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"La parola del 2018 sarà lavoro". Le sfide, le tappe

Daniele Bonecchi

Lo ha detto (dopo Mattarella) Beppe Sala. Dal privato al pubblico passando per le utilities: ecco da dove verrà la crescita in Lombardia

Come un mantra, in questi primi giorni del 2018, la parola “lavoro” ha attraversato il paese. Prima il presidente Mattarella nel suo saluto di fine anno, poi tutte le forze politiche già impegnate in una campagna elettorale tiepida quanto inutile, infine anche il sindaco Beppe Sala, davanti alle bande musicali che come tradizione salutano a palazzo Marino il nuovo anno, ha proclamato: “La parola del 2018 sarà lavoro”. L’economia va. E a Milano viaggia più veloce che nel resto del paese, lo certifica la Camera di Commercio, assegnando al capoluogo lombardo una previsione del Pil in crescita dell’1,4%. Non c’è giunta che riesca a fermarlo. E’ dall’Expo (2015) che la città corre. Bene le imprese, bene il lavoro, molto bene le fiere dentro e fuori il recinto di Rho, a gonfie vele le presenza turistiche. E anche la città delle utilities, delle imprese al servizio dei cittadini si muove a passo di marcia. A partire dal ruolo della Regione che all’inizio del 2018 – dopo aver dato vita ad un colosso come Lombardia Mobilità (Anas-Fs e Infrastrutture Lombarde) – si prepara ad un’opera di razionalizzazione delle altre aziende. In campo, con un forte potenziale d’investimenti, ci sono le Ferrovie dello stato che, al netto dell’operazione delle aree dismesse da valorizzare, stanno giocando una partita strategica nel sistema della mobilità del territorio. Con Anas, nell’operazione Lombardia Mobilità, e poi ancora nella proprietà di M5, nel sistema ferroviario regionale e, magari domani, alla guida di una holding con Atm e Trenord, perché il trasporto pubblico locale, dopo l’acquisizione di Ataf (Firenze) è entrato nel dna del gruppo guidato da Renato Mazzoncini. Le aziende targate Comune di Milano vanno pure bene – a partire da Sea (aeroporti) che si appresta a bruciare tutti i record di passeggeri e merci del 2017 e A2A, gestita al 50% con Brescia, che macina utili.

 

Sarà per questo che Beppe Sala ha iniziato a ragionare su possibili cessioni: il bilancio triennale è in rosso, le aziende vanno bene ed è forse arrivato il momento di vendere i gioielli di famiglia. Per le imprese lombarde e per quelle del triangolo magico Milano-Monza-Lodi, le previsioni della Camera di commercio sono incoraggianti, in particolare per l’export. Oltre la metà delle imprese attive sui mercati internazionali è pronta ad aumentare il proprio business i, secondo un’indagine di Promos, (azienda speciale della Camera di commercio) la maggior parte (41,6%) ha già rapporti commerciali in più di dieci paesi esteri e nel corso del 2018 il 29,7% vorrebbe ulteriormente espandere il proprio business in Europa, mentre il 21,8% in medioriente e il 14,4% in Cina. Il 52% degli operatori che hanno risposto all’indagine ritiene che il 2018 sarà un anno più positivo del 2017 per il proprio business internazionale, per il 27,7% sarà costante mentre solo il 10,4% prevede un peggioramento della situazione. “Per il 2018 gli imprenditori lombardi prevedono scenari migliori per la crescita e lo sviluppo internazionale della propria azienda rispetto a quest’anno –spiega Carlo Edoardo Valli, presidente di Promos – permangono difficoltà relative agli elevati costi d’accesso al mercato, alle dinamiche burocratiche e alle dimensioni aziendali – prosegue Valli – ma questi ostacoli non rappresentano scogli insormontabili per aziende che continuano ad essere protagoniste a livello internazionale grazie alla qualità dei loro prodotti, tratto distintivo dell’eccellenza imprenditoriale lombarda”.

 

Milano vuol dire ricerca e hi-tech ed è il terreno preferito anche dalle start up, destinate a crescere anche nel 2018. Delle 1.207 start up nate nel capoluogo lombardo, ben 157, pari a circa il 13%, sono nate grazie a contributi o bandi erogati dal Comune di Milano. “Numeri che dimostrano – insiste Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il Lavoro, Attività produttive e Commercio – come il sistema che abbiamo creato a supporto delle imprese e delle start up funzioni non solo nel primo anno (quello dei contributi) ma anche successivamente con un tasso medio di sopravvivenza delle nuove realtà a 5 anni di oltre il 95%. Un risultato reso possibile soprattutto grazie alla rete degli otto incubatori d'impresa creati dal  Comune in questi anni, capaci di accompagnare i nuovi progetti dall'idea imprenditoriale all'affermazione sul mercato. Dati che dimostrano come Milano e il suo sistema economico siano vivaci, e capaci di offrire ai giovani l’opportunità di sviluppare i propri progetti: infatti quasi il 70% dei neo imprenditori è under 35". Dal 2012 al 2017 sono 996 le attività aiutate a nascere e a svilupparsi, a vario titolo, dal Comune di Milano e nel 2018 cresceranno ancora. Nello specifico: 491 nuove imprese, 157 start up innovative e 505 realtà già esistenti prima del 2012. Un sostegno che ha potuto contare su un contributo complessivo da parte dell’Amministrazione di circa 15 milioni di euro in cinque anni grazie ai bandi: Risorse in periferia, Welcome business, Tira su la cler, Tra il dire e il fare-Impresa in periferia, Imprese ristrette, Startupper che si sono succeduti in questi anni. Risorse che hanno generato circa 790 milioni di euro di fatturato per le imprese interessate e permesso la creazione di 2.413 posti di lavoro per i soggetti fondatori delle stesse imprese che sono: per il 62% maschi, il 25% donne e per il 13% società oltre a 8.200 addetti che, a vario titolo, sono impiegati e ruotano intorno a queste realtà. Nei prossimi mesi prenderanno corpo, grazie al bando Startupper 15 progetti di impresa nati nelle periferie delle città, che contando su risorse pari a 1.5 milioni. I progetti spaziano dalla ristorazione innovativa a quella rivisitata, passando dall’artigianato hi-tech sino ai servizi alla persona e all'ospitalità con la nascita di un Boutique Hostel. E’ così che a Milano, molto spesso per i giovani, la parola lavoro fa rima con impresa.

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