GranMilano

Sulle violenze di Capodanno si ha paura a prunciare la parola Islam

Maurizio Crippa

Il Pd milanese scarica la responsabilità delle molestie ad un branco "fuori città" e "figlio di una cultura patriarcale" badando bene a non toccare la questione religiosa

Beppe Sala si è scusato “con le ragazze a nome mio e della città di Milano” e ha annunciato che “il Comune si costituirà parte civile nel processo agli aggressori e spero in pene severe”. Lo ha fatto soltanto dopo i primi due arresti per i fatti di Capodanno, utilizzando – per così dire – tutto il tempo prudenziale che aveva a disposizione prima di intervenire pubblicamente. Legittimo. Ha detto che chiederà di poter assumere  500 nuovi vigili, futuro un po’ utopico, ma è una scelta giusta.

 

Meno coraggioso, invece, è schermirsi dietro a frasi come questa: “Gran parte del branco arriva da fuori Milano, però queste cose non possono accadere”. Dovrebbe sapere che “fuori Milano” è anche il territorio della Città metropolitana di cui è pur sempre sindaco, e dovrebbe sapere che non bastano i vigili e gli investimenti edilizi per integrare – o almeno controllare – una popolazione (maschile) giovanile che le regole civili non sa accettare: quasi sempre perché proviene, prima o seconda generazione che sia, da altri contesti socio-culturali. Negarlo, e non intervenire con prevenzione e educazione specifica, come ancora si insiste a fare, è dannoso. La segretaria metropolitana del Pd Silvia Roggiani ha tutto il diritto di esporre le sue idee in materia, senza che violenti e incivili la aggrediscano o minaccino per questo. Ma quando, anche lei avendoci pensato qualche giorno, dice che sono “violenze e comportamenti figli di una cultura patriarcale della nostra società in cui un gruppo di ragazzi si sente in diritto di poter fare quello che vuole nei confronti delle ragazze” fa un’affermazione quantomeno molto reticente.

 

E’ facile e comodo accusare la “cultura patriarcale della nostra civiltà” per evitare di dire che fatti come quello di Capodanno nascono da una cultura, il più delle volte, di matrice culturale e religiosa precisa. Islamica, si potrà dire? Quando la notte di San Silvestro del 2015 a Colonia il “branco” aggredì le donne che festeggiavano in piazza, giornalisti e politici di sinistra di mezza Europa si arrampicarono sugli specchi per dimostrare che non si trattava di “immigrati”, ma di “cittadini islamici residenti” in Germania. Un gioco di prestigio linguistico, e il problema è risolto. Chiamate i vigili.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"