(foto Ansa)

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Piccola guida urgente (e piena di guai) per nuovi assessori

Fabio Massa

Il Cencelli è quasi consumato, senza sorprese. Poi ci sarà da pensare ai treni che non vanno e agli ospedali in tilt

Servirebbe una moratoria al manuale Cencelli, altrimenti rischia di risultare indigesta anche quella che è, è stata e che sempre sarà la normale e pura pratica della spartizione di posti: sì, stiamo parlando della Giunta regionale lombarda che arriva a ore, al fotofinish, e che vedrà Fratelli d’Italia sul podio e arrembante, ma non predominante e strafottente. Sulle poltrone ci sono le persone, ma la domanda è sempre la stessa: che cosa dovranno fare? Ecco una mini-guida per neo assessori. Problemi, grane e quesiti difficili.

 

BINARIO MORTO - Possiamo citare in eterno Andreotti: i matti che si dividono tra chi si crede Napoleone e chi vuol far andare i treni in orario. Ma rimane il punto che il povero pendolare di Trenord – vivaddio –  ha pure qualche diritto. La questione, per uscire dalla solita polemica ed entrare in una dimensione politica è sempre la stessa: una azienda che è partecipata al 50 per cento da Regione Lombardia tramite Fnm e per l’altro 50 per cento dallo Stato tramite Rfi non può andare: puoi anche mettere i treni nuovi (Regione), ma se il binario resta vecchio (Stato) non si parte. Quindi torniamo una volta di più a chiedere al governo lombardo se ha voglia di interpellare il ministro Salvini (competente sulla materia) perché ceda quell’1 per cento di Rfi che metterebbe Fnm in posizione di decidere. E magari metta dei vincoli normativi sugli investimenti da fare.

 

CASE IMPOPOLARI - Un po’ di cose semplici semplici, ma che non vengono fatte mai. Anche qui, serve la collaborazione del ministro competente (che è ancora Matteo Salvini), ma un percorso chiaro ci sarebbe. Primo: risolvere una volta per tutte l’annosa questione dell’Imu pagata dalle Aler. Secondo alcuni pronunciamenti di tribunali la tassa va pagata, secondo altri no. Visto che è un tributo che vale svariati milioni di passivo solo per Aler Milano, figuriamoci per tutta la Lombardia, è anche ora che lo Stato metta la parola fine. Anche perché si arriva all’assurdo che le case popolari del Comune non pagano l’Imu e quelle della Regione sì. Secondo: scorporare Aler Milano da Aler Milano Metropolitana. Gli inquilini delle case della città hanno bisogni, livelli socioeconomici e necessità diverse da quelli della provincia. Suddividere le due aziende, che peraltro sarebbero entrambe di dimensioni immense rispetto alle altre Aler d’Italia per numero d’alloggi, è solo una proposta di buon senso. Terzo: riconoscere alle politiche sull’abitare un fondo specifico del ministero delle Infrastrutture e Trasporti (sotto il quale storicamente ci sono le case, chissà perché), perché la casa popolare è a tutti gli effetti una forma di welfare e come tale va intesa. Quarto: assegnare a un unico ente tutte le competenze sugli sgomberi. Oggi per sgomberare un abusivo da una casa regionale ci vuole la polizia locale del Comune, che a sua volta deve verificare che i servizi sociali del Comune si possano prendere in carico eventuali minori… Un incubo. Risultato: gli sgomberi sono sempre troppo lenti e troppo pochi.

 

WEL-FAIR (sì, scritto così) - La questione della Sanità va affrontata alla radice. Perché la sanità non può essere solo migliore, ma anche “fair”, quindi giusta. Eliminare le liste d’attesa partendo dagli interventi e dalle visite più urgenti, obbligando i privati a fare il loro ma senza demonizzarli è parte del “piano Bertolaso”. Ma per applicarlo serve qualcosa di più. Prima di tutto un ripensamento globale della struttura regionale: ad oggi è in toto quella lasciata da Letizia Moratti. Ma il futuro, soprattutto perché quello a Bertolaso non è un incarico “a tempo limitato”, deve avere il sapore della ristrutturazione profonda. Da queste scelte “umane” si capirà quanto Bertolaso riuscirà a essere politico, oltre che ottimo tecnico. Altra questione sono le Case di comunità. Chissà che Bertolaso non riesca a convincere Schillaci a fare quel che Speranza non ebbe mai il coraggio di fare: far diventare i medici di base dipendenti regionali, e come tali fornirli di mansioni consone al loro ruolo (che non è far ricette, e mettere dai nei computer, per quello basterebbero le segretarie, ci fossero), con orari imposti (non le 15 ore minime a settimana) e strutture nuove (le Case di comunità?). Riforma difficile. Ma è  meglio puntare alto e non riuscire che puntare basso e riuscirci benissimo.

 

AUTONOMA-MENTE - L’Autonomia è una grande battaglia. Che Attilio Fontana ci creda da sempre e che si batta per essa è cosa certa. Il problema è che ogni volta, nella palude romana, tende ad affondare nelle sabbie del centralismo. Occorre stare addosso alla Lega di governo nazionale, che a sua volta dovrebbe stare appresso ai Fratelli. Che su questa cosa tutti pensano che prima o poi diventeranno Coltelli.

 

LA SINISTRA - Mica si potrà pensare che le sfide appartengano solo alla destra in Giunta, vero? C’è pure l’opposizione in Consiglio, che generalmente ha uno schema di gioco ben definito: parte a razzo e finisce col deprimersi nel giro di un annetto. Quindi, tra le grandi sfide della sinistra ci potrebbe essere quella di chiarirsi le idee sulla funzione della sanità privata (dopo 33 anni di sconfitte urlando sanità pubblica), sull’importanza dell’autonomia per i lombardi e magari anche sulla differenza sostanziale che c’è nelle idee che hanno successo nelle grandi città e sui bisogni dei piccoli centri.

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