Il commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis (foto LaPresse)

Per la Commissione il caso Ema è chiuso, ma l'Europarlamento va all'offensiva

Luca Gambardella

Per Andriukaitis la partita dell'agenzia è argomento "da campagna elettorale". Gli eurodeputati invece si schierano contro la scelta di Amsterdam (ma non perché sono a favore di Milano)

Roma. La Commissione europea ha ribadito mercoledì che la procedura di assegnazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) non è di sua competenza. “La decisione del Consiglio è presa”, ha detto in modo perentorio il commissario alla Salute, Vytenis Andriukaitis. Con una provocazione – “personalmente penso che la Commissione in quanto tale non faccia parte del dibattito elettorale italiano” – Andriukaitis ha provato a tirarsi fuori dalla contesa tra Italia e Olanda sulla sede dell’Ema, o quantomeno a fare passare la linea di una partita già chiusa. Per la Commissione, il ricorso presentato dall’Italia non è altro che materiale da campagna elettorale e, soprattutto, secondo le regole attuali la scelta delle sedi spetta solo al Consiglio Ue.

 

L’Italia intanto si muove su due strade parallele e distinte per tentare in extremis di portare l’Ema a Milano. Una è quella del ricorso alla Corte di Giustizia europea e si basa sul ritardo degli olandesi nel mettere a disposizione gli uffici necessari all’agenzia (Amsterdam aveva promesso di essere pronta entro aprile 2019 ma ora parla di novembre e, nel frattempo, i funzionari dovranno alloggiare negli hotel). L’altra strada è quella politica e passa per l’Europarlamento, deciso a usare la querelle dell’agenzia europea come motivo di rivalsa nei confronti del Consiglio.

 

Il nodo è nelle due proposte legislative presentate dalla Commissione all’Europarlamento lo scorso novembre, in cui si chiede di confermare, nero su bianco, la scelta di Amsterdam. “Queste proposte sono strettamente limitate alla conferma delle nuove sedi delle agenzie”, ha specificato la Commissione. Dopo le polemiche per il metodo usato nel ballottaggio tra Milano e Amsterdam, deciso con il bussolotto, la commissione intendeva così assicurare “certezza legale e chiarezza” correggendo il vuoto normativo su cui si basa la scelta delle sedi. Ma il risultato è stato l’opposto e il Parlamento si è sentito esautorato da ogni potere decisionale. “E’ stata una mossa che ci ha sorpresi”, dice al Foglio un funzionario del Parlamento europeo. “Il problema è la procedura: perché non siamo stati consultati nella scelta della sede?”. Lo stesso risentimento nei confronti del Consiglio era stato espresso la settimana scorsa da un altro eurodeputato italiano, Giovanni La Via, quando si chiedeva se il Parlamento europeo fosse diventato un semplice “passacarte”. Così mercoledì la commissione Ambiente è passata all’offensiva: oltre ad avere chiesto all’Olanda un sopralluogo delle sedi provvisorie e definitive, ha presentato degli emendamenti alla proposta legislativa della Commissione. La “nuova sede deve essere adeguata allo svolgimento senza interruzioni delle attività” dell’Ema, hanno detto i membri della Commissione.

 

La decisione del Parlamento Ue di mettere in dubbio la candidatura di Amsterdam è stata interpretata – in Italia soprattutto – come una tenue possibilità di riaprire le strade che portano a Milano. Ma se da una parte gli eurodeputati italiani si battono per fare assegnare la sede dell’agenzia al nostro paese, per i loro colleghi la priorità è piuttosto quella di tutelare la rispettabilità dell’Europarlamento. Un obiettivo che non si concilia necessariamente con la scelta di Milano. “Al di là della fiducia che proviamo a trasmettere, devo ammettere che ci sono pochissime speranze”, dice al Foglio un altro funzionario. “In Aula non esiste un consenso sufficiente per sostenere la candidatura di Milano. Le spaccature sono un po’ le stesse che esistono tra gli stati membri del Consiglio”.

  

Ed è per questo che il governo italiano e il sindaco di Milano Sala hanno definito “difficile” la possibilità di arrivare a una svolta positiva. Soprattutto, riaprire ora le discussioni sull’Ema rischia di generare “un pasticcio” istituzionale che potrebbe allungare i tempi – già stretti causa Brexit – sullo spostamento dell’agenzia da Londra. Un’ipotesi che non rientra negli interessi né del Consiglio né della Commissione.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.