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La storia

Lo sbirro Del Greco ci racconta la sua informativa profetica su Messina Denaro inviata nel 2012 (ignorata) 

Massimo Lugli

"Un informatore che reputavo affidabile mi disse che era ancora nel suo paese, che si muoveva liberamente grazie a una rete di contatti e coperture in zona e che disponeva di grossi capitali. La fonte elencò una serie di particolari che, adesso, sono stati confermati". Ma quella relazione di servizio non fu mai presa in considerezione 

Potevano arrestarlo prima: almeno 11 anni fa. Ma una dettagliata informativa sui movimenti e le attività economiche di Matteo Messina Denaro è finita in fondo a un cassetto o in un cestino della carta straccia. Una relazione di servizio “top secret” inviata da un funzionario di punta della Polizia di stato del 7 febbraio 2012 che, per chissà quale motivo, è stata totalmente ignorata. Ecco la storia, raccontata in prima persona da Antonio Del Greco, oggi dirigente generale della Ps in pensione e direttore operativo di Italpol. Del Greco è un nome noto ai lettori della cronaca nera, uno sbirro da prima linea con un curriculum smagliante: squadra mobile a Milano e a Roma, incarichi operativi sempre più qualificati, indagini su ben 114 omicidi con una percentuale del 90 per cento di casi risolti. E’ l’uomo che ha arrestato Johnny Lo Zingaro, che ha catturato i ricercati per la clamorosa evasione da Rebibbia in elicottero, che ha fatto confessare il Canaro della Magliana, che ha indagato sul delitto di via Poma e che, di recente, ha fatto riaprire il caso con la nuova pista che porta all’avvocato Francesco Caracciolo.

Nel 92 fu inglobato nella Dia, appena nata e si occupò delle rivelazioni di Gaspare Mutolo, il pentito interrogato da Falcone e Borsellino. Insomma, uno che di mafia e criminalità organizzata se ne intende parecchio. Eppure, a quanto sembra, nessuno, 11 anni orsono, sembrava disposto a dargli retta. “Per prima cosa voglio precisare che sono felicissimo dell’arresto del superlatitante e mi congratulo di cuore con i Carabinieri”, esordisce con encomiabile fair play. “Quello che mi dispiace è che, forse, si sarebbe potuti arrivare a questo bellissimo risultato parecchio tempo fa e, magari, le rete di complicità e investimenti di Matteo Messina Denaro poteva essere smantellata”. Può raccontarci come andò? “In quel periodo ero dirigente generale, a capo della V zona di frontiera, un incarico non investigativo, ma avevo mantenuto i contatti con fonti e informatori conosciuti in 40 anni di polizia. Una mattina mi chiamò una persona con cui avevo lavorato in precedenza, che viveva a Castelvetrano e che era stato amico d’infanzia del boss. Un informatore che reputavo affidabile”.

 

Cosa le disse? “Sostanzialmente che il ricercato era ancora nel suo paese, che si muoveva liberamente grazie a una rete di contatti e coperture in zona e che disponeva di grossi capitali. La fonte elencò una serie di particolari che, adesso, sono stati confermati: MMD era miope, frequentava la casa di sua madre, aveva un’amante e una figlia nata durante la latitanza e gestiva gli investimenti di molti mammasantissima detenuti come Riina, Provenzano e i fratelli Lo Piccolo. Disse anche che non somigliava all’identikit diffuso sui giornali e su questo dettaglio, a quanto pare, aveva torto, ma per il resto erano notizie nuove e sicuramente interessanti dal punto di vista investigativo”. Leggiamo un passo dell’informativa: “Durante i periodi critici egli si sposterebbe a bordo di potenti motoscafi sulla vicina costa tunisina dove pare sia ben protetto… potrebbe utilizzare schede telefoniche intestate a… (seguono una serie di nomi n.d.r.) e, in chiusura, un particolare che sfiora il grottesco: “La fonte ha inoltre evidenziato che il menzionato latitante ha numerosi interessi legati a proprietà turistico alberghiere del Trapanese alcune delle quali ospiterebbero a loro insaputa agenti e funzionari di Ps impegnati proprio nella ricerca di Matteo Messina Denaro (tale circostanza renderebbe pertanto vana l’attività investigativa in corso)”. In altre parole gli investigatori a caccia del boss erano suoi “ospiti” senza saperlo e, di conseguenza, controllati in ogni loro spostamento. 

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