Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, con il capo del Dap, Francesco Basentini (foto LaPresse)

Maresca contro il buco nero dell'amministrazione penitenziaria

Annalisa Chirico

Carceri inadeguate per affrontare l'emergenza sanitaria, boss mafiosi ai domiciliari. Il sostituto procuratore di Napoli: “Così vengono vanificati gli sforzi dell’autorità giudiziaria. E la credibilità dello stato va in frantumi”

“La credibilità dello stato è andata in frantumi”, così Catello Maresca, sostituto procuratore generale di Napoli, commenta l’ondata di scarcerazioni in seguito a una circolare del Dap che ordina agli istituti di pena di censire i “soggetti a rischio” per età o patologie. Il risultato è che, tre giorni dopo, il boss siciliano Francesco Bonura è uscito di cella, e con lui oltre trenta detenuti appartenenti alla criminalità organizzata sono stati scarcerati. Tra i nomi di spicco quello di Pasquale Zagaria, fratello del boss dei casalesi Michele, recluso al 41bis e adesso ai domiciliari per una grave patologia.

 


Il sostituto procuratore generale di Napoli Catello Maresca (foto LaPresse)


  

“Un capo mandamento che torna in libertà provoca danni diretti e indiretti – prosegue Maresca – In primo luogo, rappresenta un pericolo per l’intero territorio: i luogotenenti si riattivano, raccolgono le direttive e danno nuova linfa a un sistema illecito individuato grazie alle operazioni effettuate da magistrati e polizia giudiziaria. Le faccio un esempio: un imprenditore, che denuncia l’estortore, può riporre ancora la propria fiducia in uno stato che libera il condannato prima che sconti interamente la pena?”.

 

Ma i domiciliari sono una modalità di esecuzione della pena. “Nel caso dell’associazione mafiosa, il trasferimento a casa comporta una serie di problemi pratici che fanno venir meno le garanzie di isolamento del 41bis, per esempio. Si materializza così un pericolo reale per la persona offesa e per la sua famiglia, nonché per chi ha collaborato con la giustizia. Arrestare e far condannare un mafioso comporta un gigantesco lavoro di persuasione sul territorio per convincere gli adepti a rompere il patto omertoso e affidarsi allo stato. Questa gente si fida dello stato se lo stato la tutela. Se le istituzioni mostrano cedimenti, la fiducia viene meno e il lavoro dell’autorità giudiziaria si complica”.

 

Matteo Salvini ha espresso solidarietà a lei e al procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri per le minacce circolate sui siti web dei familiari dei detenuti. “Ho apprezzato le parole del senatore Salvini, come quelle di diverse associazioni che si battono contro la piaga mafiosa. Non dobbiamo abbassare la guardia, la mafia non va in quarantena. Le conseguenze di questa sfilza di scarcerazioni si faranno sentire nei prossimi mesi: mentre i cittadini sono sigillati in casa, i mafiosi continuano a operare, in molti casi prestano denaro alle famiglie in difficoltà, gli spacciatori continuano a vendere droga, insomma le attività criminali proseguono. Chi crede che il coronavirus abbia cancellato la mafia si sbaglia”.

 

Le scarcerazioni, finite nell’occhio del ciclone, non hanno a che fare con il decreto che estende la detenzione domiciliare a chi sconta una pena inferiore ai 18 mesi. Anzi, il guardasigilli Alfonso Bonafede ha annunciato l’attività ispettiva. “La fonte normativa di queste scarcerazioni, come degli oltre trecento detenuti di alta sicurezza trasferiti a casa, è costituita dalla circolare del Dap che a marzo ha posto una questione sanitaria. Si è scoperto così che le galere ospitano anche detenuti malati le cui condizioni sono incompatibili con il regime carcerario e con il rischio di contagio”.

 

Il diritto alla salute non può essere sospeso. “E’ un diritto costituzionale che va garantito, esattamente come la certezza della pena. Questi due baluardi democratici devono marciare insieme.  Ciò che accade e indigna è una grave sconfitta per lo stato: se un boss viene scarcerato vuol dire che in questi anni non si sono realizzati gli interventi necessari per un carcere capace di fornire un’assistenza adeguata”. Il carcere è fuori dall’agenda politica. “Le rivolte dell’8 e 9 marzo hanno evidenziato la cattiva gestione amministrativa. Bisognava prevedere, sanificare, informare, invece nulla è stato fatto. Ogni anno le risorse destinate agli istituti penitenziari subiscono tagli, un tempo esistevano strutture sanitarie di prima accoglienza, adesso manca il personale per i reparti di infermeria”.

 

Italia viva ha chiesto la rimozione del capo del Dap, Francesco Basentini. “Non spetta a me individuare le responsabilità ma è chiaro che con questa circolare gli sforzi dell’autorità giudiziaria vengono vanificati. Il Dap è un dipartimento del ministero dotato di una propria autonomia. Mandare i capi delle ‘ndrine a casa è un errore di natura amministrativa, non giudiziaria”. La crisi economica dovuta al lockdown rafforza la mafia? “Prestare aiuto economico a una famiglia oggi in difficoltà significa, di fatto, reclutarla per poter pretendere domani, come contropartita, un supporto concreto all’attività illecita. Armi e droga, di solito, vengono nascoste in casa di persone insospettabili”. C’è chi propone di affidare la decisione sulla sorte dei detenuti condannati per mafia a un pool di magistrati in diretto contatto con la Dna e con le procure che hanno svolto le indagini, non con quelle competenti per territorio. “Va rafforzato il ruolo della procura nazionale antimafia: è l’organo più idoneo perché dispone di una conoscenza dettagliata del fenomeno”.