Festa dell'innovazione

"Così Netflix ha cambiato la libertà degli spettatori". Parla Eleonora Tinny Andreatta

La vicepresidente dei contenuti italiani della piattaforma: "Oggi scegliere cosa vedere, quando e dove si vuole, è diventato normale. Nonostante qualche mito da sfatare: le storie non sono mai scelte dall'algoritmo"

Ci sarà sempre un prima e un dopo Netflix. “E già quando sbarcava sul mercato, un decennio fa, c’era immediata consapevolezza di questo”, dice Eleonora Tinny Andreatta dal palco della Festa dell’Innovazione a Venezia. “Da quel momento in poi è cambiato il modello di fruizione dei contenuti. C’è stata una rivoluzione. Per la prima volta una grande società ha comprato un film italiano, sviluppando in seguito la prima serie originale – in entrambi i casi “Suburra”. E poi abbiamo visto un titolo europeo come “La casa di carta” che sconquassava le rotte di navigazione dei prodotti: non più proposti dall’America, ma dal nostro continente al mondo intero”.

Qual è il primo risultato di questa transizione? “La libertà degli spettatori”, continua la vicepresidente dei contenuti italiani della piattaforma, intervistata da Michele Masneri. “Oggi vedere cosa si vuole, scegliendo quando e dove farlo, è normale. Così Netflix ha democratizzato l’accesso. E alcune grandi serie, penso a “Stranger Things” sono diventate elementi di vita personale e parte della cultura popolare”. Non è facile scegliere una nuova storia, nel mare magnum dello streaming. “Dentro Netflix esiste un gruppo di qualificato di persone proprio per questo: il primo passo è il rapporto con gli autori e le produzioni indipendenti. Riceviamo tantissimi progetti, li leggiamo, li valutiamo e quando si accende una scintilla decidiamo di passare alla fase di sviluppo. Questa è la versione più passiva del nostro accogliere le storie – che comunque cerchiamo assiduamente: studiamo cinema, teatro, libri, altre serie di aziende competitor. Però spesso le idee migliori nascono dal rapporto con il talento”. Dalle conversazioni fuori programma. “Spesso uno sceneggiatore arriva con un’idea, poi chiacchierando ne emergono altre con una visione particolare. Cioè lo spunto chiave per lavorare su un progetto comune”.

Highlights della piattaforma? “Questo è stato l’anno del “Gattopardo”: far rivivere uno dei grandi romanzi italiani era una bella scommessa. E rispetto al film la serie ha un’ampiezza che permette di raccontare altri punti di vista. Altrimenti dico “Adolescence”: un vero spartiacque per unicità e modalità del formato”. Infine qualche luogo comune da sfatare. “Gli algoritmi”, sorride Andreatta. “Per noi sarebbe molto conveniente se le storie nascessero in questo modo, ma non è così. C’è l’errore umano, abbiamo insuccessi, talvolta perdiamo contro la concorrenza. Poi si dice che Netflix non condivida i dati, che sia un luogo segreto: un mito facilmente smentibile sia per quanto riguarda il rapporto con i produttori sia rispetto al pubblico”. E poi? “Ci davano degli innovatori, e ora dicono che non rischiamo più. Cosa che invece è sempre necessario fare: il pubblico non aspetta. È imprevedibile. L’innovazione non nasce dal nulla, ma da parte nostra c’è un sofisticato e leggero gioco progettuale tra conoscenze narrative sfida alle strutture classiche”. Fino al prossimo tormentone on demand.

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