via Getty Images

Granmilano

Il lavoro che respinge. Le soluzioni nascono dal welfare aziendale e dalla formazione

Daniele Bonecchi

La qualità della vita dei dipendenti è tornata al centro dell'interesse delle imprese. "C’è una fascia di persone con skill più alte che può avere salari dignitosi e scegliere con una flessibilità attiva", ci dice Marco Bentivogli

Milano matrigna coi giovani in cerca di lavoro – paghe basse e costo della vita alle stelle, è uno dei dibattiti di queste settimane – sa essere però generosa. Anzi, per dire meglio: non si tratta di generosità, ma di intelligenza messa sul futuro di imprese e lavoro: stiamo parlando di una crescente attenzione ai sistemi di welfare aziendale, che negli anni sta diventando più “pesante”. Sbloccare le retribuzioni è un problem colossale, non tutto a carico delle imprese, ma trovare incentivi di altro tipo si può fare. “Come Assolombarda abbiamo dedicato un’iniziativa specifica (gli Awards 2023) per celebrare la capacità delle imprese del nostro territorio di innovare e per sensibilizzare sempre più aziende a investire in asset che sono strategici, e tra questi strumenti c’è sicuramente il welfare – spiega il presidente Alessandro Spada – una leva per rafforzare il benessere delle persone e al contempo registrare ritorni positivi sulla produttività. La nostra idea è che qualsiasi impresa, anche una piccola start-up, possa favorire la qualità dei propri servizi migliorando la qualità della vita dei dipendenti”. Per fare un esempio, la Way2Global – un’agenzia di traduzioni di piccole dimensioni ma dai grandi obiettivi – con un accordo integrativo ha avviato lo Slow Working e il South Working (per reclutare e formare personale in remoto e valorizzare con ciò talenti e territori svantaggiati. Sono poi state avviate formule di sostegno al reddito co-progettate con le persone (bonus bollette, bonus spesa, bonus psicologo). “Questa come altre aziende non ha rinunciato a percorsi di riqualificazione digitale concepiti per accrescere le competenze Stem”, conclude Spada.

 

Dipendenti soddisfatti è il pilastro della strategia di Parker Hannifin”, ci dice Liliana Cozzi, responsabile dell’azienda, una multinazionale che nel milanese ha due stabilimenti a Cinisello Balsamo e Gessate. Società di origini americane, con più di 100 anni di storia,in Italia dal 1965 è leader globale nelle tecnologie di Motion & Control, 336 sedi di produzione in 50 paesi. In Italia lavorano 1.200 dipendenti. “Il piano di welfare – spiega Cozzi al Foglio – spazia dalla cura della persona alle coperture assicurative, passando anche attraverso riconoscimenti professionali e alla flessibilità di orario per tutti. Parker Hannifin offre ai dipendenti l’accesso a una piattaforma welfare in cui i lavoratori possono costruire il proprio piano personalizzato a seconda delle proprie necessità. La piattaforma offre diverse opportunità, tra cui la possibilità di organizzare il proprio tempo libero convertendo la propria quota di premio di risultato in viaggi o iscrizioni a palestre – le opzioni favorite – corsi di lingua, spese per asili e libri scolastici o ottenere buoni spesa-carburante. Un altro tema attorno cui ruota la politica di welfare in Parker è la flessibilità, che si declina su due principali fronti: i permessi retribuiti, e l’orario flessibile offerto al personale impiegatizio. E la flessibilità del lavoro è ormai, specie per i giovani, considerata centrale quai quanto la retribuzione.

Il problema della formazione

Ma a monte, nelle difficoltà di percorsi lavorativi in un’area metropolitana ad alta intensità, c’è il problema della formazione e della “scelta” del lavoro. “Il mercato del lavoro milanese è a bassa disoccupazione ma contemporaneamente è a fortissima polarizzazione, grazie anche ai suoi poli universitari – spiega al Foglio Marco Bentivogli, sindacalista e fondatore di Base Italia – c’è una fascia di persone con skill più alte che ha fortissime possibilità, non solo di trovare in fretta occupazione, ma di avere salari dignitosi e di scegliere con una flessibilità attiva. Però c’è anche una quota rilevante che fa parte del lavoro povero: lavorano molto e guadagnano pochissimo. È troppo facilmente entrano nella fascia di povertà, visti i costi di Milano”. “Sulla motivazione delle persone – continua Bentivogli – scontiamo due grandissimi problemi. Il primo: non c’è orientamento al lavoro durante il percorso scolastico. In Italia si investe poco sulla formazione, siamo il fanalino di coda in Europa, anche se a Milano c’è una buona esperienza all’Afol. Ci sono interventi strutturali da fare perché il mercato del lavoro deve unire l’impegno delle istituzioni e del pubblico-privato insieme. Il secondo punto non riguarda redditi alti e redditi bassi, è che c’è stata una narrazione del lavoro che ha penalizzato quello manuale. Per anni si è presentato chi fa un lavoro anche parzialmente manuale come una persona sfortunata”. E poi c’è il nodo delle famiglie: “I genitori devono condividere l’alternanza scuola lavoro, tanto attaccata ma che è una delle poche cose che servono ad aiutare i ragazzi”, conclude Bentivogli.