Pubblica amministrazione

Rimedi che non lo erano. Il caso del concorsone del ministero della Giustizia

Mara Mucci*

Quattrocento assunzioni, tutte d’un colpo, con le quali si vogliono correggere decenni di precariato. Il problema è essere arrivati a quel punto; frutto di un sistema di reclutamento che non conosce il fabbisogno di competenze che servono all’ente. Quattro vittime e una soluzione

Il tema di concorso pubblico è egregiamente inquadrato in un articolo del prof. Cassese, pubblicato sul Corriere della sera nel 2017: “Nel 1946, i nostri costituenti erano preoccupati della imparzialità e della competenza degli impiegati pubblici. Avevano sotto gli occhi le nomine per meriti fascisti e una pubblica amministrazione spesso composta di personale poco qualificato, scelto privilegiando compagni di cordata, commilitoni, camerati. Si ispirarono, quindi, a due criteri... eguaglianza delle opportunità ... competenza: nella scelta, da fare in concorrenza, bisognava premiare i 'capaci e meritevoli'. L’esigenza di evitare nepotismo e patronato politico, e quella di escludere gli incompetenti confluirono nel meccanismo del concorso.” I problemi sorgono quando si distorce la natura del concorso pubblico per porre rimedio a errori e guasti protrattisi per troppo tempo.

  

Il caso del recente concorso del ministero della Giustizia per il reclutamento di 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore - amministrazione giudiziaria ne è un esempio emblematico. Quattrocento assunzioni, tutte d’un colpo, con le quali si vuole rimediare ad anni, a volte decenni, di precariato. Una costante condizione che ha portato l’Ue a mobilitarsi, avviando nel 2019 una procedura di infrazione nei nostri confronti. “L'Italia non ha predisposto garanzie sufficienti per impedire le discriminazioni in relazione all'anzianità” si legge nella seconda lettera che la commissione europea ha inviato al governo italiano. Il sostantivo “discriminazione” è perfetto: non sfugge che il precariato nella PA spesso significhi assunzioni clientelari, che si nascondono nell’eccessivo ricorso alla deroga prevista dall’articolo 97 della costituzione che recita “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. In quel “salvo i casi” si annida l’abuso delle “chiamate dirette”.

  

Lasciando da parte per brevità il caso peculiare degli insegnanti, nel resto della pa il precariato, non dovrebbe esistere. Purtuttavia esiste e conduce ai concorsoni come quello che stiamo commentando. Il problema principale è essere arrivati a quel punto; frutto di un sistema di reclutamento che non programma le assunzioni e non conosce il fabbisogno di competenze che servono all’ente

 

Con il modo di procedere degli ultimi anni - almeno 10 - che ha portato a quel concorsone, le prime vittime sono state i coetanei di quelli (40+, 50+, ecc.) che oggi partecipano al concorso avendo i titoli. Infatti quelli che oggi hanno i titoli, li hanno perché hanno lavorato, spesso grazie a contratti di lavoro ottenuti "per conoscenze", mentre gli altri non hanno avuto il contratto di lavoro e non hanno maturato i titoli.

  

Le seconde vittime sono gli stessi che oggi sono oggetto delle critiche. Infatti hanno lavorato per anni o decenni (maturando così i titoli) ma lo hanno fatto con contratti a tempo determinato, quindi soggetti, se non al ricatto, al potere di chi quel contratto glielo ha garantito, rinnovandolo nel tempo. Non si può dire per certo che abbiano lavorato "al servizio esclusivo della Nazione", quindi.

   

Le terze vittime sono i giovani di oggi (magari super-preparati) che, con quel concorso, sono praticamente tagliati fuori dalla competizione, a prescindere. Ricordo infatti che il concorsone per 400 unità premia in maniera preponderante l’anzianità di servizio, impedendo il cumulo di punteggio per le specializzazioni ed i titoli. 

   

La quarta vittima è l'intera collettività che non ha nell’organico della pubblica amministrazione i più capaci e meritevoli, ma persone che nella migliore delle ipotesi hanno capacità medie e non sono certo i migliori.

 

Spesso vengono mosse critiche alla capacità del concorso pubblico di selezionare i migliori e le professionalità necessarie alla pubblica amministrazione. La soluzione non è l’abbandono o l’aggiramento del concorso, ma una corretta attuazione delle norme che lo disciplinano, oltre che un’evoluzione per renderlo più efficace nel reclutare i migliori. La pa è cruciale per il funzionamento dello stato, intermedia il 50 per cento del pil ed è area di intervento prioritario per il piano Next Generation Eu. Il prossimo governo si impegni a mettere mano all’attuale - scarno e scarso - piano, puntando sull’organizzazione e il reclutamento della pa, sulla semplificazione e la digitalizzazione dei processi e su formazione e la valorizzazione del personale. Azione avanzerà proposte anche su questo tema, nell’ambito di un quadro organico.

 

*Mara Mucci, già vicepresidente commissione di inchiesta sulla pubblica amministrazione, responsabile pa di Azione