Massimo D'Alema (foto LaPresse)

Il (con)senso di Max per il Pd e altri guai

Cristina Giudici

Il malcontento dei renziani a Milano dopo la direzione Pd e l'interesse di parte del Partito democratico all’evoluzione di “Consenso”, il progetto di Massimo D'Alema

Il lavoro certosino del Partito democratico metropolitano per arrivare alla conferenza programmatica in primavera procede senza sosta. Anche perché la tornata amministrativa si avvicina e la priorità di riconquistare la guida dei comuni governati dal Pd è considerata una sfida dirimente. Eppure il modello Milano, davanti allo psicodramma nazionale che di fatto avrebbe già sancito la scissione, comincia a subire alcune ripercussioni. Gli animi sono inquieti. Alcuni renziani critici guardano con perplessità a ciò che è accaduto in direzione nazionale e faticano a contenere un sentimento di sgomento. “Renzi doveva prendere in considerazione la tesi del Guardasigilli, Andrea Orlando, che ha sostenuto la necessità di una conferenza programmatica da tenere prima del congresso. Forse ci avrebbe aiutato a ricucire lo strappo con la minoranza e creare una piattaforma politica da usare per una riflessione nei territori”, osserva un giovane dirigente renziano. “E invece hanno vinto i fondamentalisti. La sinistra del partito più intransigente, per abbatterlo, ha spinto l’ex premier a scegliere uno schema che io spero non sia quello della resa dei conti. Al congresso invece deve vincere il primato della politica”. Altri renziani interpellati dal Foglio invece osservano che sarebbe irresponsabile andare alle amministrative con un partito diviso perché metterebbe a rischio la tenuta del Pd nei comuni più strategici. Insomma il caos romano sta innescando a Milano una serie di piccole fratture.

 

Basta osservare l’iperattivismo del parlamentare Francesco Laforgia, cuperliano sempre più spostato a sinistra che anima l’associazione “Può nascere un fiore. Di nuovo, la sinistra”. Nel dicembre scorso, insieme al parlamentare pugliese Francesco Boccia, portò Michele Emiliano al Franco Parenti per presentarlo al popolo della sinistra antirenziana. Le parole d’ordine della sua associazione? Lasciare governare Paolo Gentiloni; chiedere a Matteo Renzi di occuparsi delle amministrative; fare una buona legge elettorale e niente congresso lampo. Su Facebook, il playmaker cuperliano in città ha riassunto così il suo pensiero dopo la direzione nazionale: “Una bolla e, dentro quella, un senso di inadeguatezza di un intero gruppo dirigente. Incapacità di connettere le cose del mondo al senso di un progetto di cambiamento”. Conclusione della sua riflessione: “E’ fuori dal mondo, insisto, chiedere che un congresso non sia una conta giocata a colpi di dichiarazioni e hashtag, ma abbia il respiro di una discussione civile profonda e partecipata?”.


Francesco Laforgia


Francesco Laforgia viaggia in parallelo con il progetto di Massimo D’Alema, “Consenso”, che sbarcherà a Milano fra un paio di settimane, pare. Il leader Massimo in città avrebbe già fatto qualche capatina in incognito, ci racconta qualcuno. Secondo i più informati il suo referente a Milano potrebbe essere Antonio Panzeri, ex segretario della Camera del Lavoro di Milano ed europarlamentare. Anche se ci sono altre figure del Pd milanese che guardano con interesse all’evoluzione di “Consenso”. Come il consigliere regionale Onorio Rosati, anche lui ex Cgil, e Carlo Porcari, ex capogruppo in regione che potrebbe fare il coordinatore regionale del movimento di D’Alema. I renziani vanno avanti per la loro strada, preoccupati dagli scenari che si potrebbero creare in Lombardia, eppure convinti che, davanti alla scissione, a Milano si conterebbero sulle dita di una mano i nomi dei dirigenti che lascerebbero il Pd. “Certo, con le elezioni amministrative e regionali alle porte, il panorama nazionale incide anche su ciò che accade a Milano e in Lombardia”, ragiona Pietro Bussolati, segretario della federazione metropolitana.

“Siamo preoccupati, non lo nego, ma noi continuiamo a lavorare per l’unità. E poi non capisco la contrarietà al congresso. Non sarà lampo e servirà al confronto per trovare una sintesi”, spiega al Foglio. Molto dipenderà anche dall’efficacia, o dall’effetto dirompente, dell’iniziativa politica dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Due giorni fa, presente la presidente della Camera Laura Boldrini, in una sala giovanil-trendy stracolma dei suoi numerosissimi sostenitori, ha spiegato le linee guida del progetto Campo progressista. Diversi renziani sperano che lui possa essere quel ponte necessario per salvare l’identità progressista del Pd. Altrimenti si può sempre contare, anche a Milano, sul settarismo della sinistra che, una volta fuoriuscita dal Pd, sarà ancora una volta molto abile a dividersi e a naufragare nelle beghe interne.