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La Lega comanda, ma la Rai di Milano piange. Portello addio?

Daniele Bonecchi

Il Centro di produzione Rai nel capoluogo lombardo è alla deriva. Tutte le produzioni di punta sono realizzate dalle major esterne

Non sono più tempi da fiction su Alberto da Giussano per la Rai di Milano targata Lega. Nel nuovo format sovranista, la marcia su Saxa Rubra (come da contratto) è ormai quasi compiuta. Ma Attilio Fontana, governatore lombardo, vuole crederci ancora e alla nomina di Enrico Motta come direttore del Centro di produzione di Milano, ammicca: “Un uomo del fare che, in perfetto stile lombardo, è abituato a lavorare sul campo. Sono certo che saprà esaltare le professionalità e le competenze di tutti coloro che operano nella sede Rai di Milano”. Mentre Alessandro Morelli, parlamentare milanese della Lega e presidente della commissione Trasporti Poste Telecomunicazioni, fa l’ottimista: “Un nuovo passo avanti per il rilancio della sede del Centro di produzione di Milano”. Ma il Centro di produzione Rai di Milano, oggi, è alla deriva. Al punto che le organizzazioni sindacali hanno minacciato per domenica prossima uno sciopero. La Cgil, con Francesco Aufieri, segretario milanese dello Slc, saluta l’arrivo di Motta, come “una scelta che segna una discontinuità invocata da anni dalla Cgil, purtroppo inascoltata anche da chi oggi plaude alle novità. E’ un risultato parziale: l’uomo solo al comando non può essere la soluzione. Quello che oggi serve alla Rai di Milano è una squadra capace di affrontare la sfida che il servizio pubblico radiotelevisivo dovrà affrontare”.

 

Dal corpaccione di corso Sempione, in agitazione, sono in molti a lamentare lo smantellamento progressivo delle produzioni a favore delle società esterne “il vero padrone della Rai”, dicono. “In una quindicina d’anni abbiamo perso oltre mille tra tecnici e programmisti, gli ultimi 90 sono andati in pensione nei mesi scorsi e sono stati sostituiti da soli 8 nuovi assunti”, spiega un funzionario di lungo corso, che conclude: “E’ fallito il modello produttivo Milano”.

 

Le produzioni di punta prodotte nel capoluogo lombardo sono, di fatto, realizzate dalle major esterne: le Officine di Fazio cucinano i tre programmi affidati a lui; Portobello della Clerici è realizzato da Magnolia; Detto fatto da Endemol. Resta lo sport, la Tgr, Generazione Giovani di Milo Infante e poco altro, davvero poca cosa per una sede regionale che voleva fare concorrenza a Mediaset e Sky. A spingere per il rilancio del centro di produzione Rai di Milano puntando sulla nuova sede del Portello (Fiera), oltre ad Fontana c’è da sempre anche il sindaco Beppe Sala. Ma “le incertezze sul trasferimento al Portello inducono dubbi sul vero impegno strategico della Rai per Milano” spiegano alla Cgil.

 

Già, il Portello. Sala ha richiesto una nuova proposta di “studio di coordinamento progettuale unitario” a Fondazione Fiera Milano per il trasferimento del centro di produzione della tv pubblica nei padiglioni 1 e 2 dell’ex polo fieristico del Portello. Richiesta che arriva dopo il buon esito di un’indagine di mercato, bandita dalla stessa Rai, su un’operazione che potrebbe chiudersi entro la fine del 2019. Tempi biblici per la televisione. Soprattutto con un governo gialloverde che ha tutta l’aria di essere più interessato ai gangli “romani” di Mamma Rai. E pensare che proprio dalla Fiera, nel lontano 1956, era partito Mike per diffondere nell’etere la sua straordinaria “allegria!”.

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