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Finalmente Citterio

Paola Bulbarelli

Il via libera da Roma alle modifiche per il Brera Modern è arrivato. Dopo un pasticcio infinito. Bene

Hanno detto sì. Ma ci sono voluti due anni per dare parere positivo al progetto di revisione del restauro malfatto di Palazzo Citterio presentato da James Bradburne, direttore di Brera. Palazzo Citterio, dopo una quarantennale travagliata vicenda, è destinato a diventare la futura sede di Brera Modern, dove saranno ospitate le collezioni novecentesche del museo. Il restauro approntato negli anni scorsi, con la supervisione della Soprintendenza non era adeguato, impossibile aprirlo, persino per un non risolto problema di umidità. Brera aveva presentato al ministero le sue controindicazioni, e le proposte di soluzione. L’ex ministro del Mibac, Alberto Bonisoli, aveva girato ai tecnici la questione. E ora è arrivato l’ok dei Comitati tecnico scientifici coinvolti dalla Direzione generale Belle Arti e Paesaggio, le modifiche richieste da Bradburne saranno fatte, ma ci vorranno un paio d’anni, apertura prevista per il 2022.

 

Il lungo pasticcio di Palazzo Citterio, acquistato dallo stato nel 1972 grazie a un’idea del grande sovrintendente della Pinacoteca di Brera, Franco Russoli, inizia assai prima, nel 2015 con una ideazione e gestione del restauro in chiave conservativa che ne ignorava la destinazione d’uso. Il palazzo restaurato fu presentato in pompa magna nel 2018, uscì in contemporanea anche un libro celebrativo con più interventi, “Palazzo Citterio verso la Grande Brera” a cura della sovrintendente Antonella Ranaldi, con l’ambizione di “tracciare l’ultimo atto di un difficile percorso per consegnare il palazzo alla collettività”. Non andò tutto bene, e non solo per le dure critiche scatenate tra i primi da Philippe Daverio. Già prima i dubbi sulla funzionalità del restauro erano emerse (il Foglio le documentò nel 2017) durante i lavori, ed emerse – soprattutto – il problema di una cattiva o inesistente cooperazione tra chi aveva la responsabilità de lavori e i “destinatari d’uso” del futuro museo. Tra i problemi che furono evidenziati le infiltrazioni di umidità non risolte (il software per la temperatura umida, i valori instabili), il montacarichi non adeguato per il trasporto delle opere, errori progettuali e di divisione degli spazi, persino l’ingresso. Ci fu chi accusò Bradburne di protagonismo e persino di estetismo. Oggi il 2021 dell’arte a Milano inizia con una bella notizia – ha dichiarato James Bradburne, che non ha nessuna intenzione di tornare su polemiche ormai sepolte. La lettera da Roma è arrivata nel tardo pomeriggio del 30 dicembre “Adesso possiamo portare a termine il progetto che Milano aspetta da quasi 50 anni”, ha detto il direttore. Ritornando appunto all’acquisizione da parte del palazzo da parte dello stato – per un miliardo e 148 milioni di vecchie lire – dal conte Giannino Citterio. Durante la Seconda guerra mondiale l’edificio venne in parte distrutto dai bombardamenti del 1943Era l’idea della nascita della “Grande Brera” di Russoli. La necessità di ingrandire lo spazio espositivo della Pinacoteca derivava all’epoca dal fatto che molte raccolte di collezionisti come Jucker e Vitali, Mattioli e Jesi, non avrebbero trovato adeguato spazio nel museo voluto da Napoleone. L’intenzione era di collegare tramite il giardino confinante i due palazzi, adattando lo storico palazzo di Brera 12 con nuove strutture. Il primo grande progetto è degli anni Settanta, firmato gruppo di architetti formato da Ortelli e Sanesi, i quali demoliscono parte degli interni, e il grande scalone d’ingresso neoclassico a due rampe. Poi tutto si bloccò di nuovo, lasciando un palazzo incompiuto e un cantiere. Anni dopo, in alcuni spazi vennero utilizzati per mostre come una, grandiosa, su Burri e un’ altra su “Gli ori di Taranto”.

 

Poi, sul finire degli anni Ottanta venne deciso di chiamare l’archistar del momento: James Stirling, progettista di musei, come la Staatsgalerie di Stoccarda. E la Fondazione San Paolo offrì un contributo di circa 6 miliardi di lire e il progetto si avviò. Tutto congelato nuovamente per la scomparsa dell'architetto. Nel 2012 sono stati assegnati i fondi del Cipe che hanno permesso l’avvio dei lavori. Una delle questioni complicate riguardava l’ingresso da “condominio” (come lo definì Philippe Daverio) della nuova ala del museo. L’ingresso sarà spostato. dal 14 di via Brera e non più dal 12. L’altra questione chiave è la nuova scala interna, “monumentale” (la si può vedere dai rendering che Brera aveva messo a disposizione già due anni fa) per consentire un adeguato passaggio ai visitatori, una delle questioni chiave per poter aprire il museo. Ora la Direzione generale Belle Arti e Paesaggio ha dato il suo parere favorevole, in sostanza accogliendo le osservazioni di Bradburne. Una bella notizia per la Milano “tutto chiuso” dei musei. Ma il vaccino è arrivato, e anche il progetto per aprire nel 2022 Palazzo Citterio.

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