La casetta di legno in cui viveva Unabomber nei boschi del Montana, da dove ha terrorizzato l’America con i pacchi bomba in nome di una ideologia verde

L'amico Unabomber

Giulio Meotti
Ted Kaczynski era un prodigio di studente a Harvard e di docente  a Berkeley. Il fratello racconta in un libro il famoso ecoterrorista

Qualche tempo fa, l’Università di Harvard chiamò a raccolta tutti i laureati del 1962, chiedendo loro che fine avessero fatto e se volessero partecipare a una allegra rimpatriata. Arrivò anche una risposta dal penitenziario di massima sicurezza di Florence, Colorado, dove si trovano i capi di al Qaida, i narcos, spie come Robert Hansen e lo stragista di Oklahoma City. La lettera era firmata “Ted Kaczynski”, che il mondo conosce con il soprannome di “Unabomber”, il terrorista che per quasi una ventina d’anni ha seminato morte e panico in America. Tra il 1978 e il 1995, ha ucciso infatti tre persone e ne ha mutilate 23 usando lettere-bomba.

 

A sedici anni, dopo il diploma, Theodore John Kaczynski è a Harvard. A venti si laurea (i professori chiedevano il suo aiuto per risolvere problemi particolarmente astrusi). A venticinque prende il dottorato in Matematica alla University of Michigan ad Ann Arbor. La sua tesi è premiata con un riconoscimento nazionale. Nel 1967, ottiene la cattedra alla University of California a Berkeley, nel dipartimento di Scienze matematiche, il miglior istituto del paese. Dopo qualche anno rassegna le dimissioni e scompare nei boschi del Montana, fra centinaia di libri trovati nella sua baracca senza luce, gas, acqua e gabinetto, da dove spediva decine di lettere-bomba, compresa quella che uccise il presidente dell’Associazione forestale della California, “colpevole” di abbattere troppi alberi.

 

Adesso il fratello dell’ecoterrorista, David Kaczynski, pubblica uno straordinario libro di memorie: “Every Last Tie” il titolo. “Non tutti potevano essere intelligenti e indipendenti come il mio fratello maggiore”, scrive David Kaczynski. “Volevo essere come Ted”. David scrive che la “bibbia” del fratello era un libro del filosofo francese Jacques Ellul, “La società tecnologica”. Questa è, infatti, la storia di un bambino prodigio e di un brillante scienziato e intellettuale, figlio di un emigrato polacco che voleva distruggere quella società industriale che pure lo aveva coperto di titoli e onori. Cosa lo spinse a usare la violenza contro la società americana? Non la pazzia, ma una precisa ideologia germinata nei campus di Harvard e Berkeley.

 

Nel 1960, quando Ted inizia a insegnare, nelle università sono attivi molti gruppi radicali, come il Weather Underground, l’Esercito di liberazione simbionese e il Fronte di liberazione della Terra, disposti a usare la violenza per far progredire la loro causa. Harvard stessa pullulava di scienziati e studiosi dalla forte matrice scientifica. Fu proprio a Harvard che Kaczynski fece il primo incontro con le idee circa i mali della società che fornirebbero una giustificazione per il terrorismo. Nel 1997 il Washington Post, in collaborazione con il New York Times, pubblicò un saggio di 35 mila parole a firma di Kaczynski e intitolato “La società industriale e il suo futuro”. “Non facciamoci illusioni circa la possibilità di creare una nuova forma ideale della società”, scriveva Kaczynski. “Il nostro obiettivo è solo quello di distruggere la forma attuale della società”.

 

Molti sulla stampa riconobbero un certo spirito americano nei suoi scritti. Su The Nation, lo scrittore Kirkpatrick Sale definì Unabomber “un uomo razionale le cui credenze sono ragionevoli”. Sale dichiarò che quel manifesto era “assolutamente cruciale per il pubblico americano e dovrebbe essere in prima linea nell’agenda politica della nazione”. Lo scrittore Robert Wright su Time osservò che “c’è un po’ di Unabomber nella maggior parte di noi”. Timothy Luke accostò il nome di Unabomber a quello di H. D. Thoreau, il profeta americano dell’ecologia, il Diogene d’America, scrittore grandissimo e anarchico. E c’è chi paragonò la cabina di legno di Unabomber alla baita di Martin Heidegger.

