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Gran Milano

La carta dei valtellinesi in difesa dell'autonomia di Pop Sondrio è la Newco

Mariarosaria Marchesano

Le strategie per salvare, almeno in parte, il modello cooperativo dell'istituto, oltre al suo storico legame con il territorio

Manca poco alla fine dell’anno e nelle valli valtellinesi è cominciato il conto alla rovescia per la trasformazione in spa della Popolare di Sondrio, che da queste parti è più di una banca. È una vera istituzione con un legame con il territorio cementato da 150 anni di storia e la partecipazione di oltre 160 mila soci, tra i quali tantissime piccole imprese. Dopo la lunga battaglia (persa) per mantenere l’autonomia della banca, arrivata fino alla Corte di Giustizia europea, di un gruppo di soci capeggiati dall’economista Marco Vitale, la trasformazione in spa sarà deliberata a metà dicembre dall’assemblea degli azionisti. Il tutto sotto la stretta sorveglianza della Bce che negli ultimi tempi ha dovuto sollecitare più volte l’avvio dell’iter e rispedire al mittente il nuovo statuto quando si è accorta che, attraverso l’introduzione del voto maggiorato, era stato messo in atto un tentativo di mantenere lo status quo. Il fatto è che a Sondrio non mollano, proprio non vogliono saperne di adottare una governance di mercato, temono le scalate, le fusioni, l’arrivo di soci finanziari, insomma, di perdere quella che considerano una “biodiversità”.

  
E allora, da alcuni giorni il neo comitato a difesa dell’indipendenza dell’istituto valtellinese sta sondando una nuova strada per salvare in parte il modello cooperativo, cancellato dalla riforma del governo Renzi del 2015 per le popolari con asset superiori a 8 miliardi. In un incontro pubblico davanti alle categorie produttive che si è svolto sabato scorso a Sondrio, Marco Vitale, dopo aver ammesso che la trasformazione in spa è ormai inevitabile, ha detto che il comitato si sta muovendo per la costituzione di una newco cooperativa in cui far confluire le quote dei soci che lo vorranno (al momento ci sarebbero circa 250-280 adesioni, ma non si conosce la quota di capitale che queste rappresentano). Il progetto non è quello di opporre ulteriore resistenza alla trasformazione, anche perché non ce ne sarebbero i margini, ma di “conciliarla con la sua struttura popolare e le sue caratteristiche di banca profondamente legata al territorio della Valtellina”, come ha ricordato Stefano Zame, socio di Vitale e presidente del comitato. L’idea sarebbe di dar vita a una società sotto forma di cooperativa per azioni che a sua volta partecipi alla banca che diventa una spa. “Altrimenti dove va a finire la vicinanza al territorio?”, ha arringato Zane aggiungendo che i grandi gruppi bancari dedicano poco spazio a questo aspetto nei lori piani e c’è sempre più il rischio che venga a mancare credito per artigiani, commercianti, professionisti e tutte le micro e piccole imprese. Motivazioni che certamente avranno fatto presa sul pubblico in ascolto e che suscitano qualche apprezzamento tra economisti ed osservatori che un po’ rimpiangono il ruolo di cuscinetto svolto dalle cosìddette banche dei territori nei periodi di crisi come quello attuale e ricordano che non esistono evidenze che sia la dimensione della banca a determinare i suoi risultati.

 

Però, la proposta del comitato di Vitale&C non è molto chiara e soprattutto è difficile che venga avallata dalle autorità competenti fino a quando susciterà il sospetto di violare lo spirito della legge di riforma delle popolari o aggirare le sue prescrizioni. Inoltre, ai soci ai quali si chiede di aderire a questa nuova newco andrebbe spiegato che una volta conferite le loro azioni non ne avranno più l’immediata disponibilità diversamente da quanto accade per una società quotata in Borsa, che il superamento di determinate soglie di partecipazione (10 per cento, 20 per cento etc) deve sempre essere autorizzato dalla Bce e, infine, che se per caso la newco arrivasse a detenere il 30 per cento di una banca quotata scatterebbe l’obbligo di opa. Sono pronti piccoli artigiani e commercianti a tutto questo? Insomma, l’impressione è che in atto ci sia l'ultimo tentativo di evitare l’apertura al mercato e a nuove opportunità di crescita in ambito bancario, una visione che si scontra con quella della vigilanza europea che, invece. vede nel consolidamento un modo per garantire maggiore stabilità finanziaria al sistema. Così, un gruppo come Unipol – che ha acquistato il 9,5 per cento di Sondrio con un’idea strategica di aggregazione – resta alla finestra in attesa del momento giusto per farsi avanti. 

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