Fiammetta Borsellino (foto LaPresse)

Il silenzio su Fiammetta Borsellino

Luciano Capone

La figlia del pm elogia la Consulta contro l’ergastolo ostativo. Ma le sue parole non fanno comodo

Non abbiamo la controprova, ma se avesse affermato il contrario le dichiarazioni di Fiammetta Borsellino sarebbero finite sulle prime pagine di tutti i giornali e in tutti i tg. E invece, le parole della figlia del giudice ammazzato dalla mafia a favore delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale contro l’applicazione automatica dell’ergastolo ostativo sono cadute nel vuoto. Tanti commentatori, inclusi magistrati che hanno occupato o che occupano ruoli di rilievo, hanno contestato le sentenze della Cedu e della Consulta spendendo i nomi di Falcone e Borsellino. Le parole della figlia, evidentemente, non rientravano nella narrazione e per questo sono state ignorate. Alcuni giorni fa, subito dopo la sentenza della Consulta, Fiammetta Borsellino ha partecipato al “Festival della comunicazione sulle pene e sul carcere” organizzato dalla “Conferenza nazionale volontariato giustizia” e nel suo intervento ha parlato delle inchieste sulla morte del padre, definendole il “depistaggio più grave, nonché uno degli errori giudiziari più gravi della storia giudiziaria di questo paese” (che è poi proprio ciò che l’ha spinta – dopo la sentenza del Borsellino quater – a esporsi pubblicamente).

 

 

Nel suo intervento ha parlato dell’ergastolo ostativo, per commentare le dichiarazioni di alcuni magistrati e le prime pagine di certi giornali secondo cui i giudici di Strasburgo “Hanno riammazzato Falcone e Borsellino”. “Penso che, da giudici, mio padre e Giovanni Falcone non avrebbero liquidato, così come viene fatto in questi giorni, la questione se sia giusto o sbagliato eliminare o mantenere il carcere ostativo”, ha detto Fiammetta Borsellino. “Loro ci hanno insegnato che questi sono problemi complessi, non possono essere semplificati in questo modo. Non sono un’esperta in questo settore, ma penso che bisogna lasciare aperte delle maglie perché le situazioni vanno valutate caso per caso”, che poi è ciò che ha stabilito la Consulta rinviando a una decisione caso per caso dei giudici di sorveglianza. E ancora: “Il problema è molto complesso e va letto in relazione all’attuale disastrosa condizione delle carceri italiane. Bisogna evitare le semplificazioni perché le semplificazioni, come ‘la mafia ha perso’ o ‘la mafia ha vinto’ o ‘la mia antimafia è migliore della tua’, fanno male”. Fatta questa premessa su come magistrati, giornalisti e professionisti della giustizia dovrebbero porsi di fronte a questioni fondamentali che riguardano il diritto, Fiammetta Borsellino ha detto anche che le sentenze delle supreme corti sull’ergastolo ostativo automatico non vanno contro i princìpi che hanno guidato l’azione di suo padre. Anzi, vale il contrario. “Sono convinta – ha detto – che il problema andasse affrontato e sono convinta che la modalità con cui si sta affrontando sia esattamente quella giusta, quella che va incontro all’altissimo senso di umanità che po è stato il valore che ha guidato tutta la vita di mio padre”.

 

 

La figlia del magistrato è stato poi ancora più esplicita quando dal pubblico le è stato chiesto di nuovo se lei condividesse l’idea che, con queste sentenze, la Cedu e la Corte costituzionale avrebbe ucciso di nuovo suo padre. “A uccidere mio padre per la seconda volta sono stati i depistaggi – ha risposto –, è stato il tradimento di alcuni uomini delle istituzioni che oggi, proprio per aver dato prova di altissima incapacità investigativa, hanno fatto delle carriere senza che tra l’altro, e questo lo voglio sottolineare, il Consiglio Superiore della Magistratura si sia mai assunto una responsabilità circa l’avvio di procedimenti disciplinari diretti ad accertare quello che è stato fatto e perché è stato fatto”. Il riferimento di Fiammetta Borsellino ai magistrati che si sono occupati, malamente e proprio a causa della “cultura dell’emergenza”, delle inchieste sulla strage di Via D’Amelio e che distribuiscono patentini di antimafia non è casuale. Come non lo è il silenzio che ha circondato le sue dichiarazioni: avesse detto il contrario, sarebbe finita su tutti i giornali.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali