Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

No Palamara, no party. Il processo a Salvini si fa serio

Riccardo Lo Verso

Il giudice di Catania ha deciso: niente audizione per l'ex, super-mediatico magistrato mentre il leader della Lega attende la data clou del 14 maggio. "Sarà un processo sereno e giusto". Dunque, noiosissimo

Il processo di Catania non godrà di nuova linfa mediatica. D'ora innanzi dovrà brillare di luce propria. Che delusione per il circo mediatico. No Palamara, no party. Senza l'audizione dell'ex potente presidente dell'Anm quello a Matteo Salvini, almeno nell'ultima parte, sarà “solo” un processo. L'appeal si affloscia e di parecchio. Il giudice di Catania Nunzio Sarpietro dice no alla richiesta di una parte civile di citare Palamara all'udienza preliminare che vede imputato l'ex ministro dell'Interno per il caso dei migranti della nave Gregoretti, cui fu vietato lo sbarco sulla terraferma siciliana.

 

Il 14 maggio prossimo l'imputato Salvini saprà se sarà rinviato a giudizio per sequestro di persona oppure ci sarà sentenza di non luogo a procedere. Prima, però, parleranno accusa e difesa. Che cosa avrebbe dovuto dire Palamara? Secondo l'associazione AccoglieRete, che voleva citarlo, sarebbe stato utile sentirlo per “fare chiarezza” su “uno spazio grigio, una preoccupante zona d'ombra” in “ragione dell’importanza del presente giudizio” e “del clima nel quale si sono consumate le fasi del procedimento” che portò allo stop allo sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019 ad Augusta, nel Siracusano.

 

Almeno a Catania si può fare a meno degli stralci della bollentissima chat del “Palamara-gate”. In particolare, quelli in cui l'ex magistrato, incasellatore delle nomine di colleghi, di fronte alle perplessità del procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma, sulle iniziative giudiziarie intraprese nei confronti del leader della Lega, diceva: "Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo". A Salvini non sarebbe dispiaciuto trovarsi faccia a faccia con Palamara. Una cosa è confrontarsi, via etere o via telefono, nel salotto televisivo di Massimo Giletti, ben altra nel conteso solenne di un'aula di giustizia. Tanto che di fronte alla possibile audizione il legale del leader della Lega, Giulia Bongiorno, suonò il campanello affinché “non cali il velo su quei fatti. Stiamo attenti". Salvini dovrà limitarsi a “rabbrividire” leggendo il libro di Palamara (almeno in questo non è l'unico) e Palamara, tra un'apparizione televisiva e l'altra, farà l'imputato a Perugia.

 

In verità forse pure il giudice Sarpietro si è risparmiato un certo imbarazzo. Nella memoria difensiva, depositata nei mesi scorsi in tribunale, Salvini ricordò al giudice le frasi di Palamara. Sarpietro si sentì in dovere di rispondere: “Qui non ci sono Palamara, Salvini avrà un processo sereno e giusto”. Sereno, giusto e senza nuova linfa mediatica. Palamara non sarà sentito. Ora ci saranno gli ultimi pallosissimi passaggi processuali. Nell'attesa si vivrà nel ricordo nostalgico della passerella a Palazzo Chigi per sentire l'ex premier Giuseppe Conte, dell'assedio dei fotografi, delle anticipazioni processuali, condite di battute e commenti. Infine, il brivido della decisione.

 

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