 

Un saggio sul New Yorker di Cynthia Ozick descrisse Unabomber come “il nostro Raskolnikov”, scomodando l’assassino attraente, spaventoso e visionario di “Delitto e castigo”. Ozick definì Unabomber un “criminale filosofico di eccezionale intelligenza spinto a commettere un omicidio da un idealismo senza compromessi. Il suo sogno era una terra verde e piacevole liberata dalla maledizione della proliferazione tecnologica”. In tanti oggi potrebbero riconoscersi in questa utopia. Ansioso di salvare Kaczynski dall’esecuzione, il fratello David rilasciò una serie di interviste al Washington Post, al New York Times, e a 60 Minutes in cui cercò di ritrarre il terrorista come mentalmente disturbato e patologicamente antisociale fin dall’infanzia. Alston Chase non ha mai creduto a questa versione e in un lungo saggio sul mensile Atlantic ha fatto risalire l’ideologia di Unabomber alla “facoltà di Harvard, divisa tra chi, vista l’esperienza nella Seconda guerra mondiale e i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, vedeva la scienza e la tecnologia come una minaccia per i valori occidentali e la sopravvivenza, e quelli che vedevano la scienza come una liberatrice dalla superstizione”.

 

Scrive Chase che Unabomber era cresciuto con l’idea che “il messaggio positivista riguardava la perfettibilità della scienza e l’inevitabilità del progresso. Si insegnava che la ragione era una forza di liberazione e che tutta la conoscenza non scientifica accumulata del passato, tra cui le grandi religioni e filosofie, era stata nella migliore delle ipotesi espressione di ‘costumi culturali’ e nella peggiore delle ipotesi una sciocchezza; la vita non aveva scopo e la morale giustificazione. Anche se il positivismo predicava il progresso, aveva un risvolto più inquietante: che la ragione assoluta porta alla disperazione assoluta. Questa cultura della disperazione non era, ovviamente, limitata a Harvard e faceva parte di un fenomeno più generalizzato tra gli intellettuali di tutto il mondo occidentale. Ma esisteva a Harvard in una forma particolarmente concentrata”. Kaczynski si immerse nella lettura di Friedrich Nietzsche e Oswald Spengler. Joseph Conrad sarebbe diventato uno dei suoi scrittori preferiti: “L’agente segreto”, una satira su anarchici armati che dichiarano guerra alla scienza, presagisce il manifesto di Kaczynski. “La filosofia di Unabomber ha in molte parti una somiglianza impressionante con il curriculum ‘Gen Ed’ di Harvard”, scrive Chase sull’Atlantic. “Il suo messaggio anti tecnologia e la sua rappresentazione disperata delle forze sinistre che si trovano sotto la superficie della civilizzazione, la sua enfasi sulla alienazione dell’individuo e sulla minaccia che la scienza pone ai valori umani, queste erano le nostre letture”. Come’è evidente nei suoi scritti, Kaczynski ha respinto la complessità e il relativismo che ha trovato nelle discipline umanistiche e delle scienze sociali. Ha abbracciato sia lo stile cognitivo dualistico della matematica sia il messaggio sulla scienza di Gen Ed. E forse più importante, “Kaczynski ha assorbito il messaggio del positivismo, che predicava (come Kaczynski avrebbe poi espresso nel suo diario) che ‘non vi era alcuna giustificazione logica per la morale’”. Una guerra tra scienza e umanesimo ben incarnata da Harry Murray, professore del dipartimento di Relazioni sociali di Harvard, uno dei migliori amici di Lewis Mumford. Temeva per il futuro della civiltà in un’epoca di armi nucleari ma aveva anche una profonda fede nella scienza. La vedeva come una soluzione, contribuendo a trasformare la personalità umana. Kaczynski lavorò a stretto contatto con Murray, partecipando anche ai suoi esperimenti sulla pressione sociale. 

