportunità per fare meglio, per fare di più”.

 

Ultima occasione di dialogo con Maran, recentissima, dopo il masterplan dello Scalo Farini. Ancora una volta, bisogna partire da Manfredi Catella: “Coima dell’area Farini ha il 10 per cento, mentre Ferrovie il 90. Noi speriamo che la sua presenza aiuti a portare rapidità di intervento sullo scalo – spiega Maran – Però una cosa mi preme dirla: Milano ha una economia diffusa anche in campo urbanistico. Da Mind a Santa Giulia sono tanti gli investimenti, e tanti gli operatori. Per noi sono tutti uguali, non esistono monopoli”. C’è poi il tema, sollevato dal Foglio, sulla gestione unitaria dei processi anche fuori dalla città. In una Milano nella quale c’è Mind, c’è Segrate con Westfield, c’è Milanosesto che passa da Bizzi a Prelios, dove ci sono gli scali, il rischio è di avere un puzzle scomposto, senza regia.

 

Qui si passa alla politica, e Maran attacca la Regione: “Il problema è che la Regione non funziona”. Ma, obiettiamo, il sindaco della città metropolitana è Beppe Sala. “Sì, ma i rapporti li tiene la Regione, su quei progetti. La difficoltà che noi abbiamo in questa fase è che sono rimaste alcune operazioni che sono state pensate e gestite come se fossero di un’epoca diversa. Mi spiego: Porta Nuova e Citylife sono state pensate da Albertini, ma nel tempo le abbiamo gestite in modo molto diverso da come erano state ideate. Diciamoci la verità: Segrate e Sesto San Giovanni non dipendono da noi, ma il modo in cui le stanno gestendo mi pare vecchio. Guardiamo a Sesto: chi andrà ad abitare là non sono ricchi. Sono giovani, che vogliono la città ma che non si possono permettere il centro. E allora noi che cosa facciamo? Portiamo la metropolitana. Ma ci sarebbe bisogno anche della tariffa unica… noi vogliamo dargliela e gliela daremo. Ma in questo momento è proprio la Regione a essere contro. Ma è miopia, perché questo è un tema sociologico, non solo trasportistico, o politico”.

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