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Dai candidati alla Regione Lombardia troppe parole e contrasti sulla Sanità

Fabio Massa

La gestione della sanità da punto di eccellenza riconosciuto dalle numeriche e da ogni classifica internazionale è scaduto nell’opinione dei cittadini per la non soddisfacente gestione della pandemia. Ecco a cosa puntano i diversi schiramenti

Si veleggia piano verso le elezioni del 12 e il 13 febbraio. Secondo i sondaggi gli italiani hanno rimesso in cima alle loro preoccupazioni l’economia e la salute, Covid permettendo, è tornata seconda. Ma resta in cima allo scontro politico: perché è il tema su cui più si differenziano le idee, e perché la gestione della Sanità è la fetta più grande, strategica e appetitosa del bilancio regionale. Come ha scritto Cristina Giudici la scorsa settimana, le liste sono state prese d’assalto da torme di medici di base, specialisti, medici ospedalieri e infermieri. Tutti a alla caccia del ruolo di “riformatore” della Sanità lombarda. Che – nella vulgata – da punto di eccellenza riconosciuto dalle numeriche e da ogni classifica internazionale è scaduto nell’opinione dei cittadini per la non soddisfacente gestione della pandemia. E in queste circostanze si è imparato che la politica ha le sue responsabilità.

 

La realtà è ovviamente più complessa: le punte d’eccellenza, il sistema degli IRCCS regionali, pubblici e privati, ha retto anche se sconta grossi problemi, dal personale alle liste di erogazione di prelazione; tuttora in affanno è la medicina territoriale, nonostante l’avvio della riforma Moratti. Su tutto, una mancanza di medici e infermieri che si protrarrà, in ogni caso, anni. In tutto questo, la politica ha poche idee e contrapposte sui nodi centrali: pubblico e/o privato le liste d’attesa.Ognuno dei quattro candidati (l’uscente Attilio Fontana, gli sfidanti Pierfrancesco Majorino, Letizia Moratti e Mara Ghidorzi) ha presentato la sua ricetta per la Sanità del futuro.  

 

MODELLI CONTRARI - Dunque, la parola d’ordine è riformare. Per alcuni rivoluzionare. Come per Mara Ghidorzi di Unione popolare: “Abolizione di tutte le controriforme che hanno privatizzato la Sanità rendendo la salute una merce finalizzata al profitto delle grandi aziende ospedaliere. Reinvestire su una seria politica sanitaria pubblica, basata sulla prevenzione che è molto meno costosa ma più efficace sul lungo periodo”. Ma smantellare la sanità privata, senza far tracollare il sistema, è un problema complicato. Anche il candidato Pd Majorino è per un forte ridimensionamento del ruolo dei privati, per superare l’attuale “squilibrio”.  Se per Fontana la base del sistema reta solida, ma da rimettere a regime, per Moratti e il Terzo polo la Regione dovrebbe regolare meglio il rapporto coi privati in base alle prestazioni, modificando la logica dei budget.

 

MEDICINA DI BASE - La candidata del Terzo Polo è stata vicepresidente con la delega al Welfare, quindi rivendica di voler portare a termine il “rafforzamento della sanità territoriale con la realizzazione di 216 Case della comunità, 71 Ospedali della comunità e 104 Centrali operative territoriali”. Altro argomento: i medici di base, che durante la pandemia hanno mostrato nsufficienza di operatività, e che ancora oggi rimangono un punto oscuro mai chiarito dal governo (dopo Draghi tocca dire Meloni batti un colpo). I medici di medicina generale sono infatti liberi professionisti incaricati dallo Stato centrale, e in Lombardia, come altrov, il servizio non funziona più per una lunga serie di problemi. Per Moratti bisognerebbe dotarli “della strumentazione adeguata per l’erogazione nei propri studi delle prestazioni di primo livello e delle tecnologie informatiche funzionali alla telemedicina, al teleconsulto e al telemonitoraggio”. Per Majorino il nemico del sistema è invece la burocrazia: “Pensiamo sia necessario valorizzare il ruolo del medico di Medicina generale, degli infermieri, delle tante professioni del mondo sanitario e sociosanitario. Inoltre sostegno e incentivi alla medicina di gruppo tramite un incentivo economico per assunzione di personale amministrativo per l’assolvimento dei carichi burocratici. Il medico dovrà essere ‘sburocratizzato’ ed aiutato a curare le persone”. E Fontana? Punta sul “supporto all’assunzione di personale dedicato ai medici di medicina generale (amministrativi e infermieri) finalizzato ad agevolare la semplificazione, la medicina di gruppo, il raccordo con le Case di Comunità e l’ampliamento di orari e servizi dedicati”, garantendo le cure sempre, 7 giorni su 7, 24 ore su 24. E anche il personale, che invece non c’è. Fontana punta anche sulle farmacie “quali nodi strategici per gli aspetti di presa in carico dei pazienti con programmi di verifica dell’aderenza alle terapie e l’utilizzo della telemedicina”.  

 

LISTE D’ATTESA - Il vero elefante nella stanza. Fontana viene spesso bersagliato da Pierfrancesco Majorino che lo accusa di non aver risolto il problema; e ieri il governatore ha girato l’accusa a Moratti, che non avrebbe fatto granché nei (pochi) mesi in cui ha sostituito Gallera. Fontana ha un suo piano con quattro direttrici: “Offerta completa delle prestazioni su tutti i canali di prenotazione. Finanziamenti mirati su prestazioni e territorio più in difficoltà. Proseguimento delle iniziative per migliorare l’offerta basata sul bisogno. Revisione del sistema tariffario e la contrattazione con i privati”. Per Moratti la riduzione delle liste d’attesa si fa “attraverso un sistema premiale e di decurtazione legato al rispetto dei tempi in campo chirurgico, diagnostico e ambulatoriale”. Insomma: se le strutture non erogano nei tempi vengono punite, se invece lo fanno vengono premiate. Majorino invece propone “un piano straordinario di riduzione delle liste di attesa del 50 per cento  per tutte le prestazioni sanitarie, non solo per quelle di urgenza ma anche per quelle programmabili e differibili”. Come? “Arruoleremo  nuovi specialisti, svilupperemo l’agenda unica pubblico/privato convenzionato per le prenotazioni e la pluralità di canali di prenotazione per facilitare l’accesso ai cittadini”, spiega nel suo programma. 

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