Ayaan Hirsi Ali, rifugiata di origini somale, ex parlamentare olandese riparata negli Stati Uniti. “La libertà di espressione è fondamentale per le aperture del mondo islamico alla ragione”, dice in q

"La Giornata del velo è un suicidio culturale". Parla Hirsi Ali

Giulio Meotti
La prima rifugiata scappata dall'Europa intollerante, oggi parla dall'America. Ottimista sulla riforma dell’islam, vede crescere i pericoli della sharia: “Imparate da Israele”.

Quando Theo van Gogh venne assassinato da un islamista in una strada di Amsterdam, Ayaan Hirsi Ali non potè partecipare neppure al funerale: avrebbe messo a rischio la vita degli altri. Così i servizi segreti olandesi acconsentirono a portarla all’obitorio. Il giorno dopo, le guardie del corpo la accompagnarono a casa e le diedero tre ore per fare i bagagli. Da lì si recò alla base aerea di Valkenburg, vicino l’Aia, dove la aspettava un aereo da ricognizione. Gli oblò erano stati chiusi, le dissero di non avvicinarsi né a quelli, né alle porte. L’aereo era pieno di soldati. Hirsi Ali stava lasciando un paese in guerra. Atterrarono in una base militare nel Maine, negli Stati Uniti. Da lì andò in auto nel Massachusetts. Per alcune settimane si fermò in un motel. In quel posto anonimo nessuno avrebbe potuto riconoscerla.

 

Fu così che iniziò la storia d’amore fra l’America e la prima rifugiata dall’Europa occidentale dai tempi dell’Olocausto. Una storia che dura ancora oggi.

 

Ayaan Hirsi Ali è ancora un’ombra. Inafferrabile, costretta alla clandestinità e condannata a morte. Ma al telefono la sua voce è limpida, tenace, fresca. E’ una giovane donna somala che ha subito la mutilazione genitale, che ha vissuto in Arabia Saudita, Etiopia, Kenya, prima di venire promessa in sposa a un cugino canadese mai visto prima. Allora, ventiduenne, Hirsi Ali fugge dalla Germania in Olanda. Lavora come interprete nei ghetti islamici olandesi, si laurea, diventa parlamentare liberale, aiuta Van Gogh a fare il film “Submission”, e poi scompare. Adesso è a colloquio con il Foglio, gettando semi di ottimismo e pessimismo su quel che accade.

 

Conservatrice in Olanda e liberal in America, Ayaan lavora oggi all’American Enterprise Institute, il pensatoio conservative dove si occupa di medio oriente, islam, diritti umani e terrorismo. In America ha ricevuto le lodi che le mancavano in Olanda: “Principessa della libertà”, “Voltaire musulmana”, “crociata dei diritti delle donne”, “liberatrice islamica” e via dicendo. Anche Oriana Fallaci, alcuni mesi prima di morire, la accolse nella sua casa di New York. “Mi supplicò di fare figli, presto. Alla sua morte provai pietà e vergogna per il modo in cui l’Italia l’aveva fatta vivere e morire. Sola come un cane”. Ayaan ha ricevuto la medaglia Martin Luther King per la lotta contro le disuguaglianze.

 

E’ appena uscito il suo terzo saggio sull’islam, “Eretica”, pubblicato in Italia da Rizzoli. Un libro strano, per una donna il cui nome venne inciso nel petto di Van Gogh sotto forma di minaccia di morte. Perché è un libro ottimista sulla riforma dell’islam. “Il miliardo e seicento milioni di musulmani possono essere divisi fra una minoranza di estremisti, una maggioranza di musulmani osservanti ma pacifici, e pochi dissidenti che rischiano la loro vita”, scrive nel libro. E’ a quella maggioranza che Hirsi Ali si rivolge.

 

Da dove nasce questo suo ottimismo per una riforma del mondo islamico? “E’ una possibilità, non è una certezza”, dice al Foglio. “Ma sono ottimista per due ragioni: la prima è la violenza commessa oggi in nome dell’islam, che sta creando così tanta tensione, e non è soltanto commessa da individui, ma da stati e organizzazioni. La gente ha sempre più paura dell’islam radicale. Sono quindi disposti a una riforma. Una seconda questione è Internet, ci sono molti musulmani scettici e razionali che vogliono apertura e usano soltanto la rete. In Egitto, in Tunisia, ovunque, ci sono grandi masse di giovani musulmani che si identificano come islamici, ma che non vogliono la sharia, la legge islamica. Così come molte donne non vogliono la sharia”.
Il 1° febbraio ci celebrerà il World Hijab Day, la giornata mondiale del velo islamico. Che ne pensa? “Una follia. E’ il multiculturalismo, è l’ideologia che elimina i diritti degli individui a favore dei gruppi, delle comunità. Basta vedere come gli islamisti cercano di sopprimere i diritti delle donne nelle vostre comunità e i multiculturalisti restano in silenzio. E’ un suicidio culturale in cui gli islamisti alla fine assumono il controllo. Ripetono su Colonia: ‘Se le donne non avessero usato il profumo’. E noi accettiamo questo piano inclinato”.

