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GranMilano

Cari sviluppatori, ecco le “nuove centralità urbane” (le periferie)

Mariarosaria Marchesano

L’assessore Tancredi spiega la sua idea di “città pubblica”. Privati sì ma niente aree esclusive. Gli stranieri ci sono

"Per Milano ci vuole di più di un dialogo tra pubblico e privato, ci vuole una vera alleanza. Milano è una città pubblica e la sua crescita urbana deve avvenire nel rispetto di una tradizione improntata all’inclusione non solo di tipo economico ma ambientale e sociale. A me piace parlare più di sviluppo responsabile che di sviluppo sostenibile”. L’architetto Giancarlo Tancredi parla in una delle sue prime uscite pubbliche da quando è assessore alla Rigenerazione urbana nella seconda giunta del sindaco Beppe Sala (dopo aver ricoperto il ruolo di direttore dell’Area pianificazione tematica e valorizzazione aree. L’occasione è la presentazione del rapporto sulle nuove periferie lombarde a cura di Scenari Immobiliari e Unipol, e Tancredi non solo coglie l’occasione per rilanciare il concetto di “rivoluzione urbana” – l’amministrazione ha in istruttoria interventi che, tra nuove edificazioni, ristrutturazioni e manutenzioni straordinarie, coinvolgono una superficie di 7 milioni di metri quadrati – ma per trasmettere un messaggio “politico” che si potrebbe semplificare grosso modo così: non faremo più quartieri esclusivi e gli investitori che sono interessati a Milano troveranno spazio nell’ambito delle nuove centralità urbane (cioè la riqualificazione delle periferie) previste dal Pgt. Per Tancredi “Milano ha dimostrato grande capacità di essere attrattiva e adesso occorre individuare un punto di equilibrio tra i valori identitari dei quartieri e il loro futuro di sviluppo-rigenerazione urbana”. Insomma, le tre parole d’ordine, ribadisce, sono: alleanza pubblico-privato, sviluppo responsabile e città pubblica.

In questo messaggio non c’è per forza una discontinuità con il passato, gli interventi di Porta Nuova e City Life hanno contribuito alla riqualificazione di interi quartieri, migliorato la qualità urbana e contribuito a rinnovare l’immagine di Milano in ambito internazionale, ma di sicuro contiene un indirizzo per il futuro anche perché, oggettivamente, il centro della città è ormai saturo. Ma per un operatore privato investire nelle periferie implica attese di rendimento diverse rispetto al centro città. Unipol, per esempio, è uno di quei soggetti che, anche per il vasto patrimonio detenuto nel capoluogo lombardo, potrebbe essere interessato a un perimetro più ampio. Il gruppo Coima di Manfredi Catella, invece, una volta che avrà completato l’area di Melchiorre-Gioia, compreso il rifacimento del Pirellino, prima escluso dai bonus sulle volumetrie e poi fatto rientrare, potrebbe concentrare la sua attenzione sul centro di Roma, dove la riqualificazione urbana è solo all’inizio. Ma si vedrà, perché soprattutto gli investitori internazionali stranieri, come per esempio Hines e Landlease ma non solo, hanno già dimostrato interesse per aree semi centrali, tanto più se c’è la possibilità di ottenere dei premi sull’edificabilità in base alla legge regionale (la numero 18 del 2019) che, però, è stata ritenuta incostituzionale dal Tar della Lombardia su ricorso proprio del Comune per la parte relativa al “recupero del patrimonio edilizio”.

Il recepimento della normativa regionale deve adesso passare per una delibera di Palazzo Marino attesa per fine anno in Consiglio comunale con la prevista riduzione del bonus dal 25 al 10 per cento e l’esclusione del centro storico e di alcune altre aree. Un compromesso su cui si baseranno le nuove regole della rigenerazione urbana di Milano, che avrà tra i suoi temi centrali la riqualificazione dell’area di San Siro, che coinvolge anche il nodo ancora irrisolto del nuovo stadio

 

“Più che di un’alleanza, parlerei della necessità di uno sforzo di progettazione comune di istituzioni pubbliche e operatori privati che finora non c’è stato – dice al Foglio Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – La riqualificazione delle periferie risente di un deficit culturale perché accade sempre che il pubblico si concentra sulle infrastrutture e i privati sui singoli immobili. Invece, per dar vita a pezzi di città integrati bisogna ragionare su tutte le funzioni che compongono la vita di un quartiere, le sue residenze ma anche tutti i suoi servizi. Tra l’altro, questo si presenta come un momento favorevole perché la pandemia ha fatto aumentare la domanda di abitazioni nelle zone periferiche e provinciali di tutto il mondo e Milano non fa eccezione, anzi”.

In effetti, secondo il rapporto di Scenari lo scorso anno, in piena crisi pandemica, le compravendite residenziali a Milano hanno subito una contrazione del 16,5 per cento rispetto al 2019. Poi c’è stata una netta inversione di tendenza, complice il ritorno di studenti, turisti e lavoratori, e si prevede che il 2021 si possa chiudere con un incremento del 24 per cento delle transazioni rispetto al 2020 e con una crescita di circa quattro punti i risultati del 2019. La variazione dell’offerta, però, non sta andando di pari passo con la domanda e questo ha spinto al massimo il tasso di assorbimento delle abitazioni e cominciato a spostare le richieste verso aree più decentrate e, soprattutto, verso i comuni della città metropolitana di Milano che stanno registrando un vero boom.

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