Nino Frassica (foto LaPresse)

Nino Frassica, l'uomo della radio

Marianna Rizzini
La possibilità “di non censurarsi”, la sperimentazione, l’atmosfera da “clan Jannacci”, e il passato nel “radioromanzo”. Ora un unplugged estivo con “Programmone”, una striscia quotidiana su Rai Radio2, lungo il percorso a ritroso dalla notorietà tv.

“Video killed the radio star/ Video killed the radio star / In my mind and in my car, we can’t rewind we've gone to far/ Oh-a-aho oh/ Oh-a-aho oh…” .
(dalla canzone “Video killed the radio star”- The Buggles)

 

E’ un tranquillo martedì di canicola e uno strano fermento spezza la quiete del corridoio lungo il quale passeggia svogliato un uomo con ciabatte da mare (un archivista? un regista? un programmista?). Siamo al secondo piano di Via Asiago 10, in uno studio di Rai Radio 2 dove nessuna aria condizionata si è forse mai fatta strada (il clima è più da ventilatore a pale di modello Vietnam anni Sessanta). Siamo in un mondo che pare smentire la vecchia canzone dei Buggles, “Video killed the radio star”, e dove il trambusto di telecamere e taccuini rende ancora più surreale la surrealtà dei fatti: la star è radiofonica e risponde al nome di Nino Frassica, l’uomo che del lessico surreale ha fatto un totem, ma che per diventare “star” radiofonica, come dice lui stesso agli intervistatori di un telegiornale che lo circondano nello stanzino di registrazione, si è dovuto prima affermare come personaggio tv (esattamente trent’anni fa, con “Quelli della notte”, il programma cult in cui Renzo Arbore improvvisava come fosse appunto in radio). Ed è come se la canzone dei Buggles scorresse alla rovescia: il percorso è allegramente a ritroso, verso le praterie di libertà che solo l’assenza di immagine permette di percorrere (“dopo sei minuti sul piccolo schermo te ne devi andare”, dice il Frassica radiofonico parlando del se stesso più compresso che gli tocca addomesticare in tv (per esempio chez Fabio Fazio). Intanto, nel corridoio infuocato, gli uomini in ciabatte sono diventati due, e sembrano pure gemelli, tipo Pinco Panco e Panco Pinco di “Alice nel paese delle meraviglie”. Che siano o meno, come dice un tecnico, i famosi gemelli delle notti di Piero Chiambretti poco importa: l’effetto surrealtà è potenziato a prescindere.

 

E insomma c’è questo Frassica rinchiuso nello stanzone-studio con pianoforte a fare prove generali per la versione estiva di “Programmone”, la trasmissione che da lunedì 11 luglio (per i mesi caldi) si farà striscia quotidiana su Rai Radio2 (dalle 10 alle 10 e 30, dal lunedì al venerdì), con altri 45 minuti nel weekend, dalle 13 e 45 alle 14 e 30. Ed è un Frassica radiofonico al cubo, quello che prova e riprova la rubrica dell’“orosco”, oroscopo strampalato in cui al segno zodiacale tal dei tali può corrispondere, invece della previsione di amori, dolori o, come dice lui, delle “promesse da paninaro” del corteggiatore di turno, un improvviso bollettino meteo (Pesci: “Al nord coperto sui rilievi”). Ma il peggio che può capitare all’ignaro ascoltatore è di attendere con pazienza il proprio segno, per poi sentire Frassica saltare tranquillamente il Cancro o il Toro, a turno, perché la pagina del Cancro o del Toro, dice, se l’è mangiata un cane con nome d’uomo – putacaso Giuseppe.

