Udienza del processo per la trattativa Stato-mafia a Palermo

La pazzia di uno stato che accusa di mafiosità lo stato che ha sconfitto la mafia

Annalisa Chirico

Giustizia, prescrizione, trattativa fuffa. Parla Emanuele Macaluso

Roma. Emanuele Macaluso è riformista, migliorista, garantista. Un comunista eretico, attaccato più da sinistra che da destra. Un sentimentale, finito coi ceppi ai polsi per amore ai tempi del reato di adulterio. “Nicola Zingaretti deve dire chiaro e tondo a questi grillini che o si sospende la sciagurata riforma della prescrizione oppure non si va da nessuna parte”, dichiara al Foglio con tono battagliero Em. Ma., come da nom de plume in calce ai corsivi sull’Unità e sul Riformista.

 

Dal primo gennaio entra in vigore la normativa Bonafede che di fatto abolisce la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, anche in caso di assoluzione. “Così, seppure scagionato da ogni accusa, potrai essere processato a vita, come se il processo non fosse in sé una pena. Soprattutto in Italia dove l’indagato è già condannato”. E dire che il segretario del Pd aveva invocato “discontinuità”. “Senza discontinuità sulla giustizia il governo non può andare avanti. Zingaretti non era contrario al voto anticipato, anzi. Io ho cercato di spiegare che era meglio confrontarsi con gli elettori piuttosto che formare un governo con il M5S. Alla fine la discontinuità non c’è stata né sul premier né su un ministero chiave come la giustizia. Hanno riconfermato a capo di via Arenula un modesto avvocato che si vanta di essere giustizialista e che ha bollato come ‘svuotacarceri’ la riforma dell’ordinamento penitenziario voluta dall’ex Guardasigilli Andrea Orlando. La sinistra o è garantista o non è. Garantismo significa agire ‘in nome della legge’, lo spiegava bene Leonardo Sciascia. Il giustizialismo asseconda la forzatura della legge. La prescrizione sembra esser diventata un privilegio, invece è un diritto: se lo stato non mi assicura una risposta entro termini decenti, la mia vita è letteralmente finita”.

 

  

Uno degli ultimi consigli dei ministri gialloverdi è durato nove ore proprio per l’opposizione di Matteo Salvini, che lei detesta, alla “riforma Bonafede”. “Il Pd non può farsi dettare la linea su questa materia, né può incaricarsi di terminare il lavoro che Salvini non ha voluto intestarsi. Ripeto: la prescrizione di Bonafede va bloccata, di corsa. Il governo s’impegni piuttosto a varare un piano per accelerare i tempi del processo intervenendo sulle strutture obsolete degli uffici giudiziari. Serve un salto tecnologico che richiede tempo, sennò si raccontano solo balle”.

 

Che deve fare Zingaretti? “Ponga la questione con forza: discontinuità. Nessuna sospensione della prescrizione fin quando l’accorciamento dei processi sarà mera enunciazione”. Intanto sul taglio dei parlamentari il M5S va veloce: il 7 ottobre il Pd, dopo tre voti contrari, si esprimerà a favore. “Se tu tagli i parlamentari e basta, fai un atto puramente demagogico e non risolvi nulla. Il fatto che Luigi Di Maio ne esalti l’aspetto economico, il presunto risparmio di 500 milioni di euro, la dice lunga sui tempi che viviamo”. Una cifra che equivale allo 0,0007 percento della spesa pubblica. “La democrazia costa. Se tagli 345 parlamentari mantenendo regole e procedure immutate, non aumenti l’efficienza della macchina legislativa. La verità è che i 5 Stelle vogliono piantare la loro bandierina, il rischio vero è che qualcuno assecondi progetti così stupidi”. Qualcuno tipo il Pd. “Io credo che questa alleanza sia una cosa transitoria”.