 

Cosa dovrebbe accadere dunque nell’islam per dare il via a una riforma? “Ci sono cinque pilastri per la riforma dell’islam. Si deve prima rispondere a una domanda fondamentale: come si può essere musulmani ed essere a favore della separazione di moschea e stato, della libertà di espressione, della libertà della donna? Deve cambiare l’attitudine verso il Corano e Maometto, perché gli islamisti usano il Corano e i testi alla lettera. Serve una rivolta dentro la casa dell’islam, contro la cultura della morte, rigettando la sharia, rigettando il jihad, l’uccisione dei non musulmani. Soltanto allora il mondo islamico si aprirà”. Per questo Ayaan ha creato la Aha Foundation, chiamata così, con l’acronimo del suo nome e che è impegnata nella lotta contro i delitti d’onore, i matrimoni forzati e la mutilazione genitale femminile.

 

Lei è stata la prima autentica dissidente del mondo islamico. Perché è così importante il dissenso? “I dissidenti dell’islam sono fondamentali, perché siamo noi che poniamo le domande critiche, che portiamo avanti il pensiero critico e incalziamo con la ricerca intellettuale. Porre le domande significa rischiare la vita. E’ stato lo stesso imam Qaradawi a riconoscere il ruolo dei dissidenti quando ha detto che non si può accettare l’apostasia e che questa merita la morte”.

 

Il nome di Ayaan Hirsi Ali figura nella stessa lista di obiettivi da colpire del magazine qaidista Inspire, al fianco del defunto direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier, e di altri vignettisti. “Il mio nome era nella lista di Charlie, non sono sorpresa per quello che è successo un anno fa. Charbonnier e gli altri giornalisti erano degli eroi. Purtroppo, c’è oggi una combinazione di paura e multiculturalismo, il relativismo morale, il senso di colpa per la popolazione islamica, per il colonialismo. Quando iniziai ad andare all’università in Olanda, molti non volevano sentir parlare dell’Olocausto in aula, mi dicevano di non parlare degli ebrei, di Israele. Questo serviva a sopprimere il criticismo della dottrina islamica. Dobbiamo smettere di demonizzare Israele e imparare da esso. Sfortunatamente oggi paesi come l’Arabia Saudita fanno una grande opera di missionariato in Europa, cercano di sopprimere il dissenso. La libertà di espressione è quindi fondamentale per le aperture del mondo islamico alla ragione. A volte però penso che sia troppo tardi. Pensiamo all’Italia, alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, a tutta la grande tensione fra i musulmani e gli europei. In questo quadro sta diventando difficile, sempre più difficile, esercitare quel diritto alla libertà di parola. Sono felice in America, ma anche qui ci sono la Fratellanza musulmana e altre organizzazioni islamiste. C’è tanta attività missionaria. In dieci anni ho visto una radicalizzazione impressionate dei musulmani in America”.

 

Un milione di immigrati sono arrivati in Germania quest’anno e un altro milione è atteso per quello che viene. Hirsi Ali, che fu accolta dall’Europa come rifugiata dalla Somalia, oggi chiede a Bruxelles di fermare l’immigrazione. “Siamo in un punto critico oggi in Europa: l’immigrazione di milioni di persone deve essere fermata prima che sia cessato l’indottrinamento nelle moschee e da parte degli imam. Se non fermiamo il lavaggio del cervello, ci sarà un’altra generazione persa in Europa. I musulmani devono fermare la sharia ora. Io continuo a ripeterlo, ma chi mi sta ascoltando? Qualcuno è interessato davvero a riformare l’islam? l’Europa è davvero interessata? E’ vero che la civiltà occidentale non è in guerra con l’islam, ma l’estremismo islamico usa la teologia islamica per dichiarare guerra a noi, sostenuta da paesi come Arabia Saudita e Qatar”.

 

[**Video_box_2**]Da quando è stato ucciso Van Gogh e lei è fuggita in America, nella sua Olanda nessuno parla più di islam. Giornalisti, vignettisti, intellettuali, hanno tutti chiuso la bocca: “Le persone in Olanda che scrivono e parlano di islam e di questi temi sono stanche. Nei Paesi Bassi, ma anche in Francia, molti ebrei se ne stanno andando. A Los Angeles sono amica di ebrei fuggiti dall’Olanda. C’è un terribile brain drain dall’Europa. Questa guerra non ha a che fare con quello che facciamo, con quello che diciamo. Sono tutti paralizzati in Italia, in Germania, in Francia, ma la leadership politica deve bandire la sharia dall’Europa, la sua propagazione non è accettabile. Perché la sharia è la violazione peggiore della dignità umana. La sharia è contro la civilizzazione e la cultura europea”. Detto da una donna che porta nel suo corpo le conseguenze di questo fiore velenoso.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.