Maurizio Sella e Pier Carlo Padoan all'inaugurazione di Fintech District nel quartiere di Porta Nuova, il nuovo distretto italiano della finanza online (foto LaPresse)

Fintech District ed Ema, due passeggiate di salute

Redazione

Prende vita una parte del progetto di Milano come hub finanziario europeo, “nel momento in cui il paese volta pagina”, come ha detto Padoan all'inaugurazione

Due passeggiate parallele hanno tenuto banco a Milano questa settimana – mentre alla Sorbona Emmanuel Macron dettava visioni e tempi di un’Europa ottimista – e mentre la politica politicata, in città, sonnecchia tranquilla, sostanzialmente al riparo dalle beghe di partito e tra partiti. Perché c’è una dimensione completamente diversa, che è l’Europa, su cui orientarsi e se c’è una cosa che Milano può segnalare al resto del paese è questa consapevolezza. Martedì c’erano il ministro dell’Economia Giancarlo Padoan e il vicedirettore generale della Banca d’Italia Fabio Panetta a inaugurare il primo Fintech District italiano, nella zona di Porta Nuova che somiglia, e ambisce ad essere sempre più la City milanese, promosso da Banca Sella e che si propone come attrazione per le imprese giovani di finanza tecnologica, con decine di start up coinvolte: un settore che attrae finanziamenti per 40 miliardi di dollari annui. E’ una parte del progetto di Milano come hub finanziario europeo, “nel momento in cui il paese volta pagina”, ha detto il ministro dell’Economia.

 

Ad ascoltare, il gotha dei banchieri, tra gli altri il direttore generale di Unicredit Gianni Franco Papa. Tutti attenti, perché le banche anche tradizionali sono chiamate “a effettuare ingenti investimenti in tecnologia per sopravvivere”. Come ha spiegato Panetta, che però si è mostrato ottimista sulle prospettive. Resta il problema di sempre, come dalla piazza milanese concordamente sempre si ricorda: come fare a rendere attrattiva, come hub finanziario, Milano rispetto a Londra o a Berlino, non avendo molto da offrire come condizioni di ingresso per i nuovi operatori internazionali, e con una situazione di greppie regolatorie ancora da sbloccare. L’altra salutare passeggiata, e di ottimismo, l’hanno fatta, qualche giorno prima a Bruxelles il sindaco di Milano Beppe Sala, il presidente della Regione Roberto Maroni assieme alla ministra della Sanità Beatrice Lorenzin e al sottosegretario per le Politiche comunitarie Sandro Gozi, guidati dall’ex ministro per le Politiche comunitarie Enzo Moavero Milanesi, commissario del governo per la gestione della candidatura di Milano come sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco in trasloco dalla Londra post Brexit. La pattuglia italiana ha presentato agli eurodeputati, alle imprese del settore e ai media un rapporto e un video che illustra la validità, l’attrattività e la solidità della candidatura milanese come futura sede.

 

“Tutte le strade portano a Milano”, è lo slogan della campagna per l’Ema. Sala ha ribadito che la città “è estremamente pronta a prendere questa sfida”, Maroni ha insistito sulla necessità di un “grande gioco di squadra”. Da parte della Regione, c’è sul piatto da mesi l’offerta del Pirellone come sede per l’Agenzia, con una dote di 59 milioni per la ristrutturazione). Non è banale campanilismo dire che anche su Ema il modello Milano, in questo caso esteso al governo centrale, sta facendo la sua parte. Poi, per non peccare di eccessivo ottimismo, sappiamo che il risultato della partita non lo determinera, soltanto, l’attrattività o dinamicità della metropoli. A Bruxelles si giocherà una partita tra nazioni, in cui i pesi e gli interessi di Germania e Francia, soprattutto, saranno decisivi. Ma qui si torna alla Sorbona: l’Italia ha il fiato lungo per un match così?

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