Foto con simpatizzante: Matteo Renzi all’ultima Leopolda, nido del renzismo soprattutto nella categoria intellò

Tutti figli suoi

Marianna Rizzini
Cinquanta sfumature di renzismo, ecco il catalogo minimo (vecchia guardia, ex nemici, in incubazione, in nuce, in potenza).

La Gioia, la Tristezza, il Disgusto, la Paura, la Rabbia: sono le emozioni personificate che escono dalla mente della protagonista del cartoon psicanalitico “Inside Out”, sotto forma di pupazzetto dai capelli verdi o blu, ma, a questo punto dell’anno 2015, con il dramma del Senato in pieno svolgimento (dramma o fiction, a seconda dei punti di vista), Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e Rabbia sono anche gli stati d’animo cangianti che affiorano sui volti dei personaggi appollaiati sul vasto albero renziano (si possono aggiungere la Costernazione, la Titubanza, l’Allegria, la Baldanza, la Ferocia e la Riluttanza). “Renziani, siete diventati tutti renziani”, dicono sconsolati gli antirenziani, che ci si trovi a cena, al bar o in Parlamento, nei giorni in cui le minoranze lasciano tavoli e le maggioranze procedono per la loro strada. Renziani, tutti renziani, dunque, ma c’è renziano e renziano, e innumerevoli sono le gradazioni: l’occhio non finisce di distinguere un renziano doc da un renziano novello da un protorenziano da un renziano in incubazione che già ne spunta un nuovo modello (“50 sfumature di Renzi”, si intitola il prossimo varietà di Pier Francesco Pingitore – vorrà dire qualcosa?). Ma com’è possibile, ci si domanda, che coloro i quali odiavano Renzi più di ogni altro politico (persino di un politico berlusconiano, se di sinistra, e persino di un politico di area Libertà e Giustizia, se berlusconiani), oggi si muovano con disinvoltura nel ruolo di pontieri, e più che altro come ambasciatori di un certo renzismo impuro, ma proprio per questo assai convinto? E com’è possibile che, al contrario, chi poteva restare deluso dal premier ed ex sindaco di Firenze (la vecchia guardia oggi in ombra, gli intellò entusiasti delle prime Leopolde), non dia segni di voler seguire il percorso contrario – dal renzismo all’antirenzismo – e anzi stazioni quieto nella truppa, seppure in ruoli più defilati? Difficile dire che cosa faranno in futuro questi e quelli, i sommersi e i salvati, i ripescati e i contenti, i soldatini di coccio e quelli di ferro dell’esercito che in questi giorni alza la bandiera del Matteo odiato o idolatrato, a seconda dei casi, ma alla fin fine comunque seguìto. Del doman non v’è certezza, ma dell’oggi abbiamo provato a compilare una piccola e arbitraria lista.

 

Categoria ex nemico riprogrammato o auto-riprogrammato. Sono quelli che mai e poi mai avresti pensato di vedere dalla parte di Renzi. Che ci si trovino per convizione o per realpolitik non cambia il risultato: stanno con Renzi. Lavorano per Renzi. Da Renzi sono stati nominati o riconosciuti o riassemblati (della serie: ti trovo dalemiano, ti lascio un po’ lì nell’angoletto buio, ma poi a un certo punto ti recupero. In qualche caso ti rapisco, e tu avrai quasi sicuramente la sindrome di Stoccolma).

 

Anna Finocchiaro. Presidente dei senatori pd e relatrice del ddl sulle riforme costituzionali, un tempo citava nei discorsi come niente fosse Temistocle e Aristide, si appassionava per le sorti del Senato pencolante d’epoca prodiana (il passato che ritorna?), diceva “cretino” alla maniera roca e sublime di Marlene Dietrich, sognava capi indiani a cavallo e ammirava Ségolène Royal. Oggi è mistero puro di metamorfosi: già pilastro della campagna anti-Renzi agli albori della scalata dell’allora sindaco di Firenze, poi dal Rottamatore rottamata, Finocchiaro è stata infatti non soltanto protagonista di riabilitazione, ma in qualche modo persino di inspiegabile riassemblamento in versione Lady Antrace che sbarra la strada agli emendamenti di minoranza (avrebbe usato forse anche le armi chimiche contro i “no” alla riforma del Senato). La si vede nelle immagini dei telegiornali con gli stessi occhiali e lo stesso rossetto di quando Renzi definiva il suo nome “improponibile” per il Colle (“attacco miserabile”, rispondeva lei), ma la si è udita dire la frase che per la minoranza pd è come l’aglio per il vampiro: “L’articolo 2 non si tocca senza accordo politico”.

