Il Buon Leviatano

Michele Silenzi

Il libro di Pierre Boulle va all’attacco dell’ambientalismo fanatico oggi così di moda

Sarebbe immaginabile, oggi, che uno scrittore mettesse al centro del proprio romanzo, come protagonista assoluta, una monumentale superpetroliera a propulsione nucleare e la celebrasse, in maniera ambigua, come simbolo di salvezza? Tanto più difficile che ciò possa accadere se lo scrittore fosse autore di libri, e di sceneggiature, tra i più famosi e di successo: Il ponte sul fiume Kwai e Il pianeta delle scimmie, tanto per citare i più popolari. Ma è proprio l’autore di questi due romanzi, e di molti altri, sconosciuto spesso per il nome, ma celeberrimo attraverso le opere, Pierre Boulle, a farlo nel 1978 scrivendo Il Buon Leviatano.

 

Leviatano, nome così evocativo e misterioso, sempre associato a un mostro, come capita anche in questo caso riferendosi alla superpetroliera, uscita dai cantieri della geniale Madame Bach, vedova di un armatore miliardario, che l’aveva ideata e fatta costruire, in grado di custodire nella sua pancia seicentomila tonnellate di greggio e di attraversare gli oceani a velocità mai viste prima per una nave di quella stazza. La petroliera, sempre affamata di nuovo oro nero da custodire nella sua pancia viene chiamata Gargantua, ma agli intellettuali e al popolo che la guardano con disgusto e paura, questo simbolo orrido del capitalismo e del progresso, appare come una minaccia terribile degna del nome di Leviatano “Fu quest’ultimo appellativo, quello d’una creatura vomitata dall’inferno, che gli rimase appiccicato, […] salutata dalle rimostranze furibonde che accolgono ogni novità”. A capeggiare la rivolta contro la petroliera, innovazione assoluta nel panorama tecnologico e la meno inquinante che si possa immaginare grazie alla propulsione nucleare e agli straordinari sistemi di controllo anti inquinamento, è una “zoppa” che abita nel villaggio sulla baia in cui è ancorata la petroliera. E’ una mistica e un’asceta, con la sua personalità incorruttibile e inflessibile esercita un’enorme influenza non solo sul villaggio in cui abita ma ben oltre i suoi confini (anche grazie alla eco mediatica che genera), “vuole la guerra santa” contro la petroliera nucleare. La zoppa era divenuta tale durante un incidente nella fabbrica in cui lavorava e ne aveva concepito un odio feroce nei confronti di qualsiasi attività industriale e “l’annunciata costruzione di una petroliera nucleare che avrebbe gettato l’àncora vicino al suo villaggio era stata per lei l’occasione per dare un indirizzo più preciso al proprio rancore”. La zoppa, come una ragazzina (diciamo Greta Thunberg), simbolo di fragilità che utilizza la propria debolezza apparente per portare dalla sua parte le genti come fosse una prescelta dal Signore (o da suoi surrogati laici), proprio in virtù della sua debolezza, per sfidare le potenze diaboliche, infernali della fucina faustiana dello sviluppo industriale.

 

L’attacco che Boulle porta all’ambientalismo fanatico attraverso tutto il libro non risparmia nessuno dei tic che oggi ci appaiono così attuali: “A quei tempi, la Terra pullulava di ecologisti. […] Si suddividevano in varie conventicole, che però avevano in comune un’unica visione pessimistica: quella della Terra che per colpa della follia dell’uomo stava andando a grande velocità incontro alla distruzione. Consideravano se stessi come gli ultimi elementi sani e saggi di un’umanità in preda alla corruzione, e per di più cieca. […] Considerando la civiltà attuale come un inferno, e comportandosi come seviziatori tanto sadici quanto masochisti, […] giorno dopo giorno si dilettavano a calcolare la quantità di veleno distillata su una piccola superficie, rapportandola poi a tutta l’estensione terrestre, e gioivano nel seppellire l’umanità attonita sotto il peso di migliaia e migliaia di tonnellate di zolfo, di ossido di carbonio e di altre sostanze tossiche”. Ma Boulle non risparmia frecciate neppure allo scientismo assoluto e all’antiecologismo estremistico, a quelli che ritengono che l’evoluzione scientifica sia sempre e comunque in grado di riassorbire i propri errori e di spostare comunque l’asse dell’evoluzione umana sempre un passo più avanti.

Tuttavia, nel momento centrale del libro, e con un formidabile ribaltamento di punti di vista, che sarà anche la principale svolta narrativa del romanzo, la superpetroliera a propulsione nucleare si rivelerà doppiamente benefica, e salvifica! Al lettore la scoperta.

 


“Il Buon Leviatano”, di Pierre Boulle, sarà in allegato con il Foglio a partire da sabato 22 giugno al prezzo di 4,50 euro. Chiedilo al tuo edicolante