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Birra di Londra, stranieri e camminate nel verde. La città di Tim Parks

Andrea Affaticati

“E’ una città che mi interessa soprattutto nel suo rapporto con il resto del paese. L’Italia ha bisogno di Milano, è come se, con questa città il paese si fosse dato un correttivo”, dice lo scrittore

L’appuntamento è alle 19 in un pub in zona ticinese. “La birra è l’ultima nostalgia che ho di Londra” racconta Tim Parks, scrittore saggista, molto tradotto anche in italiano, e traduttore di Moravia, Calvino, Tabucchi e Calasso. Originario di Manchester, dal 1981 vive in Italia, prima a Verona e da cinque anni a Milano. “Qui servono una London Pride che arriva direttamente da Londra. E’ la birra più comune e ha questa peculiarità di durare giusto quattro cinque giorni nella botte, perché fermenta molto”. E a Milano si trova solo a La Belle Alliance? “Di birre buone a Milano se ne bevono molte, questo posto ha però il vantaggio di non fare l’orribile happy hour”. E poi si trova a dieci minuti da casa, che vuol dire, sempre dritto per corso San Gottardo, fino a superare la seconda cerchia della circonvallazione. “Lì sembra di entrare in altro mondo. Ad altissima densità di immigrati. All’inizio può suscitare qualche perplessità e invece ci si vive bene”. Il quartiere è popolato soprattutto da arabi, cinesi qualche indiano e da italiani della vecchia classe operaia. Convivenza pacifica anche se i diversi gruppi non si mischiano. Salvo i bambini, a stessa scuola. Un mondo che riserva gradevoli sorprese.

 

“Vivendo in questo quartiere ho conosciuto lati degli arabi che non immaginavo. Per capire cosa intendo bisogna venire qui il mercoledì, giorno di mercato. Un’esperienza da vivere, non solo per i giovani arabi che urlano a squarcia gola, ma perché è incredibilmente allegro. E’ stata una vera scoperta”. E poi ci sono i cinesi. Altro mondo a sé. Poco dopo il suo arrivo a Milano ha visto vendere, nel giro di pochissimo tempo, metà dei bar della zona ai cinesi. Nel frattempo è sopravvissuta giusto una pasticceria ancora italiana. “Mi ricordo è che i primi cappuccini fatti da loro erano veramente imbevibili. Oggi, invece, sono dei veri maestri. E un giorno gliel’ho anche detto, scoprendo così che i più vengono mandati a scuola di cappuccino. Che a Milano ci fosse una scuola apposta, non lo sapevo proprio”.

 

Dopo anni di pendolarismo, due volte alla settimana per tenere lezione allo Iulm (dove è coordinatore di una magistrale di traduzione letteraria), ora va in università a piedi. Tutti quegli anni avanti e indietro con il treno gli hanno dato lo spunto per il suo libro “Coincidenze - Sui binari italiani tra Milano e Palermo” uscito nel 2014.

 

Camminare alla scoperta della città è una delle sue passioni. Prendere un mezzo, farsi portare all’altro capolinea e poi tornare a piedi. Come la domenica di Pasqua, quando con la compagna sono tornati da Pagano, cercando di incrociare, strada facendo, più aree verdi possibili. Un’impresa bizzarra. Non si dice sempre che a Milano manca il verde? “Si certo, se ce ne fosse di più sarebbe meglio, però anche quello che c’è non è male: il Parco Nord, il Parco Lambro, e se vado a correre, in dieci minuti da casa sono tra le cascine”.

 

E poi c’è l’altra Milano, la metropoli, quella che lavora, che è in continuo movimento. “E’ una città che mi interessa soprattutto nel suo rapporto con il resto del paese. L’Italia ha bisogno di Milano, è come se, con questa città il paese si fosse dato un correttivo”. Una città con una certa facilità nell’organizzazione del lavoro e soprattutto nel rompere gli schemi. “Tempo addietro intervistando per un articolo su Milano il costruttore/ristrutturatore dello stabile in cui abito, un’ex fabbrica dalla quale sono stati ricavati un centinaio e più di appartamenti, gli ho chiesto se il fatto di essere napoletano gli abbia mai creato problemi a Milano, cioè sia stato d’intralcio agli affari. No, mi ha risposto, qui più che altrove si è interessati a fare affari. Milano non ha la puzza sotto il naso”.

 

Anche alla luce di questo tratto, a Parks fa sorridere anche la protesta di Salvini in occasione del primo derby disputatosi un paio di giorni dopo il passaggio di proprietà ai cinesi dei rossoneri. Il leader leghista aveva protestato per l’anticipo della partita, affinché potesse essere seguita anche in Cina. “Quando in Inghilterra arrivano investitori stranieri, la reazione è ben vengano, portano soldi. In Italia, invece, c’è sempre una sorta di diffidenza. Ma non è un controsenso lamentarsi che gli stranieri investono poco, e guardarli poi con sospetto?”.

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