(foto Ansa)

Tra virgolette

Quando Ghedini demolì Mani pulite, in punta di diritto: “No, non fu vera gloria”

L'intervento del penalista, a lungo avvocato del Cav., in occasione del convegno della Fondazione Liberal sugli effetti di Tangentopoli

È morto mercoledì 17 agosto, a Milano dove era ricoverato, l’avvocato Niccolò Ghedini. Padovano, era nato nel 1959; penalista e professionista stimato, a lungo avvocato personale di Silvio Berlusconi e in più legislature senatore e deputato di Forza Italia, particolarmente impegnato nei settori della giustizia. Cortese, pacato ma di oratoria tagliente, Ghedini è stato spesso protagonista di dibattiti e interventi sul tema delle distorsioni politiche della giustizia in Italia. Questa mattina Radio radicale ha riproposto un suo intervento a un convegno della Fondazione Liberal del 23 febbraio 2002, intitolato “Mani Pulite, fu vera gloria?”. Ne riproponiamo alcuni stralci, che meglio di altre parole spiegano il suo stile professionale e il suo impegno per il garantismo. 


“Sono lievemente febbricitante, ma non così tanto da poter rispondere in maniera affermativa alla domanda posta dal titolo di questo convegno. Questo ricordo che stiamo portando a un periodo che va dal 1992 al 2002 è un ricordo che in realtà è velato dalle continue problematiche politiche e processuali, che hanno impedito di analizzare punto per punto quale sia stato l’atteggiamento di certa magistratura in questo paese”. “Io ho il massimo rispetto nei confronti dell’istituzione magistratura, e ci mancherebbe che non fosse così. Ma il rispetto è qualcosa che va conquistato giorno per giorno, non è un atto dovuto nei confronti della magistratura. Io questo rispetto che ho nei confronti di moltissimi magistrati, non l’ho affatto nei confronti di coloro che hanno fatto strame delle norme di diritto e delle norme di procedura in questi anni”. “Io non posso dimenticarmi di quella che è stata l’applicazione della custodia cautelare, non posso dimenticarmi le scene delle manette tintinnanti, non posso dimenticare che c’è voluta una sentenza della Corte costituzionale che ha dovuto intervenire sull’articolo 309 affermando che il ‘giudicato cautelare’ è una felice invenzione di certa magistratura. Ce lo dobbiamo ricordare, perché altrimenti altro che vizio della memoria, qui abbiamo il vizio di dimenticare quelle che sono state le vicende processuali che sono state piegate a dei fini politici. E allora io non ho un rispetto e non ritengo affatto che sia stata gloria, né vera né falsa, nei confronti di coloro che hanno applicato delle regole per fini di natura squisitamente politica”.

 

L’onorevole Fini, politico lucidissimo, ha affermato nei giorni scorsi che la corruzione c’è stata. E ci mancherebbe che lo negassimo. Io come avvocato so perfettamente che il fenomeno della corruzione è presente nel nostro paese. Ma era presente anche prima del 1992. Poi una classe di magistrati ha iniziato a indagare, e ha indagato, tranne poche eccezioni, in una direzione sola, cioè nella direzione politica che interessava in quel momento. E quindi si è applicata con fini politici la norma di diritto”. “Io non posso dimenticare i proclami di questi anni;  non posso dimenticare quale è stato l’atteggiamento nei confronti del ministro Mancuso, perché è stata una delle pagine peggiori della nostra storia; è stata una cosa scandalosa”. “Vogliamo dimenticare i proclami, vogliamo dimenticare l’avviso napoletano, finito poi in una assoluzione piena in corte di Cassazione? Vogliamo non leggere quello che ha detto al Corriere nei giorni scorsi Italo Ghitti, in un passaggio non sottolineato da nessuno, sul famoso bigliettino spedito a Di Pietro? Che è una cosa straordinaria: perché, quando Di Pietro gli mandò una richiesta di custodia cautelare, Ghitti gli scrisse un bigliettino dicendo ‘caro, caro Toni, ti prego adegua l’imputazione, perché questa non mi piace e soprattutto così io non posso metterlo in galera, se non cambi imputazione’. E gli manda un bigliettino anonimo, non inserito nelle carte processuali, che poi viene per caso ritrovato. In uno stato di diritto, una cosa di questo genere avrebbe portato a una gravissima sanzione disciplinare. Invece cosa hanno fatto con Ghitti? Lo hanno mandato al Csm. Questo è stato il nostro paese in questi dieci anni, e il dottor Ghitti in quella intervista ha detto in modo solare: ‘beh, ma il 4 gennaio iniziava il processo Cusani, vi rendete conto di quale sarebbe stato il riflesso mediatico sul processo Cusani se io avessi formalizzato la mia richiesta a Di Pietro?’. E se questo non è un uso strumentale della giustizia, non mi viene in mente altro”.

“Vogliamo dimenticare che dopo ‘resistere resistere resistere’ ci sono stati gli attacchi al ministro Scajola, accusato ingiustamente di comportamenti antigiuridici? Voglio dimenticare gli attacchi al ministro Castelli, sbeffeggiato perché non sarebbe un tecnico? Vogliamo dimenticare tutte le esternazioni di questi anni? Io non credo che possiamo dimenticare. Questi girotondi che si stanno facendo, sono il segno che non c’è rassegnazione da parte di alcuni magistrati che non meritano affatto né fiducia né rispetto. E non fu affatto né gloria, né vera. Grazie a tutti”.

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