 

Il New York Times ha scritto che a influenzare la visione di Kaczynski fu anche la controcultura che l’allora matematico prodigio respirava a Berkeley proprio nel 1968. Il campus di Berkeley nei primi mesi del 1969, quando Kaczynski lasciò il suo incarico di docente, era fondamentalmente una zona di guerra, con la Guardia nazionale chiamata a riprendere il controllo. Calvin Moore, che è stato vice presidente del dipartimento di Matematica, ha detto che Kaczynski aveva di fronte un futuro a dir poco promettente. Nel 1968, un suo saggio apparve sul Mathematics Magazine. Di lì a poco Kaczynski venne promosso a professore assistente, e nel 1969 pubblicò altri due articoli nelle riviste della American Mathematical Society. Nel giugno del 1967, la guerra del Vietnam si avvicinava al culmine e 43 dei matematici più importanti del paese pubblicarono un annuncio sulla rivista della American Mathematical Society: “Crediamo che la nostra responsabilità vieti di mettere la matematica al servizio di questa guerra crudele”.

 

[**Video_box_2**]Tra gli autori ci sono cinque professori di Matematica presso l’Università del Michigan ad Ann Arbor, tra cui il consigliere di tesi di un brillante laureato, Theodore Kaczynski, appunto. A firmare l’appello anche alcuni dei migliori matematici presso la University of California a Berkeley, che aveva appena assunto Kaczynski per insegnare Matematica. Anni dopo quella visione avrebbe trovato un eco sprezzante nel manifesto di Unabomber: “La scienza marcia alla cieca senza tener conto del vero benessere della razza umana”.

 

Il fratello David ha detto che è l’amore della natura, piuttosto che l’odio per la guerra, ad averlo spinto ad abbandonare la matematica e una carriera folgorante. Secondo molti testimoni, Kaczynski aveva paura che i suoi studenti potessero diventare creatori di bombe atomiche. “Credo davvero che le sue idee siano un prodotto di ciò che si respirava nell’aria”, ha dichiarato Lance W. Small, che era un collega di Kaczynski nel dipartimento di matematica di Berkeley. “E’ il sentimento che la società aveva preso una piega sbagliata. I matematici a Ann Arbor furono arruolati per lavorare su alcuni progetti militari, e forse la metà del dipartimento di matematica di Berkeley accettò il finanziamento militare. Fu allora, infatti, prima ancora che Kaczynski diventasse Unabomber, che numerosi gruppi terroristici anarchici presero di mira alcuni centri di ricerca accademici, come il Willow Run Laboratory dell’Università del Michigan. Il relatore della tesi di Kaczynski, Allen L. Shield, prese posizione a livello nazionale contro i matematici coinvolti nella guerra del Vietnam. Il professor Small, che ha insegnato matematica a Berkeley, ha detto che il dipartimento di 92 membri in cui insegnava anche Kaczynski era “politicamente più attivo di molti altri dipartimenti”. Nell’agosto del 1968, l’elenco dei matematici contrari al Vietnam era salito a 344 nomi, rispetto ai 43 di un anno prima. Un successivo progetto del presidente Lyndon Johnson, noto come “sentinella”, prevedeva intercettori missilistici sormontati da testate termonucleari, che nel 1968 venne avviato vicino a Berkeley presso il Lawrence Livermore National Laboratory, un centro per la ricerca di armi nucleari.

 

Nel 1982 e nel 1985, due ordigni esplosero nella Cory Hall, i dipartimenti di Berkeley di ingegneria elettrica e informatica. Le bombe le aveva confezionate l’ex professor Kaczynski, il primo terrorista contemporaneo che ha cercato di distruggere l’umanità per salvarla. Dopo verranno i brigatisti e gli islamisti. Anche loro, muniti di una forma di primitivismo culturale e in guerra col “sistema”. E con un mondo che appare loro come un problema senz’altra soluzione che la morte.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.