 

E non si può, a quel punto, tra un “orosco” e l’altro, non chiedere a Frassica che cosa scateni in lui questa passione a ritroso per la radio, vista la sua parallela e assidua frequentazione di altri universi mediatici (da lunedì sarà infatti anche televisivo, su Rai1, con “Complimenti per la connessione”, anche quella una striscia, pur se di diverso stile e contenuto: trattasi infatti di striscia ironicamente didattica, in cui il comico e gli altri personaggi protagonisti della fiction “Don Matteo” insegnano agli italiani a usare il web – Frassica dice di essersi preso anche lì qualche libertà, e di aver creato per quanto lo riguarda una specie di ircocervo tra fiction rigidamente scritta e abitudine radiofonica dell’andare a braccio).

 

La radio? “Il fascino della radio, per me, sta nella sperimentazione”, dice Frassica mentre l’immancabile attore-spalla Francesco Scali traffica con i fogli del segno zodiacale perduto. E sperimentazione vuol dire “fare roba nuova per vedere lì per lì come riesce e come non riesce, darsi alla parola e andare, andare, andare. Ed è logico: nella quantità ci sono anche cose non di qualità, ma questo lo si capisce soltanto facendo. E’ come una continua gavetta, e alla gente piace la radio anche per questa mancanza di confezione”. Chissà, forse la radio, in tempi ferocemente anticasta, dà al pubblico l’idea di essere qualcosa più “dal basso” della tv dei lustrini e dei cachet alti, fatto sta che Frassica sta già pensando con divertimento al momento del “riascolto”, quando “ti rendi conto di quale cavallo sia vincente e quale sia perdente a partire dalle facce al di là dal vetro: quelle del regista, della curatrice e del fonico. Termometri infallibili, a meno che non ridano per i fatti loro e io pensi che stiano ridendo per me”.

 

La cifra è sempre e comunque il surreale, e infatti Frassica ha invitato e inviterà a “Programmone” il suo “maestro di surrealismo” Renato Pozzetto, che segue fin dagli anni del clan Jannacci, anni vissuti da spettatore. Fu in quel periodo che Frassica fece la cosiddetta “scelta umoristica”, a partire dalla radio di “Alto gradimento”. E oggi, non a caso, sono suoi ospiti fissi Giorgio Bracardi e Mario Marenco, e suoi ospiti occasionali Renzo Arbore e Gianni Boncompagni (Arbore, cui Frassica in giorni lontani lasciò uno strano messaggio in segreteria, talmente strano che il conduttore-mattatore, incuriosito, lo chiamò a lavorare con lui, ancora gli dà consigli, lodandolo in qualità di “buon allievo”). “L’atmosfera, ieri come oggi, è quella goliardica di una serata tra amici che scherzano e ridono indipendentemente dal prodotto”, dice Frassica, convinto che tutto quello che in televisione l’ha reso celebre debba in realtà qualcosa del suo successo a un antenato radiofonico: “Il frate di ‘Quelli della notte’ l’avevo fatto anche a ‘Radio anche noi’ con Arbore, Boncompagni e Marenco. E una volta arrivato in tv da lì ho attinto”. Agli albori della carriera, intanto, ancora nella natìa Messina, Frassica aveva sperimentato altri generi, come il “fotoromanzo radiofonico”, momento di solenne presa in giro delle telenovele allora furoreggianti. “Ma non era come in tv, dove devi far ridere per forza”. Nella radio che vuole fare Frassica, dice Frassica, “non c’è tanto la parodia quanto un’opera di vandalismo sui luoghi comuni, sulla comicità che non fa ridere e sulle frasi fatte. Venendo dalla scuola di Arbore, più dello sketch per me vale l’ammiccamento e il gioco di esasperazione. Se fa share la tv del dolore, noi in radio diciamo che vogliamo portare in studio le casse da morto, perché anche noi facciamo ascolti con il dolore”. C’è poi l’iperbolico “plurivedovo” cui muoiono tutte le mogli, e il “chirurgo ricchissimo che operava contemporaneamente due persone”.

