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Da Delpini alla Caritas, la chiesa critica il “modello Milano”: "La gente è stanca"
Dopo il duro discorso dell'arcivescovo a Sant’Ambrogio, anche l’istituzione diocesana che compie 50 anni dice che la polarizzazione tra i ricchi e chi fatica a campare si è fatta pesante. Parla il direttore Luciano Gualzetti
Il modello Milano, ormai molto contestato, sembra andare stretto anche alla chiesa ambrosiana, che occupa da sempre uno spazio importante nella società milanese. L’arcivescovo Mario Delpini, a Sant’Ambrogio, ha fatto un ritratto d’insieme con più ombre che luci. “La gente – ha scandito – è stanca di un lavoro che non basta per vivere, di un lavoro che impone orari e spostamenti esasperanti. La gente è stanca degli incidenti sul lavoro. La gente è stanca di constatare che i giovani non trovano lavoro e le pretese del lavoro sono frustranti”. Molti segnali, dalla progettualità sui temi abitativi all’attenzione al lavoro, segnalano un mondo cattolico in fermento, e per una volta sostanzialmente compatto almeno nei giudizi, come non avveniva da decenni. C’è aria di nuovo impegno politico, forse. Ma, nell’attesa, c’è soprattutto una struttura che garantisce un presidio insostituibile contro la povertà e l’abbandono: la Caritas Ambrosiana. Nata il 18 dicembre 1974, la sua struttura si è ramificata in modo capillare nelle sette Zone pastorali della diocesi, arrivando a coordinare l’operato di 873 Caritas parrocchiali, 400 centri d’ascolto, 896 centri di servizio (sportelli, laboratori, comunità e altri luoghi di accoglienza e assistenza), 76 distretti del Fondo Diamo Lavoro. Sono state individuate 18 aree di bisogno (dalle disabilità ai migranti, dai minori agli anziani, dalla malattia psichica al carcere, dalle povertà alimentari a quelle energetiche); l’Area internazionale può gestire interventi di emergenza e progetti di sviluppo (nel 2023 in 32 paesi del mondo). Ci sono i servizi diocesani rivolti alle persone senza dimora e ai gravi emarginati urbani (Sam), alle famiglie in povertà (Siloe), agli immigrati (Sai), alle donne vittime di violenza, le Case della carità, ovvero centri pluriservizio per persone in situazione di grave marginalità: Empori e botteghe della solidarietà. Ci sono le Fondazioni San Carlo per casa e lavoro e San Bernardino per la riduzione del sovraindebitamento e la prevenzione dell’usura). Il sistema Caritas raggiunge quasi 380 mila persone in situazione di bisogno.
Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana – che si appresta a celebrare i suoi primi 50 anni di attività con una mesa in Duomo presieduta da Delpini e un concerto, domenica prossima – ha risposto alle domande del Foglio, a partire da uno sguardo s’insieme sul cambiamento sociale degli ultimi dieci anni. “Certamente abbiamo assistito alla polarizzazione tra coloro che sono ricchi – ed è indiscutibile che Milano rimanga una città con grandi opportunità, in grado di attrarre tante aziende che portano risorse, con le settimane del design e della moda – e chi fatica a campare. La difficoltà è quella di trovare dei meccanismi per redistribuire questa ricchezza. Anche perché a questa ricchezza contribuiscono ad esempio quei lavoratori che la sera si occupano delle pulizie degli uffici, noi abbiamo riscontrato che dalla pandemia si è interrotto un percorso che era già precario. Così è emerso un mondo del lavoro che non ha contratti regolari, a volte in nero e che contribuisce a tenere in piedi un sistema che ha bisogno di flessibilità ma si appoggia su persone che sono costrette a vivere in ristrettezze. Magari sono le stesse aziende che hanno un sistema di welfare esemplare per i dipendenti a dare in appalto i servizi che rischiano di finire nelle mani del lavoro nero”.
Nel vostro annuale Rapporto si registra una crescita delle richieste di aiuto (59.354, +24 per cento rispetto all’anno prima). I beneficiari dell’ascolto e dell’aiuto garantiti da Caritas sono aumentati. Ancora più si è accresciuto il numero delle richieste rivolte a operatori sociali e volontari. L’area della povertà assoluta (come attestato dai dati Istat) si va consolidando anche nei territori ambrosiani? Secondo l’osservazione di Caritas l’area di povertà si va intensificando e facendo più multidimensionale e complessa, e si va distribuendo tra servizi di aiuto (pubblici e privati) sempre più numerosi e specializzati. Coloro che si sono rivolti alla rete Caritas sono stati soprattutto donne (quasi 6 su 10, ma gli uomini erano il 38 per cento nel 2022 e sono diventati il 40,4), immigrati (63,9 per cento contro il 60,9 del 2022: ci si riavvicina al rapporto con gli italiani che era “classico” negli anni prepandemici, 7 su 3). Ci sono poi i disoccupati (categoria che non è però più maggioritaria in termini assoluti, essendo in costante flessione) mentre si consolida la significativa presenza degli occupati che si rivolgono a Caritas: ormai il 23,9 per cento del totale). A Milano la povertà ha dunque molte facce.
“Noi – prosegue Gualzetti – incontriamo persone che vivono a Milano o nell’hinterland che pur lavorando – e questo è il paradosso emerso in questi anni – non riescono a pagare le bollette e a curarsi. Dentro questo processo i numeri dei poveri sono alti ma aumenta l’impoverimento del ceto medio e di chi lavora. Cresce l’indebitamento, col rischio di cadere nell’usura. Ci sono poi forme di dipendenza impressionanti, come il gioco d’azzardo”. A Milano poi non c’è solo la povertà economica. “C’è la solitudine, l’assenza di opportunità, il lavoro povero. E’ paradossale: anche quelli che lavorano rischiano di finire in povertà. Giusto produrre ricchezza ma occorre condividerla con chi fa più fatica. C’è un altro dato che colpisce: fino a qualche anno fa le persone che si rivolgevano alla Caritas, dopo un po’, riuscivano a provvedere a se stesse. Ora il 50 per cento diventano cronici, non riescono a fare a meno del nostro aiuto. Le istituzioni non possono continuare a vedere la povertà solo come un costo, occorre che lo Stato e le imprese investano per aiutare le persone”. Le parole dell’arcivescovo Delpini sono state chiare e sferzanti, come interpreta la “stanchezza” dei milanesi di cui ha parlato? “L’arcivescovo nel discorso alla città ha parlato di una stanchezza che riguarda le persone, la terra col tema ambientale, la stanchezza della città. C’è comunque tanto impegno ma non cambia niente: la povertà aumenta, le difficoltà crescono, c’è un senso d’impotenza. Ma ha cercato di dire ‘cogliamo l’occasione del Giubileo’ per restituire dignità e generare una vita diversa. C’è sempre una speranza. A noi come Caritas, sul tema della casa, ha chiesto di pensare a promuovere iniziative significative. Colgo la logica, certo c’è questo senso d’impotenza ma occorre reagire. Ma ciascuno si deve assumere le proprie responsabilità, a partire dalle istituzioni, dalle banche, dal terzo settore. Occorre fare di più”, conclude il direttore della Caritas ambrosiana.