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Caso Consip, Scafarto e Sessa sospesi dal servizio: “Hanno cercato di depistare l'indagine”

Redazione

I due carabinieri, già indagati per la fuga di notizie, sono accusati di aver manomesso un cellulare

Nuova puntata della "telenovela Consip". I due carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto e Alessandro Sessa, già indagati per depistaggio nell'ambito dell'inchiesta che ha coinvolto, tra gli altri, il padre dell'ex premier Matteo Renzi, sono stati sospesi dal servizio per un anno. 

 

La richiesta è stata avanzata dalla procura di Roma che sta indagando sulle presunte fughe di notizie legate al caso. La misura interdittiva è stata firmata dal gip Gaspare Sturzo che nelle motivazioni, aggiunge una nuova accusa nei confronti dei due militari. Il maggiore Scafarto, su richiesta di Sessa, suo diretto superiore, avrebbe disinstallato l'applicazione WhatsApp dallo smarthphone per “non rendere possibile ricostruire compiutamente le conversazioni intervenute con l'applicativo”. Tutto questo con l'aggravante di “aver commesso il fatto mediante distruzione o artificiosa alterazione di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento”. Lo scorso 10 maggio, infatti, il pm romano aveva sequestrato il cellulare di Scafarto, proprio per cercare di individuare “gli autori mediati e immediati della violazione del segreto a favore di Consip”. In questo modo, però, Scafarto e Sessa, avrebbero cercato di “sviare” l'indagine agendo in maniera deliberata e aggravando la loro posizione dopo la revoca del Noe della delega delle indagini, disposta a marzo scorso. Una decisione che doveva servire per far sì che i due agissero "in modo retto, probo e osservante dei propri doveri verso la legge e le istituzioni di riferimento e quelle di appartenenza". Mentre secondo quanto si legge nella richiesta del gip "proprio questa appartenenza" all'Arma è stata "l'occasione prossima per consumare altri delitti per le finalità di depistaggio".

 

Sessa era già stato indagato dalla Procura per depistaggio in relazione ad alcune false dichiarazioni rese ai pubblici ministeri di Roma. In particolare aveva mentito su un dettaglio ritenuto importante ai fini delle indagini, e cioè la data in cui avrebbe informato il suo superiore, il generale Sergio Pascali, dell'esistenza di significative intercettazioni sul conto di Tiziano Renzi, padre dell'ex premier. Sentito a maggio scorso come persona informata sui fatti dai pm, Sessa avrebbe spiegato di aver informato il suo capo solo il 6 novembre 2016, dopo l'uscita su un quotidiano della vicenda Consip. E invece le cose sarebbero andate diversamente, perché Pascali sarebbe stato informato da Sessa fin dal giugno precedente. Il reato di depistaggio, invece, costituisce una novità per Scafarto, già sotto inchiesta per due accuse di rivelazioni del segreto d'ufficio e cinque episodi di falso, cominciare da quello contenuto nell'informativa consegnata in Procura il 9 gennaio 2017 nella quale, riferendo il contenuto di una intercettazione ambientale negli uffici romani della Romeo Gestioni, attribuiva erroneamente all'imprenditore Alfredo Romeo e non al suo consulente Italo Bocchino, ex parlamentare, la frase “...Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato”.