Il premier Giuseppe Conte all'inaugurazione del Salone del Mobile (Foto LaPresse)

Per i grillini Milano è off limits

Daniele Bonecchi

Che venga Conte, che venga Di Maio, il M5s prende sberle dal ceto produttivo milanese

L’armata pentastellata non riesce a bucare. Milano resta off limits, se non volano ceffoni sono sorrisi di circostanza. Come è successo in Assolombarda, quando il vicepremier a cinque stelle e’ stato trattato con aperta ostilità dal presidente Bonomi che, dopo aver paventato una nuova profonda débacle evocando l’anno più buio della crisi, “evitiamo un nuovo 2011”, ha chiesto esplicitamente al governo di fare marcia indietro su quota 100, “che aggrava il debito previdenziale e ne addossa iniquamente i costi ai più giovani, oltre ad abbassare il tasso di occupazione, perché l’obiettivo di una meccanica sostituzione dei pensionandi con lavoratori più giovani non formati, tanto più in una fase di recessione, è pura illusione”. Sul reddito di cittadinanza, monumento allo spreco di Di Maio, il capo di Assolombarda dice: Lasciamolo solo nella sua componente di lotta alla povertà del Rei, e abbandoniamo l’idea di includervi anche le politiche del lavoro”. Poi Bonomi ha chiuso: “Da voi scelte sbagliate, dovete abbattere davvero il cuneo fiscale”.

 

Sul fronte commercianti è la corazzata di Carluccio Sangalli ha non cambiare rotta. Anche se con l’abituale bon ton, l’eterno leader di Confcommercio ribadisce la necessità di non toccare l’Iva e rilancia: “Avanti con le misure sblocca-cantieri. Serve più crescita per disinnescare le clausole di salvaguardia e quindi evitare gli aumenti dell’Iva”. Per non parlare del fronte infrastrutture, a partire dalla Tav, il mondo dell’impresa è compatto contro le scelte di Di Maio e soci. L’unica associazione d’impresa che mostra di apprezzare il mondo pentastellato è Confesercenti (irrilevante però il numero degli aderenti a Milano), per via della contiguità del factotum milanese, Claudio Cremonesi, col M5s, abbagliato dalla promessa della chiusura domenicale dei negozi, tanto cara ai piccoli dettaglianti ma destinata ad essere seppellita dalle deroghe e dalla massiccia presenza in città della grande distribuzione.

 

Per non parlare degli artigiani che per bocca di Marco Accornero, segretario generale dell’Unione, hanno sparato alzo zero sul reddito di cittadinanza: “Alimenterà il sommerso e chi assumerà gente non regolarizzata farà concorrenza sleale a chi firma contratti a norma con i costi che ne conseguono. Temo una vera e propria spaccatura tra la parte produttiva del paese e la parte alla ricerca di un sussidio di carattere assistenzialista”, taglia corto. Anche il tour de force di Conte a Milano, oltre a non impressionare la città del lavoro e dell’impresa si è trasformato in una disfatta.

 

Infatti il premier, arrivato con un paio d’ore di ritardo all’inaugurazione del Design in Triennale, è stato pesantemente contestato dagli ospiti di riguardo che, dopo due ore di attesa, hanno interrotto la sua intervista “a margine” al grido di “basta, basta”: cose mai viste con un presidente del consiglio a Milano. A completare una due giorni di lacrime a Milano, una photo opportunity a City life, dove altri (privati e amministrazione comunale) hanno costruito negli anni tre grattacieli e un grande polo commerciale dove un tempo c’era la Fiera Campionaria. Grandi opere assai indigeste al movimento. Certo l’avvocato del popolo non si aspettava le ali plaudenti al suo arrivo ma la sua visita, questa volta, ha lasciato il segno.

  

Ma cosa fanno i pretoriani del capo politico M5s a Milano? Dario Violi, l’angelo di Costa Volpino (ha militato nella Caritas), è la quinta colonna di Di Maio in Lombardia. Non c’è evento al quale partecipa il vice premier che non lo veda presente, alle sue spalle, come un angelo custode, tanto da creare qualche imbarazzo, perché non ha incarichi nell’esecutivo. Violi, dopo aver ottenuto la candidatura al fotofinish tra i militanti grillini si è piazzato terzo nella corsa a governatore della Lombardia. Una prestazione certo non memorabile. Diversamente dalla gran parte degli esponenti di spicco del movimento ha conosciuto le fatiche del lavoro.

 

Dopo aver partecipato in Argentina a un progetto di volontariato per la creazione di un servizio per l’impiego in uno dei quartieri più disagiati di Buenos Aires, dal 2009 lavora come dipendente in un’azienda che si occupa di formazione professionale. Stefano Buffagni – oltre ad essere dottore commercialista, revisore legale dei conti, è deputato e sottosegretario di Stato agli Affari Regionali. Ma è salito agli onori della cronaca politica come eminenza grigia M5s, esperto nel dossieraggio su nemici e presunti amici (ne sa qualcosa Giancarlo Giorgetti che ha lamentato tra i primi la disinvolta attività istruttoria del parlamentare). Ma Buffagni si occupa a tempo pieno di nomine e relazioni “ad alto livello”. a Roma.

 

Un tempo il braccio destro di Giulio Andreotti usava dire: “’a Fra’ che te serve?” Oggi, chi dovesse aver bisogno (a suo rischio e pericolo) dei buoni uffici di un ministro pentastellato o avesse un’ambizione speciale, come correre per una nomina in un ente o in un’azienda pubblica (li chiamavano boiardi), non dovrebbe fare altro che cercare (a suo rischio e pericolo) i buoni uffici di Buffagni. Per Di Maio e il M5s Milano resta dunque off limits. Salvini lo sa e non si preoccupa. Mentre Beppe Sala spinge la vaporiera del modello Milano, in attesa che il Pd batta un colpo. 

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