“Cartabia non ceda all'Anm. La magistratura è una casta”. Parla l'ex ministro Castelli

Ermes Antonucci

Intervista all’ex Guardasigilli del secondo e terzo governo Berlusconi: “Detengo il record di scioperi dell’Associazione nazionale magistrati. In nessuna democrazia occidentale esiste un sistema, come quello italiano, in cui la magistratura è completamente autoreferenziale”. La ministra Cartabia? “Non si faccia intimorire”

La magistratura è una casta intoccabile. Si oppone a qualsiasi cambiamento, anche minimo. La minaccia dello sciopero avanzata dall’Anm quindi non mi sorprende. In nessuna democrazia occidentale esiste un sistema, come quello italiano, in cui la magistratura è completamente autoreferenziale”. Roberto Castelli è stato ministro della Giustizia dal 2001 al 2006, durante il secondo e terzo governo Berlusconi. Nessuno come lui può raccontare cosa significhi tentare di riformare la giustizia toccando gli interessi delle correnti che animano l’Associazione nazionale magistrati: durante l’iter di riforma dell’ordinamento giudiziario, approvata nel 2005 dalla maggioranza di centrodestra, il sindacato delle toghe arrivò a scioperare addirittura quattro volte.

  

Detengo il record degli scioperi della magistratura”, ammette Castelli al Foglio con ironia. Al governo oggi non c’è più Berlusconi, eppure è bastato che la Guardasigilli Marta Cartabia elaborasse una – neanche così radicale – riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario per indurre l’Anm a minacciare lo sciopero in modo preventivo (il testo di riforma non è ancora stato approvato). Nei giorni scorsi, il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha affermato che le toghe sono pronte allo sciopero se la riforma Cartabia non sarà cambiata. A stretto giro, tutte le correnti della magistratura, da quelle più conservatrici a quelle più progressiste (Magistratura indipendente, Autonomia e Indipendenza, Unicost e Area), hanno chiesto che l’Anm si mobiliti immediatamente con proteste e scioperi.

 

Insomma, dimenticato lo scandalo Palamara, le correnti sono tornate alla ribalta, tanto da minacciare il governo qualora dovesse toccare il sistema giudiziario: “Quando noi denunciavamo questo stato di cose, che poi Palamara ha chiaramente illustrato nel suo libro – dichiara Castelli – siamo stati criminalizzati nel modo più assoluto. Eravamo i sobillatori, gli eversivi, quelli che volevano piegare la giustizia alle finalità politiche per scopi ignobili. La cosa più assurda è che dopo quanto emerso dallo scandalo Palamara nessuno ha mosso un dito, incluso il capo dello Stato, che, lo ricordo, è anche capo del Csm”. Mattarella avrebbe dovuto sciogliere l’attuale Csm? “Quantomeno avrebbe dovuto agire secondo i suoi poteri, magari inviando un messaggio alle Camere e invitandole a riformare tempestivamente il sistema. Invece non è successo nulla, è passata la tempesta e ora le correnti si sentono intangibili”, risponde l’ex ministro.

 

“Non capisco cosa debba ancora succedere per dimostrare all’opinione pubblica che la vera grande casta di questo paese è rappresentata dai magistrati – ribadisce Castelli – Loro hanno potere di vita e di morte sui cittadini italiani e non rispondono a nessuno. Sta a ogni singolo magistrato utilizzare questo infinito potere per fini nobili, come fa la stragrande maggioranza dei giudici, oppure per fini politici, come fanno altri giudici, che peraltro lo dichiarano apertamente (basta leggere gli scritti di Magistratura democratica)”.

 

Insomma, i magistrati non tollerano alcuna ingerenza. “Le faccio un esempio – dice Castelli – E’ noto il problema dell’arretrato che si accumula nel processo sia civile che penale. Ai miei tempi ebbi un’idea, mutuandola dalla riforma ospedaliera. Negli ospedali da tempo c’è un manager che si occupa delle questioni pratiche, di far funzionare l’ospedale, poi i medici si occupano di curare le persone. Così nella mia riforma dell’ordinamento giudiziario proposi di inserire una figura simile, e quindi un manager che si occupasse del funzionamento amministrativo dell’ufficio, lasciando i magistrati liberi di dedicarsi serenamente al funzionamento della giurisdizione. Apriti cielo! Per le correnti volevo condizionare l’attività dei magistrati”.

 

Se la sente di dare un consiglio a Cartabia per gestire le tensioni con la magistratura associata? “Più che un consiglio, le faccio un augurio: di non lasciarsi intimorire. Anche se ritengo che la sua sia una riforma soltanto parziale. Per fare una vera riforma bisognerebbe toccare la Costituzione”.