  

In Umbria si inaugura un connubio regionale. “Il governo è nato in uno stato di necessità per sbarrare la strada a Salvini. Dopodiché se fai le alleanze governative, qual è la ratio di escluderle a livello locale? Nel M5S c’è gente che si ribella, che non coglie il senso di certe posizioni. E’ un ribollire di malumori attorno a questo Di Maio che si fa chiamare ‘capo’, non è chiaro di cosa. Pure il Pd deve cambiare”. Marco Minniti ha fatto notare che tre dei quattro segretari eletti con le primarie hanno lasciato il partito. “E’ venuto il momento di un congresso vero, mai celebrato finora. In tutto il mondo le primarie servono a individuare i candidati per le istituzioni, non i dirigenti del partito. Il partito appartiene agli iscritti, le istituzioni ai cittadini”.

 

Data di scadenza del Conte-bis? “Il governo dura se il movimento di Beppe Grillo non si sfascia prima”. Giuseppe Conte sarà il prossimo candidato premier pentastellato? “E’ probabile, il premier è l’ultimo uomo che gli è rimasto”. A Bruxelles i Verdi hanno contestato ai grillini l’assenza di democrazia interna: “Non abbiamo a che fare con un partito – ha detto il copresidente degli ambientalisti, Philippe Lamberts – ma con un’azienda in mano a una persona, Davide Casaleggio”. “I Verdi hanno ragione – prosegue Macaluso – I 5 Stelle dipendono da una struttura privata, adesso pensano a un direttorio allargato per contenere le spinte centrifughe”.

  

Accantonata la tassa sulle merendine, il governo, concepito per scongiurare l’innalzamento dell’Iva, valuta aumenti selettivi dell’Iva. La coperta è corta. “Questa storia dell’Iva è stata buttata lì per trovare un senso a un’alleanza che nasce, ripeto, in uno stato di necessità”. Renzi, neoleader di Italia Viva, è diventato il quarto azionista dell’esecutivo. “Dopo averci raccontato il suo rifiuto delle correnti, si è fatto il suo partitino, a conferma che la sua corrente esisteva eccome. Lui, essendo un personalista, ritiene che se non sei il capo non esisti. Eppure, provenendo dalla Dc, dovrebbe sapere che Aldo Moro, dopo aver governato per quattro anni, fu estromesso dalla sua corrente, i dorotei, e al congresso si presentò con una sua lista che ottenne il 7 percento. Tuttavia, Moro non sbatté la porta né lasciò il partito di cui successivamente divenne di nuovo segretario”.

 

Lei l’ha sempre mal sopportato, eppure Renzi ha impresso una svolta garantista al partito. “Non scherziamo: lui è stato giustizialista e garantista a giorni alterni. Da premier incaricato propose per via Arenula un magistrato come Nicola Gratteri”. Esperto di contrasto alla ‘ndrangheta, certo. “Ma non un campione di garantismo, anzi”. Ieri il leader di IV ha contestato l’ipotesi della procura di Firenze che vedrebbe in Berlusconi il presunto responsabile delle stragi mafiose e dell’attentato a Maurizio Costanzo. “Berlusconi ha molte responsabilità nella sua vita politica ma dipingerlo come uno stragista mafioso mi pare un’assurdità, com’è assurdo il processo palermitano sulla trattativa stato-mafia. Ci vuole una mente deviata per pensare che nel momento in cui lo stato, per la prima volta nella storia d’Italia, vinceva contro Cosa nostra, mandando dietro le sbarre il suo gotha, negoziava un accordo con i Riina e i Provenzano. I due boss sono morti mentre erano agli arresti, quelli sopravvissuti si apprestano a morire in cella. Il sacrificio di Falcone, di Borsellino e di migliaia di vittime innocenti nella società civile, dai carabinieri ai giornalisti, ha permesso di smantellare la mafia siciliana, oggi rimpiazzata dalla ‘ndrangheta”.

 

Il presidente emerito Napolitano ha più volte richiamato il tema del sovraffollamento carcerario, rimasto fuori dall’agenda politica odierna. “Si sfornano solo leggi per riempire le celle sul falso presupposto che l’unica pena possibile sia quella detentiva. Il numero dei detenuti suicidi è una vergogna. La qualità di una democrazia si misura dalla qualità della giustizia”. Si torna così al tema di partenza: le leggi carcerogene sono un totem dei Cinque stelle. “Senza discontinuità sulla giustizia è meglio fermarsi”.

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