Due persone passano accanto a una filiale del Credito Valtellinese, Milano, 23 novembre 2020 (ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)

I tesori della Valtellina. Non solo un risiko bancario

Mariarosaria Marchesano

L’Opa di Crédit Agricole su Creval e il futuro di Pop Sondrio. Storia, ricchezza e differenze

    L’offerta del Crédit Agricole sul Creval è stata una sorpresa per quanti pensavano che il colosso francese avesse concentrato la sua attenzione sulla banca milanese per eccellenza, Banco Bpm. Colpisce come il Crédit Agricole – di fronte alle difficoltà che si sono presentate per quest’operazione – abbia rapidamente optato per la banca valtellinese, un’ex popolare con oltre un secolo di storia che da quando si è trasformata in spa nel 2016 si è aperta al mercato accogliendo nel capitale fondi d’investimento internazionali, come quelli di Denis Dumont e di Davide Serra. Insieme con la Popolare di Sondrio, Creval rappresenta l’anima finanziaria della Valtellina, un’area che per posizione geografica, storia, e tradizioni è un po’ un mondo a se stante rispetto alla Lombardia, praticamente un’isola considerando anche gli scarsi collegamenti nei trasporti con il resto della regione.

     

    “A metà Ottocento le valli valtellinesi erano un caso da manuale di povertà e abbandono, i primi insediamenti per la generazione di energia idroelettrica e poi lo sviluppo dell’industria agro-alimentare e di quella turistica ne hanno cambiato il destino dando vita a un tessuto di piccole e medie imprese e creato ricchezza familiare”, racconta al Foglio Benedetto Abbiati, presidente della Società economica valtellinese, l’associazione culturale fondata dall’economista Alberto Quadrio Curzio, uno degli intellettuali più illustri di questa terra insieme con Ezio Vanoni, Pasquale Saraceno e Sergio Paronetto. “La Valtellina ha sempre espresso due anime culturali, quella liberale che risentiva anche di un’influenza massonica, e quella del cattolicesimo sociale. La prima ha ispirato la nascita della Popolare di Sondrio nel 1871 e la seconda quella del Credito Valtellinese più di trent’anni dopo. Entrambe le banche sono nate a Sondrio, ma l’unica cosa che le accomuna è la forma di tipo cooperativistico e mutualistico con cui sono state costituite perché poi la loro evoluzione è stata molto diversa nel tempo e questa differenza di approccio si rispecchia nelle posizioni che occupano nell’attuale panorama bancario”.

     

    In effetti, pur essendo tutte e due aziende di credito con una forte identità territoriale, il Creval, che ha la sede operativa nel centro di Milano, a Palazzo delle Stelline, ha sempre avuto l’ambizione di crescere a livello nazionale, prima in Lombardia con l’acquisto del Credito Artigiano e poi anche nel resto d’Italia, con piccole aggregazioni (“alcune delle quali non sono rivelate un buon affare”, sottolinea Abbiati) che si sono spinte fino in Sicilia passando per le Marche e per il Lazio. La Popolare di Sondrio, invece, è rimasta sostanzialmente ancorata ai confini regionali, con poche eccezioni in Piemonte ed Emilia Romagna. L’evoluzione più recente ha visto poi il Creval metabolizzare rapidamente, non senza qualche scossone, la riforma delle popolari e la Pop Sondrio intraprendere una lunga e, ormai isolata, battaglia per mantenere lo status di cooperativa.

     

    Oggi, queste due banche sono per motivi diversi al centro dell’attenzione nel risiko bancario. Creval come preda di Credit Agricole, che già prima di lanciare l’Opa ne deteneva una partecipazione, e la Sondrio come banca potenzialmente scalabile da investitori esterni non appena ci sarà la trasformazione in spa (l’ultimo termine previsto è dicembre 2021) oppure come terzo partner in un’eventuale alleanza tra Banco Bpm e Bper. Eppure, c’è chi per lungo tempo ha sostenuto che una fusione tra le due banche valtellinesi sarebbe stata la soluzione migliore per un territorio così geloso delle sue tradizioni. Almeno ci avrebbero dovuto provare a mettersi insieme, come ha ribadito di recente Benedetto Della Vedova, economista e politico tiranese e segretario di +Europa, mettendo in evidenza che l’interesse di Crédit Agricole nei confronti del Creval non è tanto sulla Valtellina, ma nei confronti delle altre regioni in cui è presente la banca.

     

    “In effetti, questo è un punto che da sempre anima il dibattito a livello locale. Ma il percorso dei due istituti di credito è stato influenzato da diversi tipi di gestione, quella del Creval più propensa a essere coinvolta in processi di consolidamento guidati dalla Banca d’Italia, e quella della Sondrio più monolitica e intenta a preservare la sua unicità. Un’altra differenza è che la prima, anche se con grandi sacrifici, ha avuto il coraggio di fare i conti con gli errori del passato e dato il via a una grande pulizia dei crediti deteriorati e la seconda è ancora solo all’inizio di questo percorso. Difficile che due realtà così diverse avrebbero potuto intavolare una trattativa, anche se questo è forse il sogno di tutti i valtellinesi”. Oggi nelle valli tra Sondrio, Bormio e Morbegno si respira un’aria di progresso e si è sviluppata un’imprenditoria innovativa e dinamica in vari settori, dalle officine meccaniche all’hi-tech. Nell’alimentare, a nomi come Galbusera, si affiancano realtà meno note ma molto dinamiche che hanno fatto conoscere le specialità locali in tutt’Italia. Per non parlare dell’eccellenza vinicola, con i vigneti terrazzato della Valtellina divenuti patrimonio dell’Unesco. Ma qui la tradizione è sempre molto forte e la vicinanza alla Svizzera non è solo una questione geografica, perché esiste un’economia e un turismo transfrontaliero che si riflette anche sull’attività delle banche del territorio. Le gestioni patrimoniali, per esempio, rappresentano una delle principali fonti di profitto delle aziende di credito. E colossi come il Crédit Agricole lo sanno perfettamente.

     

    Come finirà l’Opa su Creval? E’ stata annunciata come un’operazione amichevole e poi qualche protesta c’è stata da parte dell’istituto valtellinese. “Non giudico questioni finanziarie – dice Abbiati – ma credo che tutto sommato tanti piccoli azionisti potrebbero essere allettati dalla possibilità di recuperare le perdite di Borsa anche molto consistenti che si sono avute negli ultimi anni. E’ stato un momento molto difficile? Però qui il clima alpino si riflette anche nel carattere delle persone, che mantengono contegno e riservatezza anche nelle situazioni estreme. Non ci furono né proteste di piazza né forconi, ma adesso tante persone intravedono a possibilità di rifarsi un po’ e non si possono biasimare”.