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L'archiviazione silenziosa di Sandro Gozi

Ermes Antonucci

Archiviato il procedimento a carico dell'ex sottosegretario agli Affari europei. Ma come sempre, dopo la gogna, oggi tutti tacciono. E nessuno chiede scusa

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Dopo la gogna mediatica, l’archiviazione silenziosa. L’ultima vittima del tradizionale tritacarne mediatico-giudiziario è Sandro Gozi, ex sottosegretario agli affari europei nei governi Renzi e Gentiloni, oggi parlamentare europeo. Pochi giorni fa, il tribunale di San Marino ha archiviato il procedimento penale a carico di Gozi e Catia Tomasetti, presidente della Banca Centrale di San Marino (Bcsm) in relazione a una presunta consulenza fantasma.

 

L’inchiesta era esplosa nell’aprile dello scorso anno, quando gli inquirenti sanmarinesi avevano ipotizzato il pagamento di 220mila euro da parte di Bcsm a Gozi per una consulenza poi rivelatasi fittizia. La consulenza riguardava adeguamenti normativi e rapporti con istituzioni estere. Dopo un anno, scopriamo ora che la consulenza fu reale. Il tribunale di San Marino ha infatti ritenuto che dai fatti non emergesse alcuna condotta rilevante a carico dei due indagati. “Sono soddisfatto dell'archiviazione – ha commentato Gozi ad Adnkronos – sono sempre stato molto tranquillo riguardo al mio operato. Resta purtroppo il danno di un polverone mediatico fondato su fatti inesistenti”. Sulla stessa linea anche Bcsm, che in una nota ha affermato: “Una ottima notizia per la presidente, ma tale atto non sana il danno pubblico della gogna mediatica ingiustamente subita, né il danno a persone ed istituzioni che perseguono finalità di interesse pubblico e sistemico”.

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La vicenda, in effetti, ebbe una grande eco mediatica, anche perché all’epoca Gozi era candidato alle elezioni europee in Francia con En Marche, il partito del presidente Macron (da notare, anzi, la curiosa coincidenza tra l’inchiesta e la candidatura). Nessun giornale in questi giorni ha riportato la notizia dell’archiviazione dell’indagine, nonostante l’inchiostro (e il fango) rovesciato un anno fa sui due malcapitati.

“Gozi indagato a San Marino: ‘Finta consulenza in banca’”, scriveva Il Fatto Quotidiano in prima pagina, utilizzando il solito stratagemma delle virgolette per far apparire un sospetto come un fatto già accertato. Non pago, il quotidiano diretto da Marco Travaglio decise di corredare la notizia con una intervista di Vincenzo Iurillo all’ex pm (oggi sindaco di Napoli) Luigi de Magistris. Ma cosa c’entrava De Magistris con l’indagine nei confronti di Gozi? La fantasia forcaiola, in questi casi, non ha limiti. Così, l’ex pm dichiarava: “Mi viene in mente che nel 2007 da pm di Catanzaro dell’inchiesta Why Not, stavo indagando su Sandro Gozi e sui rapporti con Piero Scarpellini (poi archiviato, ndr) e la società Pragmata, con sede a San Marino, anche lui nella rete di collaboratori e fedelissimi dell’allora premier Romano Prodi. E si coniò il termine ‘Loggia di San Marino’ per i collegamenti stretti, anche di natura occulta, tra indagati calabresi e altri operanti in altri territori, tra cui San Marino”. Insomma, le solite allusioni fondate sul nulla, utili soltanto a gettare fango su fango.

“Una superconsulenza inguaia Gozi, l’italiano che corre con Macron”, scriveva La Verità, per poi tornare pochi giorni dopo sul grande “intrigo internazionale del Titano”, con Giacomo Amadori e Simone Di Meo. Anche qui alla gogna si accompagnava una grande dose di fantasia: “Renzi (Nicola), l’ex prodiano Gozi, San Marino, la Bce e la Russia. L’indagine che coinvolge il candidato macroniano diventa un giallo dai confini inquietanti”.

 

L’indagine venne usata come clava forcaiola anche successivamente, quando a fine luglio Gozi venne nominato responsabile degli affari europei dal governo francese (si dimetterà a ottobre). Il 31 luglio, ad esempio, Giorgia Meloni con un intervento sul Giornale rivolse un appello al premier Conte: “Incarico in Francia: ora Conte tolga a Gozi la cittadinanza italiana”. Nell’appello, Meloni si chiedeva ironicamente “da dove possa scaturire tanta riconoscenza da parte dello Stato francese nei confronti di Sandro Gozi”, per poi escludere – in maniera furbesca – “che l’ammirazione e la riconoscenza per Sandro Gozi maturi per l’indagine radicata nella Repubblica di San Marino per una asserita consulenza fantasma di 220.000 euro”.

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Ovviamente anche da Meloni, di fronte all’archiviazione dell’indagine nei confronti di Gozi, non è giunta alcuna scusa.

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