L'ex sindaco di Ischia Giosi Ferrandino (foto LaPresse)

Sconfitta di Woodcock

Luciano Capone

Parla l’ex sindaco di Ischia assolto per Cpl-Concordia, per mesi nel tritacarne. “Ho visto in anticipo il metodo Consip”

Roma. “Mi sono tolto un peso dalle spalle, dopo oltre due anni. A distanza di tempo è stata ristabilita la verità dei fatti, quella che reclamavo senza avere voce nella fase cautelare, che ora è stata appurata grazie a un tribunale terzo”, dice al Foglio Giosi Ferrandino, l’ex sindaco di Ischia, pochi minuti dopo la sentenza di assoluzione nel processo Cpl Concordia. L’inchiesta, condotta dai pm Henry John Woodcock, Celestina Carrano e Giuseppina Loreto con il supporto dei carabinieri del Noe (Gianpaolo Scafarto), era stata presentata nel 2015 come uno dei più grandi scandali corruttivi del paese: un giro di mazzette e favori per la metanizzazione di Ischia che vedeva coinvolti amministratori locali del Pd, una grande “coop rossa” e lambiva i vertici della sinistra italiana.

 

Il circo mediatico-giudiziario funzionò a pieno regime per settimane, mischiando nel fango accuse tutte da verificare e cose penalmente irrilevanti (i libri e il vino di D’Alema), per descrivere un quadro di malaffare, corruzione e degrado politico-morale. A distanza di due anni il processo Cpl Concordia si è concluso con l’assoluzione completa di Ferrandino e del dirigente comunale Silvano Arcamone, accusati di corruzione e induzione indebita. Non c’è stata alcuna corruzione. “Il fatto più eclatante emerso dal dibattimento – dice al Foglio Ferrandino – è che ad affidare l’appalto contestato non ero stato io ma il mio predecessore, ben due anni e mezzo prima”. Era una cosa difficile da scoprire? Non l’ha spiegato ai pm? “Purtroppo non ho avuto il piacere di essere ascoltato, ma non ce n’era nemmeno bisogno, era tutto chiaro dai documenti che erano stai acquisiti”. E com’è stato possibile? “Eh, ormai si è capito che Scafarto faceva indagini in modo particolare...”. In che senso, anche in questa inchiesta come in quella su Consip c’era qualche inesattezza? “Tante forzature e tante cose false. Si diceva che ero stato in Tunisia e non ci sono mai stato, che avevo ricevuto posti di lavoro e non ce n’era uno e potrei andare avanti. Tutte cose che si potevano verificare senza bisogno di un dibattimento e che invece venivano date per certe nel confezionamento dell’“accusa”.

 

Alla fine ha avuto ragione. “Alla fine – dice Ferrandino – ma all’inizio sulla base di quelle accuse sono stato arrestato, per 22 giorni in carcere a Poggioreale e poi ai domiciliari per tre mesi”. Dopo l’arresto diede le dimissioni? “Sì, ma poi sono tornato a fare il sindaco fino alla fine del mandato. Mi ero dimesso su consiglio dei legali, ma quando mi sono reso conto del livello delle accuse ho ritirato le dimissioni. Dovevo difendere la mia comunità, la mia famiglia e la mia dignità”. L’inchiesta Cpl Concordia è quella da cui uscirono fuori le intercettazioni tra Matteo Renzi e il generale Adinolfi, cosa c’entravano? “Non lo so. All’inizio non riuscivo a difendermi, ero finito nel tritacarne mediatico trattato come un criminale. Quando sono uscite quelle intercettazioni ho capito che ero finito in una cosa più grande di me”. I protagonisti dell’inchiesta Cpl Concordia, dai pm alla polizia giudiziaria, sono gli stessi del caso Consip e anche il modo di procedere per alcuni versi sembra simile. C’è un metodo? “A me pare un metodo identico e le parole della procuratrice di Modena al Csm su questa vicenda sono definitive. Quando venne fuori la storia Consip, avendo visto che le persone erano le stesse e quello che ha scoperto la procura di Roma, mi sono fatto le stesse domande”.

 

E che risposte si è dato? “Che volevano arrivare a Renzi, ci hanno provato già nel mio caso, ma visto che tutto si è fermato in altre procure hanno continuato con il caso Consip. E’ l’unica spiegazione a quello che mi è accaduto, accuse completamente inventate e 15 giorni di prime pagine e talk-show a livello nazionale che un sindaco di provincia, anche se di un luogo bellissimo come Ischia, di certo non merita”. Cosa auspica per il futuro? “Spero che il prossimo governo metta mano alla giustizia, se ne parla poco in campagna elettorale, ma è uno dei mali che vanno risolti. Le storture devono finire, è interesse di tutti, perché può capitare a chiunque”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali