Nicola Gratteri (Ansa)

La riforma delle riforme zittirà la chiacchiera dei magistrati ciarlieri

Giuliano Ferrara

Abituati a fare strame della legge, a farsi protagonisti del discorso pubblico nazionale, partito dei narcisi. Si dice ora che devono stare zitti, la parola passa alla difesa, finalmente. Forse

Sarebbe la scoperta dell’acqua calda. Pare che adesso si siano decisi, ma lo scetticismo è di rigore, a togliere ai magistrati ciarlieri il diritto di parola, insomma a imporre loro il dovere di riserbo della funzione per via disciplinare. Non ci credo, ma mi adeguo. Esulto, anzi. Il primo magistrato della Repubblica è il suo presidente, che guida i togati, è capo delle Forze armate, sceglie un terzo della Suprema corte, scioglie le Camere, indica il presidente del Consiglio dei ministri eccetera. Infatti è eletto dal Parlamento per delega politica dei cittadini, e in quanto primo magistrato è il custode della Costituzione.

 

Se al capo dello stato, con quei poteri e con quella legittimazione, è riconosciuto un diritto vago e tenue di esternazione, da quasi mezzo secolo siamo assordati dalla chiacchiera togata di chi non ha alcuno di quei poteri, nessuna legittimazione se non quella decisiva di applicare la legge, essere bocca della legge dopo l’assunzione nel ruolo in virtù di un concorso pubblico. Oggi il prefatore benevolo (Nicola Gratteri) di un libello complottista di serie B, uno dei cui autori non è estraneo a bassi pregiudizi antisemiti, mentre l’altro (un togato) incita le piazze dei No vax, si candida a capeggiare la procura più importante d’Italia, Milano, e giudica e manda sugli atti del Parlamento in materia di riforma. Oggi i magistrati fanno tutto a mezzo stampa e tv, tutto quello che riguarda l’uso del loro potere legale: decidono della libertà personale, della vita e della proprietà dei cittadini, con l’accompagnamento verbale delle loro opinioni, e lo fanno in nome del diritto alla libertà d’opinione, che in questo caso è potere di schiacciare nella nullità e nell’impotenza il canone dello stato di diritto. Nei libri di Agatha Christie si dice “la parola alla difesa”, perché il mestiere degli avvocati è quello di parlare liberamente a protezione dei diritti, ma nel libro della nostra vita quotidiana il magistrato rovescia i ruoli e parla, parla, parla a ruota libera dei processi di cui è responsabile, delle leggi e della Costituzione, dei fenomeni sociali, dei gruppi politici, parla di sé stesso e dei suoi, attribuisce e disdice accuse di massoneria, si accapiglia a mezzo intervista senza alcuna remora, senza che alcuno ardisca richiamarlo al dovere di riserbo, al lavoro ben fatto di applicazione dei codici decisi da altri.

 

Il magistrato ciarliero, cioè moltissimi tra loro, certo i più in vista, i più ambiziosi, quelli che vogliono a tutti i costi, capricciosamente, essere considerati condottieri e guide della società italiana, si costituisce in partito d’opinione, sorveglia punisce controlla esternando, così come passa informazioni al giornale amico, amministra con parsimonia o con voluttuosa dissipazione le intercettazioni di un’inchiesta, forma correnti e partecipa a un suo gioco elettorale corporativo fatto di conflitti tra libere opinioni di tutti su tutto. Infine fa il salto nella politica, si fa ministro, sindaco, presidente di regione, spende in politica il credito e il discredito guadagnato nelle sue avventure processuali. Se si occupa di corruzione fa cinquina, se di mafia tombola, e il giorno per giorno della politicizzazione urlata della toga è sempre un terno secco, anche quando il fatto non sussisteva o non costituiva reato o il suo indagato e rinviato a giudizio si scopriva, in giudizi lontani nel tempo e ininfluenti da ogni punto di vista, non aver commesso il fatto. Un incubo. 

 

Si dice ora che devono stare zitti, devono parlare attraverso gli atti, come fanno i molti che contano meno dei più, che solo il procuratore può ragguagliare l’opinione e altri corpi pubblicamente, si spera a proposito di inchieste giudiziarie rilevanti e solo per questioni di natura procedurale. Insomma devono smetterla di custodire loro la Costituzione, di riscrivere la storia patria a loro piacimento, di pronunciarsi ogni momento in contrasto con i poteri democratici elettivi, devono piantarla di fare strame della legge facendosi protagonisti del discorso pubblico nazionale, facendosi partito dei narcisi e degli affabulatori delle pandette. Si dice che andrà a finire così, con la riforma delle riforme. Si dice.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.