 

Matteo Orfini. Anche detto “l’altro Matteo”, come si usa per Salvini, ma in tutt’altro contesto. Orfini, deputato pd di nobili ascendenze politiche (Massimo D’Alema è il suo maestro), archeologo mancato e presidente del Pd in quota “ex detrattore di Renzi dotato di fiuto e buonsenso”, è attualmente commissario del Pd nella Roma di Mafia Capitale, come dire la longa manus di Renzi nella città stralunata di Ignazio Marino – però a modo suo. Perfetto ircocervo, Orfini riesce infatti nell’opera di agire senza complessi per conto di Renzi, pur restando nei modi, nei toni, nelle citazioni, nelle predilezioni culturali e spesso nei tweet lo storico enfant prodige del dalemismo (“parla come D’Alema, pensa come D’Alema”, si diceva quando passava dalla sezione Mazzini alla Fondazione ItalianiEuropei. Oggi chissà).

 

Mauro Moretti & Franco Bassanini. Uno è l’ex capo (dalemiano) delle Ferrovie, contestatore dell’azione (renziana) sui tetti agli stipendi dei manager, ma pur sempre assurto per mano (renziana) in cima alla piramide di Finmeccanica. L’altro è l’ex vertice della Cassa Depositi e Prestiti che, nel giorno delle dimissioni per così dire ispirate da Renzi, è diventato contestualmente consulente di Renzi per la banda larga. Promoveatur ut amoveatur? Non proprio: la massima giusta, piuttosto, è “nel renzismo non si butta via niente”.

 

Paola De Micheli. Ex pasionaria lettiana dei tempi bersaniani, deputato alla seconda legislatura, nel 2012-2013 veniva invitata in tv non certo per parlar bene del Renzi sconfitto alle primarie. Ma un anno è un secolo, politicamente parlando, e nel 2014 De Micheli non solo non veniva più invitata in tv per parlar male di Renzi (anzi), ma dal premier veniva nominata (o anche lei riassemblata?) sottosegretario all’Economia.

 

Alessandra Moretti (categoria ex nemico in Purgatorio). Poteva andare come sopra (come a Paola De Micheli, cioè). E per un certo periodo è stato così: Ale Moretti, speranza politica vicentina che da bersaniana sfegatata si fa renziana (prima cauta, poi caterpillar). Segue campagna vittoriosa da europarlamentare nei giorni del trionfo del premier (europee 2014), e segue però pure il triplo salto mortale: campagna non vittoriosa in Veneto, dove Moretti, nel Nordest ancora abbastanza leghista (quando non grillino), sconta probabilmente questo, quello e quell’altro ancora: l’esser stata bersaniana, l’essere renziana, l’aver lasciato il Parlamento italiano per quello europeo. Il Paradiso può attendere.

 

Categoria “renziano in incubazione”. Sono quelli che vorrebbero, ma non possono (per i motivi più diversi). Che dicono, ma anche no. Che se chiudi gli occhi te li vedi, quasi quasi, nelle file del Pd prossimo venturo.

