Il Teatro La Scala

Nonostante i dubbi della vigilia l'Andrea Chenier alla Scala può essere un successo

Mario Leone

Oggi la prima a Milano diretta da Chailly. Ha ragione Stendhal

Ogni prima di un teatro d’opera porta con sé, alla vigilia e dopo lo spettacolo, una serie di valutazioni, commenti più o meno informati, polemiche musicali e di costume. Quando poi la prima è del Teatro alla Scala l’interesse si innalza in maniera esponenziale. In verità questo Sant’Ambrogio è iniziato sulla chiusura del sipario della prima 2016. Risuonavano ancora le funeree note della morte di Butterfly, tutti rapiti e commossi dal rito suicida che strappava la protagonista a se stessa, a suo figlio e a noi pubblico fremente (perché il melodramma tante volte penetra l’intimo molto più di tanti discorsi) e già si discuteva dell’Andrea Chénier che aprirà questa nuova stagione. Melomani, critici e semplici appassionati hanno storto il naso di fronte a una simile scelta. Da mesi, ogni qualvolta in Italia si eseguiva la partitura di Umberto Giordano, l’espressione più frequente è stata: chissà cosa succederà alla prima della Scala.

 

La storia di Chénier poeta realmente vissuto, martirizzato dal Terrore a soli trentadue anni, è il filo conduttore del melodramma che potremmo definire storico per la verità dei personaggi inseriti, la ricchezza di dettagli ambientali (il librettista Luigi Illica pone una serie fitta di didascalie) e i precisi riferimenti musicali: citazioni di temi dell’epoca (la Carmagnola e la Marsigliese), le danze e i tamburi.

 

Da dove sorge questa diffidenza nei confronti di una partitura che per alcuni non dovrebbe essere nemmeno in repertorio? Sicuramente c’è una ragione di date. Nel febbraio del 1896 vi fu la prima, al Regio di Torino, de La Bohème capolavoro pucciniano che diventerà riferimento di tutto il repertorio. Nello marzo dello stesso anno Umberto Giordano presenta, alla Scala, l’Andrea Chénier. Nel 1893, c’erano stati Falstaff di Verdi e Manon Lescaut di Puccini che chiudevano il periodo romantico. Diversamente da questi lavori l’Andrea Chénier sembra andare in tutt’altra direzione rispetto anche ai “fermenti” musicali che stanno chiudendo il XIX secolo. Siamo alle porte di quel Novecento che ridiscuterà profondamente i canoni musicali ed estetici. La musica del compositore foggiano invece presenta alcune pesantezze di troppo, non una pirotecnica vena compositiva (fatta salva l’arcinota “Mamma morta”) e una poco affascinante verità storica. Eppure questa prima ci sembra una scommessa che tutto il Teatro alla Scala può vincere. Prima di tutto per la presenza di Riccardo Chailly, direttore dall’indiscusso talento e dalla lungimirante visione musicale che in questi anni ha intrapreso, con tutte le principali componenti del Teatro, un progetto culturale teso al recupero e alla valorizzazione del repertorio italiano nella sua interezza. Chailly ha creduto da sempre nel valore di Andrea Chénier incidendolo per Decca nel 1982, con Luciano Pavarotti, Montserrat Caballé e Leo Nucci. E anche l’ultima produzione alla Scala, nella Stagione 1982/83, era diretta dall’attuale Direttore musicale, con protagonisti José Carreras, Anna Tomowa-Sintow e Piero Cappuccilli. Se il Direttore rimarrà sereno di fronte a eventuali contestazioni in corso d’opera, non ci saranno problemi. Anche la regia non dovrebbe offrire strane sorprese: difficilmente la Scala, in una sua prima, ha osato con regie innovative. Non solo. Sul palcoscenico scaligero saliranno le migliori voci attualmente in circolazione: Carlo Gérard sarà Luca Salsi (talento cristallino sicuramente capace di offrire tutte le sfumature del suo personaggio), Maddalena di Coigny, Anna Netrebko. Quest’ultima è senza dubbio la diva della serata. Dalle sue corde vocali si attendono le sorprese più gradite. Soprano dal carisma magnetico, voce prorompente, capace di “riempire” le volte del Piermarini. La Netrebko dà il meglio proprio nelle sfide: come non ricordare la sua straripante interpretazione della Giovanna d’Arco (titolo che alla vigilia non convinceva nessuno “degli esperti”) nella prima del 2015? Fu un successo allora e ci sembra, senza presunzione, lo sarà anche quest’anno. Come diceva Stendhal, ci rivedremo tutti alla Scala e staremo a sentire.

Di più su questi argomenti: