L'interno del palazzo della Procura di Trani (Ansa)

la procura delle cantonate

Tremenda Trani

Giuseppe De Filippi

L’arresto di Francesco Casillo, il re del grano duro, e poi quel giusto risarcimento. L’ultimo abbaglio dei giudici più sputtanati d’Italia

La scorsa settimana i Casillo hanno partecipato a un’asta per la fornitura di grano tenero all’Arabia Saudita per 502 mila tonnellate, non hanno vinto, ne faranno altre e sempre su dimensioni come queste, con le quali possono misurarsi pochi gruppi al mondo. E il grano tenero per loro è stato una specie di secondo amore, dopo che il padre dei fratelli che ora gestiscono l’azienda, Vincenzo, aveva regnato sul mercato pugliese del grano duro per anni. 

 

Per chi non è del settore non è facile capirlo ma si tratta davvero di due mondi separati, paralleli. Il frumento duro va soprattutto a servire la produzione di pasta, quello tenero è per la panificazione e i prodotti da forno. Seguono logiche diverse e sono influenzati da tendenze diverse. E il passaggio non è semplice, perché in ciascuno dei due casi si tratta di mercati dove i margini sono ridotti, i rischi di sbagliare alti, i fattori da tenere in considerazione molti e non sempre prevedibili. Insomma, è un po’ un’arte. Vincenzo Casillo era un’artista del grano duro. “Era uno spettacolo – racconta chi lo ha conosciuto bene – vederlo in azione ad Altamura, dove si fa il prezzo e si chiudono i contratti per le forniture del frumento per Puglia e zone vicine, era capace di imporre la sua autorevolezza semplicemente con gesti, pochi e misurati, con una prossemica della competenza, per essere un po’ più precisi, dalla quale si poteva solo provare a imparare”. 

 

Partono da Corato, in provincia di Bari, i Casillo, e ci restano anche per la verità, solo che negli anni la loro azienda, o meglio il gruppo, dal momento che sono attivi in varie sezioni della catena che porta dalla produzione alimentare alla tavola, è arrivata a fatturare 1 miliardo e 300 milioni e non si ferma mai perché presidia mercati, forniture, clienti, logistica, in tutto il mondo, e fa trading, compravendite a termine di titoli che corrispondono (a volte solo teoricamente) a consegne di prodotto o a coperture sui prezzi, con meccanismi che permettono di annullare o ridurre fortemente il rischio per gli scossoni del mercato alimentare o dei cambi o dei tassi di interesse. 

 

Ora a gestire tutto questo sono soprattutto Francesco, mente strategica del gruppo, e Pasquale, concentrato sulle operazioni di mercato. Sono i due fratelli più impegnati nel gruppo familiare, rispetto a Beniamino e Cardenia, gli altri due, e sono pensiero e azione. Una contingenza fortunata nell’incastro tra caratteri e stili imprenditoriali. Uno pensa e ha visione strategica, l’altro agisce e realizza, con un tocco, pare, da re Mida e un carattere aperto con cui mostra tutte queste sue qualità senza indulgere in false modestie. È un equilibrio quasi miracoloso e spiega, in parte, il loro straordinario successo imprenditoriale. 

 

Ma, in Italia, si è parlato di loro, anche recentemente, per altre vicende. L’arresto di Francesco risale ormai a 15 anni fa. E porta il marchio inconfondibile della Procura di Trani. Facciamo un salto alla fine della vicenda, per non amareggiarci troppo. E arriviamo al 2 luglio, a pochi giorni fa, con la Cassazione che ha stabilito il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita in quei 21 giorni, quando venne organizzata la solita esibizione di forza giudiziaria, con spiegamenti di auto della Finanza, sequestri di prodotti, perquisizioni spettacolari, dichiarazioni ancora più terrificanti. L’inchiesta, poi completamente sgonfiata, partiva da una segnalazione o da una presunta individuazione casuale secondo la quale risultava una certa quantità di grano contaminato nelle stive di una nave sulla quale viaggiava frumento prossimo a essere importato per una consegna del gruppo Casillo. Era stato acquistato da produttori certificati di un paese serio e storico fornitore di grano in mezzo mondo, il Canada, e le analisi indipendenti, fatte da primari laboratori, subito fornite dal gruppo Casillo e, ovviamente, snobbate dai magistrati, mostravano con chiarezza inoppugnabile come non ci fosse alcuna contaminazione nel cereale stivato nella nave. 

 

La trovata della procura però fu efficace, perché andava a toccare le paure legate all’alimentazione, un tema sempre popolare e sul quale si può facilmente ricamare in termini mediatici, oltre a ottenere un sicuro sostegno dalle organizzazioni agricole portatrici di una visione autarchica della produzione agroalimentare. Erano anche giorni in cui, per una serie di contingenze politiche, tra i primi esordi del sovranismo e la montante contrarietà alle iniziative europee, stava sviluppandosi in Italia una forma di ostilità proprio verso il Canada, perché paese protagonista del primo tentativo di grande accordo commerciale transatlantico, poi realizzato (il Ceta, comprehensive economic and trade agreement) e in generale verso le importazioni alimentari. 

 

L’arresto è del 2006, rapidamente seguito dalla minaccia, poi realizzata, di arrestare anche gli altri fratelli. Operazioni rapidamente seguite dalla messa in atto di un ricatto indegno di chiunque e ancora meno di un gruppo di magistrati. Perché subito un amico di famiglia dei Casillo venne contattato riservatamente per proporre di risolvere la questione affidandosi alle cure degli avvocati Vincenzo Miranda e Domenico Tandoi, con il loro aiuto si sarebbe certamente arrivati a una rapida scarcerazione e all’interruzione della iniziativa giudiziaria. Non per bravura legale, però, ma perché in ottimi rapporti con i magistrati Antonio Savasta, all’epoca pubblico ministero a Trani,  e Michele Nardi, che invece era giudice per le indagini preliminari della stessa procura. 

 

Il disturbo degli avvocati, venne fatto sapere, costava un milione di euro. Il prezzo, che nei primi momenti sembrò semplicemente un’assurda valutazione professionale, derivava dalla moltiplicazione per 4 dei 250.000 euro richiesti per la restituzione alla vita libera di ciascun fratello arrestato. Un calcoletto che svelava, ma non ce n’era più bisogno, come si trattasse esattamente della richiesta di un riscatto. E come tale è stata poi trattata, ma con calma e senza turbare troppo gli equilibri del potere giudiziario totale, nel successivo processo al cosiddetto “sistema Trani”, perché troppi, e anche maldestri, erano stati i casi di comportamenti di questo genere, con cui si piegava l’attività giurisdizionale a interessi personali. Mentre, sempre, come abbiamo visto, con tempi ben allungati, è arrivata anche la possibilità di chiedere il risarcimento per ingiusta detenzione, quello che, appunto, dopo essere stato negato, è finalmente approdato al sì della cassazione. Operazioni anche un po’ maldestre, come quella che coinvolse i Casillo e rischiò di distruggere la loro florida attività aziendale. Qui, al dolo, si aggiungeva anche la presunzione, spesso presente nel punto di vista delle procure, per cui le attività aziendali, anche in casi di successo mondiale come quello dei Casillo, sono, in definitiva, cose banali, per le quali non è richiesta chissà che competenza. E che, perciò, le aziende, anche se private dei loro dirigenti o proprietari, ridotti in detenzione o interdetti dalla gestione, possono camminare da sole, magari affidate a un curatore. È una storia, purtroppo, vista e rivista. Con crolli di valore e di fatturato causati dalla negligenza e dell’imperizia di amministratori nominati per chissà quali ragioni, ma, certamente, estranei alla cultura e all’esperienza necessarie.

 

I Casillo e il loro tuttora fortissimo gruppo economico rappresentano davvero una storia eccezionale nella capacità di resistenza in un’esperienza del genere. Forse, come si diceva, a salvarli è stata anche la goffaggine estrema con cui è stata organizzata la trama ai loro danni. Ma hanno rischiato davvero brutto, e con loro le migliaia di persone cui danno, direttamente o indirettamente, lavoro. E la stessa efficienza del nostro sistema di approvvigionamento alimentare (e anche di diversi altri paesi, dal momento che il gruppo garantisce forniture logisticamente e finanziariamente complesse a tanti clienti responsabili dei mercati alimentare di interi stati) era stata messa a repentaglio, danneggiando l’operatività del maggiore gruppo nazionale del settore dei cereali. E c’è anche la coincidenza per cui la stessa procura di Trani, ma attraverso altri magistrati, avrebbe, poco dopo, avviato processi passati alla storia del ridicolo e del grottesco giudiziario, cercando di indagare, partendo da assunti complottistici e da esposti del Codacons, sui mercati finanziari e i loro grandi protagonisti subito dopo le grandi crisi, quella dei derivati, prima, e quella dei debiti sovrani, dopo. Sono le inchieste cominciate indagando S&P, Moody’s e Fitch, in quanto agenzie internazionali responsabili della fornitura di rating sui debiti sovrani. E poi grandi compratori e venditori di titoli, come Deutsche Bank, o di derivati, come nel caso Mef/Morgan Stanley, o di servizi per i pagamenti come American Express. 

 

Tutto finito con assoluzioni a raffica, precedute però da clamore e bava mediatica e seguito dalla incancellabile coda internettiana. Senza farsi poi mancare, per restare agganciati all’attualità ma con un tocco di preveggenza, un giretto in tribunale a qualche no vax in veste di accusatore nell’altro improbabilissimo capitolo giudiziario tranese, quello dedicato all’inchiesta su vaccini e autismo. Insomma, il trash informativo internettiano e televisivo trasformato in azione giudiziaria. E la vicenda dei Casillo poteva drammaticamente peggiorare, essendo comunque già drammatica (Vincenzo morì poco dopo l’arresto dei figli, Cardenia venne arrestata durante un’iniziale gravidanza che poi fu impossibile portare a termine), se, appunto, si fossero saldate, con la pratica criminale degli arresti a scopo di estorsione, anche le altre passioni della temibile procura di inizio anni 2000. 

 

Perché i Casillo sono protagonisti nel trading, sono grandi commercianti internazionali, hanno rapporti con stati esteri, gestiscono la logistica con la proprietà diretta di navi e il controllo di scali portuali. Si potrebbe quasi dire che, per loro, non per il lato umano, ma per quello aziendale, è stato meglio finire all’attenzione della procura di Trani nella sezione, come dire, specializzata in estorsioni locali, piccola cosa, in fondo, rispetto a ciò che avrebbe potuto fare la parte appassionata del grande gioco finanziario mondiale e in cerca della ribalta planetaria, cui presentarsi come i correttori delle grandi storture mercatiste. Erano, i giorni immediatamente successivi all’esplosione delle due crisi, particolarmente adatti all’infatuazione collettiva contro quella che veniva chiamata (anche in omaggio all’ormai affermato spirito no-global) la speculazione sul cibo. Il tema teneva banco, citato anche da ministri e fatto oggetto di loro allarmanti libri, e il trading era additato come principale colpevole di un andamento al rialzo dei prezzi. 

 

Ora sappiamo bene che quegli allarmi erano sbagliati e sopravvalutati, i prezzi internazionali dei prodotti alimentari hanno seguito logiche e andamenti simili a quelli precedenti alle grandi crisi, e gli accordi commerciali per il libero scambio si sono rivelati i migliori calmieratori dei picchi di prezzo, ma in quei giorni paure e previsioni fosche occupavano il centro dell’attenzione internazionale. Il gruppo Casillo ha attraverso tutto questo, avendo per vicini di casa i magistrati più infervorati del mondo, ma, e lo ripetiamo, non vale per il lato umano e personale, ha avuto la fortuna, forse, di essere talmente vicino geograficamente a quella procura da essere considerato una preda adatta al piccolo gioco del ricatto e non a quello grande della scena mediatica. Forse anche per questa ragione continuano a far tesoro di quello stile fatto di pochissime parole, di tanta credibilità, di un’autorevolezza acquisita nel modo più probante e cioè commerciando e rispettando gli impegni. Lo stile che individuò nei gesti, più che nelle parole, di Vincenzo Casillo la persona che ci ha raccontato queste storie e che ebbe la possibilità, lui stesso, di passare per una prova, quella di fornire subito, a bufera giudiziaria appena cominciata e col vento giustizialista che spirava fortissimo, la sua solidarietà e la sua testimonianza pubblica sulla certezza dell’innocenza dei fratelli Casillo. 

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