 

“La possibilità di non censurarsi è la cosa più esaltante”, dice Frassica mentre il trambusto di telecamere si allontana, e lui si trasforma, per gioco o per prova, in presentatore di numeri altrui, con la faccia che faceva in “Somewhere”, il film di Sofia Coppola in cui l’attore e comico recitava nel ruolo di annunciatore di Telegatti – e la regista l’aveva scelto, narrano le leggende metropolitane, dopo averlo visto in un vecchio filmato su YouTube, spezzone di una puntata di “Indietro tutta”: nulla poteva spiccare, in quel video, quanto la giacca gialla del finto presentatore Nino. Ed è chiaro che tra tv, cinema e radio, nel mondo di Nino, il gigante ha la parte del lillipuziano e viceversa: non passa giorno che “Programmone” non prenda in giro la tv e i suoi derivati, specie nella rubrica “Il Clementini”, in cui uno strano critico televisivo, anche autore di un compendio enciclopedico omonimo (graficamente copiato dai cinematografici libroni-indice “Il Morandini e “Il Mereghetti”), dice nonsense sui principali programmi del giorno. E se gli chiedi un parere sulla trasmissione di Barbara D’Urso, il prof. Clementini può benissimo dire che non lo sa perché non l’ha vista: l’orario non lo sconfinferava affatto. Idem se gli chiedi del programma di Caterina Balivo: il Clementini pensa che la conduttrice sia una brava persona che “ha pure avuto un figlioletto”, ma quanto al programma in sé chissà, lui “l’ha visto poco” perché alla fine “gli è arrivata una telefonata”.

 

E anche quando la tv non è direttamente nel mirino, “Programmone” fa il verso al piccolo schermo che crea e disfa coppie. Nella rubrica “Cupidone”, “brevettata e sperimentata” da Frassica, i “single incalliti”, le “anime in pena”, i “cuori solitari” e i “cuori infranti” possono (vanamente) cercare l’anima gemella. Ma possono anche, durante la trasmissione, consolarsi con il ritorno sporadico della signora Coriandoli, personaggio della tv anni Novanta e cavallo di battaglia dell’attore Maurizio Ferrini, inconfondibile nella parlata da casalinga emiliana che risponde alle lettere degli spettatori (e quando la signora Coriandoli irrompe via radio, con tutti i suoi consigli presi di peso dalle chiacchiere in cortile con la “cognata di” e la “cugina di”, si capisce quello che vuole dire Frassica quando chiede al cameraman di “togliere per favore le immagini”): è il percorso all’indietro verso il non-visto che lo rende felice, come se i gradi di possibile pazzia creativa aumentassero lungo la strada metaforica che va dal Duemila, a ritroso, fino ai primissimi anni Cinquanta, quando ancora Mike Buongiorno non era il re di “Lascia o raddoppia” e gli apparecchi televisivi erano di là da venire.

 

Tutto questo camminare all’indietro, però, può portare a volte anche alla ribalta meno radiofonica che ci sia (la fiction di “Don Matteo”) e all’ibrido tele-radiofonico di Sanremo. Nino Frassica c’è stato quest’anno, per la gioia dell’amico e presentatore Carlo Conti, e ha sceso le scale del Teatro Ariston borbottando “voglio essere l’uomo che si è cambiato più volte” (dunque cambiandosi la giacca in corsa), per non essere da meno delle vallette da quattro mise a sera. E siccome le canzoni “le sapeva già” perché “sono tutti uguali”, il suo intento, diceva, era di approdare all’Ariston “per conoscere Gabriel Garko”. Seguiva quindi intervista doppia Garko-Frassica: “Quando recita mi fa ridere”, diceva Garko. “Anche a me”, rispondeva Frassica. “Cos’ho di più bello di lui? Il codice fiscale”, era il rilancio del comico che oggi, con l’inseparabile Francesco Scali, si lancia nell’avventura estiva multimediale al grido di: “E che vuoi che sia che voi andate al mare? Potete sempre portarvi dietro la radio imbagnabile”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.