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La toga come abito di scena

Annalisa Chirico

Il presidente della Repubblica Mattarella ha chiesto ai magistrati di “non dare l’impressione di perseguire finalità estranee alla legge”. A chi si riferiva? Esperimento

“In questa prospettiva, si coglie il significato della toga che indosserete. Non è un abito di scena. Non si tratta di un simbolo ridondante o soltanto frutto di tradizione. Rappresenta, invece, il senso della funzione che vi apprestate a svolgere.
E’ uguale per tutti, anzitutto, perché i magistrati si distinguono fra loro soltanto per funzioni… L’irrinunziabile principio dell'autonomia e dell’indipendenza, garantite dall'art. 101 della nostra Costituzione alla funzione giudiziaria, non può essere, in alcun modo, una legittimazione per ogni genere di decisione, anche arbitraria, bensì rappresenta la garanzia di difesa da influenze esterne affinché il magistrato utilizzi il suo bagaglio culturale per applicare il diritto nel caso concreto… Il magistrato non deve né perseguire né dar l’impressione di perseguire finalità estranee alla legge ovvero di elevare a parametro opinioni personali quando fa uso dei poteri conferitigli dallo stato: si metterebbe, in tal modo, a rischio la credibilità della funzione giudiziaria che è un bene prezioso e fondamentale nella società democratica e nel disegno della nostra Costituzione”.

Sergio Mattarella, 9 ottobre 2017

 


 

Se questa è una toga. Come in un flusso di coscienza, con il non trascurabile dettaglio che le affermazioni che andrete a leggere sono state pronunciate pubblicamente, nei salotti televisivi e non solo, da un magistrato in servizio. Chi scrive ha preso in considerazione gli ultimi cinquanta giorni. Al lettore l’ardua sentenza.

 

