Il fotografo Bob Krieger, a cui è stato dedicata una mostra a Palazzo Reale a Milano (Foto Imagoeconomica)

Bob Krieger, una mostra per il ritrattista degli anni d'oro della moda

Paola Bulbarelli

Un'infanzia cosmopolita, i ritratti storici, le seduzioni e gli incontri dolorosi. Milano celebra il grande fotografo

A Enrico Cuccia, il ritratto, non è riuscito a farlo. Ma al biglietto di scuse, Bob Krieger, è molto affezionato. “Mi scrisse: non è che non desidero farmi fotografare da lei ma non vorrei fare lo sgarbo a tutti gli altri che ho rifiutato”. A migliaia, in compenso, gli han detto di sì. Perché poter esibire una foto sua era un vanto non da poco. Dal suo obiettivo son passati tutti, paganti e non. Perché un ritratto, per Krieger, era soddisfare la sua curiosità del pianeta uomo. E quelle foto, quelle mani che parlano come gli sguardi, restano nella storia. L’Avvocato, Miuccia Prada, Bill Gates, Christian Barnard, Yaki Elkann, Carlo Bo, Anita Garibaldi, Umberto Veronesi, Carla Fracci tanto per citarne alcuni.

 

Non mancano gli incontri dolorosi, come quello con Muti che si presentò con capelli molto corti. “Non l’avevo nemmeno riconosciuto, non corrispondeva più alla sua immagine artistica. Se a Muti togli i capelli è come Sansone, perde tutto. E mi fece dire dal segretario che mi proibiva di usare le foto scattate senza sapere che quella pellicola era già finita nel cestino”. Ricordi straordinari. “Lang Lang ha fatto una cosa per me che nessuno al mondo avrà mai: ‘Voglio ricompensarti per la tua grande capacità artistica, voglio suonare per te da solo alla Scala, mi disse. E questo è avvenuto. Ha suonato al pianoforte List per me e io seduto nel palco reale, completamente solo”. Per il fotografo originario d’Alessandria d’Egitto (“il mio bisnonno era l’ultimo esponente del Sacro romano impero”), un ritratto (“rubo l’anima”) è una seduzione reciproca, un legame a vita, nasce un’amicizia profonda anche se non ci si sente più per anni. Milano è stata la partenza e tra Krieger e la città della Madonnina c’è un’unione profonda.

 

Qui ha iniziato la sua carriera, ha ritrovato il cosmopolitismo della sua infanzia. “Come dice Giorgio Armani, con il quale ho un’amicizia discreta, sono le città che fanno gli uomini. Milano mi ha condizionato, aiutato, accudito, accompagnato in questo mio percorso e penso di averla ricambiata con la divulgazione del made in Italy nel mondo. Sono stato orgoglioso il giorno in cui ho letto su Vogue America ‘The Italians are coming’, gli italiani stanno arrivando. Eravamo nel 1982”. Milano, a sua volta, gli ha dedicato mostre molto importanti. “Ricordi tra fotografia e arte” a Palazzo Reale poi alla Villa Reale di Monza e ora a Palazzo Morando dove, fino al 30 giugno, è allestita “Bob Krieger imagine. Living through fashion and music. ’60 ’70 ’80 ’90”. 250 foto inedite. 

    

Autore di tre copertine del Time, corrispondente del New York Times Magazine, Bob Krieger è stato uno dei protagonisti di questa travolgente stagione di successi della moda italiana nel mondo, segnando un’epoca nella fotografia mondiale. “Io non sono più interessante per la moda perché non ho più e l’età e diciamo anche che è un mestiere che quasi non c’è più”. Sarà, però all’inaugurazione della sua mostra sono arrivati in tanti tra cui Rosita Missoni, Raffaella Curiel, Gimmo e Veronica Etro, Gilda Gastaldi Rotelli, Sergio Dompè. E 30 rose bianche di Giorgio Armani. Un percorso tra la musica. Tra immagini straordinarie, anche quattro concerti (20 marzo, 7 e 29 maggio, 26 giugno). E pensare che la mamma di Bob Krieger, napoletana verace figlia di artisti, quando seppe che suo figlio voleva fare il fotografo si mise a piangere. “Mi vedeva già in piazza Duomo con i piccioni a fare foto ai turisti”. 

Di più su questi argomenti: