Foto EPA/IAN LANGSDON  

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La moda, sì. Ma limitiamo i danni. L'ethos ribelle di “Bebe”

Fabiana Giacomotti

Intervista al direttore creativo di Redemption, Gabriele Moratti: "L’impatto di Redemption sul pianeta deve essere più basso possibile"

L’appuntamento per l’intervista è nella showroom temporanea di via Sant’Andrea che Stella Holding ha affittato in questi giorni per presentare le collezioni dell’eclettico Giovanni Bedin e di Redemption, marchio che la vulgata modaiola definirebbe “sustainable-hype”, cioè tosto e sostenibile, e che torna nell’agone della moda dopo circa un anno di sospensione, non solo a causa della pandemia. Gabriele “Bebe” Moratti, suo direttore creativo, che di Stella Holding è anche azionista di riferimento, parla attraverso lo schermo di un computer posto dalla sua direttrice commerciale al centro del tavolo riunioni. I patti erano che ci si sarebbe parlati a distanza, perché il figlio di Letizia Moratti, che dopo gli ottimi risultati sulla campagna vaccinale ottenuti da vicepresidente della Regione e assessore alla Sanità potrebbe puntare al governo della Lombardia, a Milano non ama vivere. Non amava la città quando ci arrivò a dodici anni, dopo l’infanzia trascorsa nella campagna attorno a San Patrignano che i suoi genitori hanno sostenuto fin dalla fondazione (a dire il vero, “Bebe” è coevo di SanPa, essendo nato nel 1978). Non la ama adesso, pur riconoscendo quanto debba “ai grandi fotografi degli Anni Ottanta e Novanta che lavoravano a Milano” e al clima che vi si respirava.

 

Qualcuno lo ricorderà per la faccenda di un abuso edilizio che una decina di anni fa la stampa definì con un certo gusto “la batcaverna” e che finì con un patteggiamento per 47 mila euro di multa. Il Comune, allora a guida Moratti, non si costituì parte civile. Sarebbe impossibile definire “avveniristica”, come venne scritto all’epoca per il loft di via Ajraghi, la stanzuccia spoglia da cui Moratti junior parla adesso. Fuori si intuisce la campagna che ama e il mare in lontananza. Laureato in Sociologia e Storia dell’arte alla Duke University di Durham, Moratti ha nel curriculum uno stage nel reparto merger acquisition della JP Morgan e varie esperienze di volontariato. Redemption è nata nel 2013 con due soci, Daniele Sirtori e Vanni Laghi, ex tossico e meccanico, esperto di moto: al debutto il brand aggiungeva non a caso la definizione di “choppers” e produceva abbigliamento sportivo basico. Il rischio di finire a produrlo in Asia per adeguare i costi al mercato di settore era molto alto, per cui Moratti decise di avventurarsi nel prêt-à-porter sostenibile.

 

Molte sfilate a New York e una pandemia a mezza dopo, Redemption torna con una migliore definizione di stile, qualche capo rieditato e tessuti di riuso, grande tendenza del momento. Dice che “è nello spirito del rock ’n roll premere, quando necessario, il pulsante di reset” e che “Redemption continua a seguire questo ethos ribelle”, ma dice anche cose molto condivisibili e cioè che è ora di “ridurre”: meno capi, meno sfilate e collezioni. “La sottrazione è fondamentale per rendere efficace il messaggio, anche esteticamente, e assicurare che l’impatto dell’impresa sul pianeta sia il più innocuo possibile”. In sintesi, visto che inquiniamo anche respirando, ma ci piace fare vestiti e indossarli, vediamo almeno di limitare i danni della nostra vanitas. Aveva detto qualcosa di simile Giorgio Armani a inizio pandemia: produciamo meno, produciamo meglio, ma è stato largamente disatteso dal sistema. Alla visione olistica, Moratti ha aggiunto quella genderless, anche questa di gran tendenza tanto che le campagne pubblicitarie del momento, inclusa la sua che ha anche realizzato da solo, sono infarcite di modelli di colore con i dreadlock vestiti però di lycra rosa e tacchi, e i suoi non fanno eccezione: nel filmato, camminano nel villaggio post-apocalittico di Mutonia: “Un luogo da sogno costruito sui detriti della vita contemporanea”. Gli piace anche il cinema, infatti. Racconta del nuovo film di Luca Guadagnino che sta producendo con la sua MeMo Films (“un genio, ho visto le prime scene”) dopo aver finalmente trovato un distributore per il documentario su Salvatore Ferragamo presentato un anno fa a Venezia, che verrà programmato nelle sale italiane dall’11 al 13 ottobre. La batcasa è stata smantellata da anni, e data in beneficenza.