l'intervista
“Toti non molla”. Lupi ci racconta l'incontro col governatore sotto sequestro
Il leader di Noi moderati ha incontrato il presidente della Regione Liguria, ai domiciliari dal 7 maggio. "Con la decisione di non dimettersi, Toti ha fatto esplodere con grande coraggio tutte le contraddizioni che avvolgono la sua vicenda. Questo è suo il gesto politico vero", dice Lupi
“Con la decisione di non dimettersi, Toti ha fatto esplodere con grande coraggio tutte le contraddizioni che avvolgono la sua vicenda. Questo è suo il gesto politico vero. Si è difeso nel merito dalle accuse, presentando memorie e rispondendo puntualmente all’interrogatorio. I magistrati hanno sentito tutti i testimoni e hanno svolto tutti gli accertamenti. Quali sono le ulteriori esigenze alla base degli arresti domiciliari? Non lo comprendo. La battaglia di Giovanni è la battaglia di tutti”. Lo afferma, intervistato dal Foglio, Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, all’indomani dell’incontro avuto lunedì con Giovanni Toti, il governatore ligure che si trova ai domiciliari dal 7 maggio scorso. L’incontro, autorizzato dalla gip di Genova Paola Faggioni, è avvenuto nella casa di Toti ad Ameglia ed è durato circa due ore.
“L’ho trovato sereno, deciso, chiaro nel giudizio, anche molto orgoglioso delle cose che ha fatto e del lavoro che deve ancora fare per la regione Liguria”, riferisce Lupi. “Da una parte ciò che più gli dà fastidio è l’idea che possa essere oscurato il buon governo svolto per otto anni per la Liguria. Dall’altra, Giovanni è cosciente che ci sono alcuni temi che vanno oltre il suo caso specifico, e che riguardano tutti: il finanziamento dei partiti, il ruolo dell’esecutivo, il rapporto tra i legittimi diritti di indagine e il ruolo elettivo e istituzionale rivestito da un organo costituzionale quale la Regione”.
La situazione è assolutamente inedita. Come si è sentito a incontrare un governatore messo “sotto sequestro” dalla magistratura? “Incontrare ai domiciliari un presidente di Regione, tra l’altro eletto a grandissima maggioranza dai cittadini liguri, mi ha fatto un certo effetto”, risponde Lupi. “Quella nei confronti di Toti mi sembra un’ingiustizia assoluta”, afferma il leader di Noi moderati. “Ciò che caratterizza l’attività del presidente di Regione è la massima trasparenza negli atti. Sarebbe bastato inviare un avviso di garanzia. Poi sarebbe comunque emerso un dibattito politico sui fatti al centro dell’inchiesta, senza però che fosse viziato dall’impedimento dell’esercizio della funzione da parte proprio del governatore”.
La gip Faggioni inizialmente aveva motivato l’esigenza dei domiciliari per Toti facendo riferimento al rischio di reiterazione del reato di corruzione durante la campagna elettorale per le europee. Passato l’appuntamento elettorale, però, la stessa giudice ha respinto l’istanza di revoca della misura cautelare affermando che Toti potrebbe reiterare le condotte contestategli in vista delle elezioni regionali del 2025 (come se la carica di governatore implicasse di per sé il rischio di commettere il reato di corruzione). “Mi sembra una motivazione piuttosto singolare – dice Lupi – anche perché Toti non è candidabile per un terzo mandato. Anche se lo fosse, dovrebbe restare ai domiciliari fino al 2025?”. Insomma, il leader di Noi moderati nota diverse “contraddizioni” nella vicenda giudiziaria. “Il tema comunque – precisa – non è lo scontro con la magistratura, ma trovare un punto di equilibrio. Ricordo che ci troviamo sempre nella fase delle indagini e deve sempre prevalere il principio di presunzione di innocenza. Mi aspetto che il tribunale del Riesame trovi il giusto equilibrio tra le esigenze delle indagini e l’interesse per il funzionamento della Regione”.
Il grande elefante nella stanza resta il finanziamento privato ai partiti. “Dal caso Toti emerge come atti legittimi possano rischiare di sembrare illegittimi. Mettiamo caso che un politico, prima di essere eletto sindaco, in campagna elettorale incontri 100 imprenditori, chiedendo di essere finanziato. Cinquanta di questi decidono di aiutarlo, finanziandolo in maniera legittima e trasparente, gli altri cinquanta no. Una volta eletto, uno dei 50 che non ha finanziato ha un problema, per esempio dovuto alla burocrazia, e lo fa presente al sindaco. Se il sindaco interviene e risolve il problema la sua azione è considerata legittima e anche opportuna. Se la stessa richiesta però la facesse un imprenditore che lo ha finanziato sarebbe considerata corruzione. E’ un paradosso. Per questo abbiamo deciso come partito di Noi moderati di presentare una proposta di legge sul finanziamento ai partiti”, conclude Lupi.