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La Consulta dà potere assoluto alle procure

Redazione

Così la sacrosanta indipendenza della magistratura si tramuta in ingerenza

Gli agenti di Pubblica sicurezza che svolgono indagini per conto delle procure non dovranno più informare in via gerarchica i loro dirigenti, come prescriveva una legge di due anni fa che la Corte costituzionale ha cassato ritenendola contraria al principio dell’esclusiva responsabilità dell’autorità giudiziaria nella condotta delle indagini. E’ vero che nel dispositivo (le motivazioni non sono ancora note) la Consulta riconosce che deve essere tutelata anche l’esigenza di coordinamento informativo delle attività della Polizia giudiziaria, ma ora questa tutela è stata abolita. L’impugnazione della norma era stata effettuata dal procuratore di Bari Giuseppe Volpe, che ha ravvisato un conflitto di attribuzione che a suo avviso può ledere la segretezza delle indagini penali. Come questa segretezza sia garantita dalle procure, per la verità, è noto a tutti, basta leggere i giornali. Naturalmente nessuno mette in dubbio che gli agenti che partecipano a indagini giudiziarie non debbano dare informazioni di merito nemmeno ai loro comandanti.

 

Si tratta soltanto di informare sull’impegno richiesto in modo che si evitino doppioni e si possa garantire la distribuzione del lavoro ottimale all’interno del corpo. Ma anche questo sembra violare l’autorità assoluta delle procure, che non si servono di un corpo dello stato, appunto la Polizia giudiziaria, ma che dispongono direttamente dei singoli agenti. Al di là dei casi in cui questa collaborazione personale si è tramutata in qualcosa di meno limpido, è il principio che dovrebbe essere preso in esame in modo più approfondito. A che serve che ci sia una struttura di direzione della Polizia giudiziaria se non può neppure conoscere l’impegno dei suoi dipendenti per organizzare il lavoro dell’insieme? L’indipendenza della magistratura, sacrosanta, diventa così ingerenza nel campo della direzione di un altro corpo dello stato. Anche per questa via il potere già straordinario delle procure diventa strabordante ed è un peccato che la Corte costituzionale, che deve tutelare anche l’equilibrio tra i poteri dello stato, non si sia preoccupata di questo pericolo.