(foto LaPresse)

Sulla prescrizione il governo ha “infrociato” ma non cade, dice Di Pietro

Annalisa Chirico

L'ex pm di Mani pulite spiega perché "l’idea che si possa rinunciare alla prescrizione è assolutismo giudiziario"

Roma. “Questi del governo si sono andati a ‘infrociare’”. In che senso, Antonio Di Pietro? “Lei scriva così. Chi ha dimestichezza con la campagna sa che a una mucca che traina l’aratro non dici: vai a destra, gira a sinistra… Le attacchi una capezza alle froge, alle narici, e la tiri da una parte e dall’altra”. Come con i cavalli. “Esatto. Conte e Bonafede hanno ‘infrociato’, ora sono inchiodati davanti a un muro che non sanno aggirare”. 

 

Ma il governo cade? “Questi a votare non ci vanno neanche sotto tortura. Voglio vederlo Renzi che non vota la fiducia”. Sulla prescrizione si gioca una questione decisiva per il buon funzionamento della giustizia. “Qualcuno ha forse letto i testi della riforma Bonafede sul processo penale?”. Nessuno: il ministro della Giustizia rinvia da mesi. “Il governo vuole partire dalla fine e non dall’inizio: estrarre la prescrizione come una pallina dal pallottoliere, separata dal resto, aggraverà gli attuali problemi. Fosse per me, i termini dovrebbero decorrere non dalla commissione del fatto ma dal momento della notizia di reato per poi interrompersi, in ogni caso, con il decreto di rinvio a giudizio, ma solo all’interno di un sistema in grado di garantire la ragionevole durata del processo. Senza regole e meccanismi che rendano le procedure più celeri, il processo diventa eterno, e questo è inaccettabile”.

 

Il Guardasigilli ha proposto di limitare la sospensione dopo il primo grado ai soli condannati. “Per la Costituzione siamo innocenti fino a sentenza definitiva, perciò non puoi introdurre una disparità di trattamento tra assolti e condannati non definitivi. Mi pare lapalissiano”. Il lodo Conte bis bloccherebbe la prescrizione solo per i condannati in primo e secondo grado. L’assolto in appello invece otterrebbe una sorta di bonus per recuperare il tempo perduto. “Ma danno pure un premio a punti come al supermercato? Questa è una ‘infroceria’ politica, lo scriva alla dipietrese. È un escamotage da azzeccagarbugli determinati a trovare un compromesso a ogni costo per superare il muro davanti al quale si sono ‘infrociati’. Il loro unico interesse è tenere in piedi il governo. Sono personaggi in cerca d’autore: se devono schiacciare il pulsante per tornare a casa, gli si fiacca il ditino”.

 

La giustizia penale sacrificata sull’altare dei calcoli di piccolo cabotaggio. “Dopo aver vestito tutte le parti in causa nel processo, da pm a imputato, ho imparato una lezione: non sempre è sufficiente essere innocenti per essere assolti né essere colpevoli per essere condannati”. Davigo non sarebbe d’accordo. “A differenza del mio ex collega che pure stimo, io non posseggo certezze assolute in materia. Forse lui le ha perché ha sempre vestito l’abito del magistrato, io invece sono stato indagato, imputato, testimone, oggi faccio l’avvocato. L’idea che si possa rinunciare alla prescrizione perché l’innocente sarebbe sempre in grado di difendersi è assolutismo giudiziario. La verità è che la giustizia umana è fallibile, perciò esistono i tre gradi di giudizio”. Che fine ha fatto il Di Pietro di una volta? “Da qualche tempo, quando giro per strada, i giovani non mi riconoscono, non sanno chi sono, ed è una sensazione bellissima perché vuol dire che il mondo cambia. La vita è una parabola con un inizio e una fine: quando il tuo tempo è passato, devi accettarlo perché insistere oltre sarebbe inutile”.

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