 

Beatrice Lorenzin, renziana in potenza. Ministro della Sanità di ascendenze berlusconiane doc, poi Ncd. Si doveva già capire tutto quando girava per il litorale laziale in macchina, infaticabile, outsider verace nella Forza Italia ancora molto “azienda”, a raccattare voti sul piano locale. Masticava gomma americana, portava la coda di cavallo, si faceva notare come politica non di apparato (e per un po’ è stata in ombra, apparentemente sconfitta, come Renzi dopo le primarie 2012). Che sia perché fa parte del governo o perché la metamorfosi si è davvero compiuta nel suo convincimento politico, quando va in tv pare addirittura più allineata di Maria Elena Boschi. Poi uno si ricorda che non è del Pd (ma se non ora, quando?).

 

Angelino Alfano, renziano in nuce. Ministro dell’Interno di ascendenza berlusconiane doc, poi Ncd come la collega Lorenzin. Era l’uomo del quid-non quid ai tempi di B. E’ stato l’uomo del quid-non quid ai tempi di Letta Enrico, con cui fu protagonista delle giornate di – apparente? – sconfitta dei padri. “Arrivano i quarantenni”, si disse. Ma sarà proprio un altro quarantenne a infrangere il sogno di gloria. Tuttavia, Alfano resta uomo del quid-non quid ai tempi di Renzi. All’orizzonte potrebbe esserci una corsa per la Regione Sicilia. Ma come e in quale formazione? La sliding door è lì davanti, chissà.

 

Grillino anonimo depresso. Il grillino anonimo depresso, quello a rischio renzismo di riporto con travaso nei ranghi del Pd, oggi non è più il tipico Cinque stelle pentito e spaventato dalle elucubrazioni fantascientifico-coreane (Corea del Nord) dei Grillo&Casaleggio versione 2013: anzi, è proprio tra i Cinque stelle ortodossi che potrebbe prodursi il rifiuto verso l’Uno-che vale-più degli altri, ovvero Luigi Di Maio, incoronato di fatto futuro candidato premier di M5s (possibile ragionamento inconfessabile: se dev’essere personalismo, tanto vale buttarsi con Renzi).

 

Giornalista Rai anonimo post-berlingueriano (nel senso di Bianca Berlinguer). Si segnalano flebili renzismi in incubazione nei talk-show (come esempio, i testimoni oculari indicano Giovanna Botteri, in alcuni collegamenti notturni da New York, e però ci sono voci discordanti, ché Botteri, a molti, pare ancora e soprattutto un’obamiana). Riuscirà Bianca Berlinguer, direttore Tg3, a vestire preventivamente i panni di “Maleficent”, la regina della Bella addormentata, rivisitata dalla Walt Disney in chiave “vendicatrice degli usurpatori” (nel suo caso: della linea della Rai pre-renziana)?

 

Categoria para-renziano amletico: quelli che in cuor loro pensano: “Ah se solo Renzi fosse diverso da Renzi”, e cioè uno sterminatore finale del berlusconismo come categoria dello spirito.

 

Ezio Mauro, direttore di Repubblica: non è renziano, ma neanche anti-renziano, a differenza del Fondatore Eugenio Scalfari. Testimoni oculari riportano un certo suo Sturm-und-drang.

 

Categoria “intellò”. Quelli che a vario titolo forniscono o hanno fornito materiale pre-post-neo Leopolda

 

Intellò in stand-by. Alessandro Baricco, lo scrittore, ci aveva creduto fin dalle prime Leopolde, ma anche a monte delle Leopolde si poteva capire che la sua sarebbe diventata voce principe di narrazione renziana: bastava guardare le maniche della sua camicia (è lui che ha ispirato Renzi o viceversa?). Oggi Baricco resta nelle retrovie, ma non significa che abbia abbandonato il campo.

 

Intellò guardiano di non-ortodossia, genere Giuliano Da Empoli o Luca Sofri. Con Renzi, ma soprattutto per originario apprezzamento del metodo: disintermediazione, rottamazione, partito liquido.

 

Categoria comunista immaginario (dunque ora perché non renziano?). Ex vendoliani, ex bertinottiani, ex ragazzi del G8 (Genova 2001) passati per la famosa “traversata nel deserto delle sinistre che restarono fuori dal Parlamento alle elezioni del 2008. Ex comunisti per nostalgia, suggestione, formazione, ma non di fatto.

