A Piacenza torna il Festival della cultura della libertà

Il 26 e il 27 gennaio l'evento promosso dal Foglio in collaborazione con l’Associazione Liberali Piacentini, Confedilizia nazionale e European Students For Liberty

All’indomani del voto del marzo scorso, furono in molti a evidenziare come dalle urne fosse uscita un’Italia spaccata in due: con un nord a forte presenza leghista e un sud egemonizzato dai grillini. In realtà le cose stavano solo in parte così – dato che l’uno e l’altro partito sono molto presenti nell’intero paese – ma è pur vero che il rapporto tra la politica e il territorio appare sempre cruciale.

 

La terza edizione del Festival della cultura della libertà, che anche quest’anno si terrà a Piacenza nell’ultimo weekend di gennaio (sabato 26 e domenica 27), ha per tema proprio “I luoghi, le città, i territori”. Promossa da Confedilizia in collaborazione con il Foglio, l’iniziativa intende evidenziare come ognuno viva in uno spazio preciso e quindi in un rapporto assai stretto con culture, tradizioni ed esperienze specifiche. La difesa della libertà dell’individuo, che è al centro di ogni prospettiva liberale, deve allora portare a riconoscere nei particolarismi qualcosa da difendere, specie se si considera come il moltiplicarsi delle giurisdizioni locali freni l’espansione del potere.

 

Non a caso la storia dello stato moderno – basti pensare all’esperienza più paradigmatica, e quindi alla Francia – è stata segnata da un processo incessante volto a centralizzare, uniformare, armonizzare. In tal senso non sorprende che tra i gilets jaunes sia così facile riconoscere tante bandiere bretoni, dato che vi sono periferie che da sempre (fin dai tempi dello sterminio della Vandea del 1793) avvertono una forte insofferenza nei riguardi del potere centrale.

 

Oltre a ciò, è fuori di discussione che una delle modalità con cui il potere ci domina ha a che fare con la gestione dello spazio. Non vi è nulla come l’urbanistica che si oggi tanto dominata da logiche pianificatrici, così che il ceto politico-burocratico dispone oggi di strumenti grazie ai quali può svuotare la proprietà e inibire un gran numero di iniziative. Quando un piccolo gruppo di persone decide cosa deve esserci in una città e in quali suoi quartieri, è evidente che ogni autonomia è venuta meno e che l’intera società si è fatta largamente manipolabile.

 

E’ significativo, al riguardo, come il dibattito contemporaneo veda spesso contrapporsi due statalismi. Mentre la cultura liberale ha sempre valorizzato l’apertura dei mercati, il confronto delle identità e quella concorrenza tra governi capace di responsabilizzare le comunità locali, gli ultimi decenni sono stati dominati dalla vocazione a costruire istituzioni politiche di scala sovranazionale e oggi prevale, al contrario, la tendenza ad alzare barriere commerciali di carattere protezionistico e riscoprire logiche nazionaliste.

 

Invece che “governi locali e mercati globali”, come sarebbe piaciuto a Ludwig von Mises e ad altri teorici della società libera, oggi s’afferma quindi una visione diametralmente opposta: con una parte significativa dell’élite che vorrebbe costruire un potere che superi le distinzioni tra stati, mentre i nuovi populismi sovranisti sono determinati ad accrescere il ruolo dei governi nazionali, chiudere i mercati, contrastare ogni forma di globalizzazione. La sintesi che talvolta pare profilarsi all’orizzonte è allora “governi globali e mercati locali”: con un massimo di coercizione statale e un minimo di libertà individuale.

 

Per questo a Piacenza sarà opportuno tornare a parlare del diritto all’autogoverno e, di conseguenza, anche di cosa è rimasto (se qualcosa è rimasto) degli ultimi decenni della storia italiana, tanto segnati dalle discussioni su federalismo, autonomia, devolution, regionalismo e via dicendo. Oggi i conflitti politici siano dominati da logiche diverse, poiché tutta la discussione contrappone l’Unione europea e gli stati nazionali sovrani. Ne risulta che città e comunità regionali sono ai margini: con gravi conseguenze per le libertà dei singoli. Sotto la cenere, però, il fuoco potrebbe continuare ad ardere: con la conseguenza che presto si potrebbe tornare a fare i conti con le legittime rivendicazioni all’autogoverno di questa o quella realtà territoriale.

 

Carlo Lottieri  

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