 

Gennaro Migliore e Sergio Boccadutri. Deputati ex Sel, ora nel Pd. “Da Sel alla Leopolda non è un salto enorme”, aveva detto Migliore un anno fa, quando ha preso la tessera del Partito democratico. Voleva “ricominciare da Napoli” dopo gli anni da non parlamentare. E a Napoli era stato mandato (da Renzi) durante la fase pre-regionali in Campania, con le primarie della discordia all’orizzonte (in funzione anti-De Luca e anti-Cozzolino). Poi però i due avevano fatto muro, e a Migliore qualcuno aveva fatto capire (sempre Renzi) che ritirarsi era meglio. Il giovane Boccadutri, invece, esperto nel settore “tesoreria dei partiti”, è attualmente il più odiato dall’attivista collettivo on-line a cinque stelle, per via della legge che sblocca l’erogazione della tranche del finanziamento pubblico che i partiti avrebbero dovuto incassare prima della pausa estiva e che era rimasta congelata. Sono giorni che Boccadutri viene insultato sul web dalle orde indignate che gridano “partiti ladri”, e giorni che pazientemente, secondo la scuola di aplomb bertinottiano, risponde con il seguente mantra: “La legge semplicemente sana una situazione oggettiva e relativa soltanto a quest’anno di fronte alla quale si è trovata la Commissione di garanzia per la trasparenza”.

 

Categoria proto-renziani. Quelli che erano renziani prima di Renzi, e oggi sono renziani oltre Renzi.

 

Roberto Giachetti. Vicepresidente della Camera pd, radicale storico, ex verde, ex rutelliano, garantista e anti-giustizialista per indole e formazione. Qualcuno, nell’inner circle governativo, l’ha sognato al Comune di Roma al posto di Marino. Qualcuno, nell’inner circle governativo, non gradisce il suo garantismo puro e il suo impegno per i cosiddetti “diritti”. Prima che Renzi percorresse l’Italia in camper, Giachetti la percorreva a bordo di un Ducato. Alla camicia bianca modello-premier preferisce il maglione rigato. All’occorrenza fa scioperi della fame (nel 2013 quello per l’abolizione del Porcellum), all’occorrenza parla di legalizzazione della cannabis (se davvero un giorno gli Ncd renziani in incubazione diventassero renziani veri, Giachetti sarebbe il loro naturale nemico interno). Alla minoranza pd un giorno ha detto: prego, potete anche uscire dal partito.

 

Categoria esperimento dall’esito insondabile. Quelli che, per quanto si pensi siano diventati renziani, in qualche modo restano altro.

 

Pina Picierno, giovane eurodeputata pd, già demitiana di ferro in Campania, oltranzista del talk-show. E’ stata mandata a difendere il governo ovunque e contro chiunque, eppure non pare mai organica all’ambiente Leopolda. Su alcuni temi (legalità&Sud) a volte assume toni da capofila degli indignati.

 

[**Video_box_2**]Matteo Orfini bis: a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, Orfini è perfetto nella suddetta categoria dell’ex nemico auto-riprogrammato di cui sopra. A voler vedere il bicchiere mezzo vuoto, però, chi può sapere se, quando e dove il suo intrinseco dalemismo rispunterà?

 

Categoria prodiani convertiti. Sono stati fedelissimi del Prof. Ma nulla è per sempre: se oggi Romano Prodi critica Renzi, loro quasi certamente non saranno d’accordo con lui.

 

Esempio: Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei.

 

Categoria irriducibili. Sono i renziani da cerchio magico

 

Esempi: Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, Luca Lotti. Non cedono, non demordono, non arretrano, non cambiano idea, non si fanno mai vedere pessimisti. Difficile intravedere crepe nella loro perfetta adesione&condivisione alla linea governativa (e al non-galateo politico della Leopolda prima maniera). La domanda è: da irriducibili, diventeranno un giorno irriducibili delusi, come sempre accade ai seguaci della prima ora, in qualsiasi esercito e in qualsiasi credo?

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.