‘In Italia gran parte della cronaca politica è cronaca giudiziaria, qualche volta persino cronaca nera. Se la politica facesse pulizia autonomamente in casa sua senza aspettare l’intervento giudiziario, non ci sarebbero tutte queste tensioni’. ‘Di solito la cultura del sospetto è espressione usata da chi è al di sotto di ogni sospetto’. ‘Se domattina un giornale mi bolla come ladro, io posso mai gridare alla grave violazione del segreto? Cioè: sono un ladro ma non si può sapere? Devo ribattere che non è vero. E invece questi dicono: grave violazione del segreto. È una cosa che mi fa imbestialire’. ‘Renzi dovrebbe provare a fare uno sforzo di immaginazione per capire una cosa: esiste una verità storica che prescinde da quella processuale. Più ostacoli si mettono alla possibilità per il giudice di sapere com’è andata, maggiore è la possibilità che le due verità non coincidano’. ‘So distinguere i ladri dai non ladri, di mestiere faccio questo’. ‘L’Italia è un paese gravemente corrotto. I corrotti non vengono presi pressoché mai. Anche quando vengono presi, non vengono condannati. Forse questo spiega perché c’è una certa insistenza nel dire: aspettiamo le sentenze’. ‘Perché si deve risarcire uno che ha preso la prescrizione? Le chiedo: c’è onore a prendere la prescrizione?’. ‘Ho smesso di interrogami su quello che fanno i politici. Loro non sanno quello che fanno’. ‘Ci sono persone con redditi da pezzenti che fanno una vita da nababbi. Se comandassi io prevedrei la confisca immediata dei beni di chi non possa giustificarli con il proprio reddito o a titolo ereditario’. ‘Il problema principale in questo paese è che i partiti sono associazioni non riconosciute all’interno delle quali avviene qualunque cosa. Qualunque cosa’. ‘Il centrosinistra ha fatto alla giustizia più danni dei governi Berlusconi. Non parlo soltanto del governo Renzi: non attribuiamo a lui un’importanza maggiore d quella che merita’. ‘Renzi mi definisce khomeinista giudiziario? La smetta di attribuire ai morti come Falcone cose che ha in testa lui. Io cerco di far rispettare la legge. Poi se lui conosce magistrati che non la fanno rispettare come li chiama?’. ‘L’Italia non ha neanche provato a gestire l’immigrazione. Si può scegliere da dove far arrivare immigrati dando i visti. Noi invece facciamo le sanatorie che, al pari di amnistie e condoni, sono tutte porcherie. Le regole si rispettano prima, non dopo’. ‘In tutti i paesi civili gli scippatori, categoria per la quale non ho alcuna simpatia, stanno in carcere. Soltanto in Italia fanno i decreti svuotacarceri e li mettono fuori’. ‘I magistrati esistono per far paura ai cattivi. Se uno ha sempre paura dei magistrati, c’è da pensar male’. ‘Rispetto a vent’anni fa i politici non hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi. Noi abbiamo squarciato il velo dell’ipocrisia: gli italiani sapevano che la classe dirigente fosse birichina, non sapevano quanto fosse ladra. In passato la corruzione era più controllata dai vertici di partito, oggi c’è l’assalto alla diligenza, chi passa da lì arraffa quello che può’. ‘Io non farò mai parte di alcun esecutivo. Il ministro della Giustizia è l’unico menzionato in Costituzione, insieme al presidente del Consiglio, per dire, in sostanza, che non conta nulla. È un ministro delle cancellerie. Se io diventassi Guardasigilli? Non accadrà mai ma, se avessi il colpo di bacchetta magica, proporrei il contrario di quanto è stato fatto negli ultimi quarant’anni’. ‘I corrotti dicono sempre di aver preso meno soldi di quelli effettivamente intascati. Ma questo nella corruzione è persino peggio. Se mi vendo per poco è più grave che se mi vendo per tanto. Se mi vendo per cinquanta euro, sono veramente un pezzente. Parafrasando il Vangelo: Servo che sei stato infedele nel poco come potresti essere fedele nel molto?’. ‘C’è stato un periodo in cui ho pensato di avere un tocco di Re Mida al contrario: tutte le volte che processavo qualcuno, specie se veniva condannato, specie se aveva mantenuto il silenzio su parte delle sue malefatte, iniziava per lui una prestigiosissima carriera politica. Il che getta un pericoloso sospetto sui suoi amici in politica’. ‘Quando mi parlano di protagonismo, io domando: quando sui giornaletti di provincia viene fotografato il pescatore con il luccio da dieci chili, il pescatore fa protagonismo o il luccio è grosso?’. ‘Bisogna sfatare l’idea che i processi dipendono da chi li fa: dal pm per le indagini, dal giudice per il giudizio. Non è così. In larghissima parte i processi dipendono da chi vi prende parte: dagli imputati e dai testimoni. Perché possono decidere di parlare oppure di starsi zitti’. ‘La separazione delle carriere? È una roba che non ha senso comune. Le parti nel processo non sono uguali e non possono essere uguali. Se il pm va in udienza e chiede la condanna sapendo l’imputato innocente, commette il delitto di calunnia. Se il difensore dell’imputato, colto da crisi di coscienza, si alza e dice al giudice: Non penserà mica di assolvere il mio cliente? È Jack lo squartatore, quell’avvocato commette i delitti di infedele patrocinio e rivelazione del segreto professionale. Qualcuno mi può spiegare quale uguaglianza può esserci tra una parte che non può mentire e una che non può dire la verità?’. ‘Spiegai ai colleghi francesi che alle elezioni del ‘94, in seguito alle inchieste di Mani pulite, erano spariti cinque partiti, insomma un sommovimento politico notevole. Poi dissi loro: noi organi preposti alla repressione criminale svolgiamo rispetto alla devianza criminale la stessa funzione che in natura svolgono tipicamente i predatori. Miglioriamo la specie predata. Abbiamo preso le zebre lente, sono rimaste quelle veloci. O, se preferite, abbiamo creato i ceppi resistenti agli antibiotici’. ‘Nel processo Mafia capitale, essendo intervenute condanne non per associazione mafiosa ma per associazione a delinquere, un parlamentare ha annunciato l’intenzione di querelare i giornali per aver diffamato gli imputati condannati a una saccata di anni di reclusione. Però non erano mafiosi, ha detto, erano quasi mafiosi. In qualsiasi altro paese nessuno riporterebbe le sue dichiarazioni, informerebbero invece il sindaco per valutare se ci siano gli estremi per un trattamento sanitario obbligatorio’. ‘L’allora premier Craxi chiese e ottenne il permesso di colloquio con il detenuto Antonio Natali, presidente della metropolitana milanese. Ora, mettetevi nei panni di un testimone. Quando sa che l’imputato è amico del presidente del Consiglio al punto che costui vuole andare a parlare con lui in carcere, secondo voi il testimone penserà che lo stato lo rappresenta il magistrato che lo interroga oppure che lo stato lo rappresenta il detenuto? Allora si comporterà di conseguenza, e si starà zitto. Infatti stettero tutti zitti’. ‘Ci accusano ancora di manette facili? È una cosa che non si può sentire. Questi rubavano ininterrottamente, alcuni si spartivano gli appalti per sorteggio, non sapevano come smaltire le valigette, perciò decisero di passare ai sacchetti di plastica. Il sistema era strutturato così da almeno vent’anni. Se non si possono arrestare questi, allora non si può più arrestare nessuno in questo paese. Chi dice queste cose, se in buona fede, è un cretino. Se in malafede, è complice d questi’. ‘Una volta un giornalista mi disse: è vero che avete violato le norme sulle custodie cautelari? Gli dissi: sì, abbiamo esagerato con le scarcerazioni’. ‘Avevamo fatto questo ragionamento di per sé fondato: se uno parla diventa inidoneo a commettere questi reati. Chi volete che prenda più soldi da uno che quando viene arrestato fa l’elenco di tutti quelli che ha pagato? Allora diventa onesto per forza. Abbiamo sbagliato a fidarci dei racconti che ci facevano pensando che fossero completi. Molte volte ci raccontavano soltanto una parte delle cose per mantenere delle aree di silenzio e garantirsi un futuro’. ‘Poi dicono che abusiamo della custodia cautelare. La verità è che a questi ci vorrebbe il 41bis per impedirgli di comunicare’. ‘Uno mi confidò che per abituarsi agli spazi stretti, sapendo che sarebbe stato arrestato, dormiva in bagno. Quali torture? Questi confessavano pure al citofono’. ‘Il presunto superteste, che poi prese dieci anni per calunnia, non sapeva niente. Se avesse saputo un decimo delle cose che diceva di sapere, sarebbe diventato più probabilmente deputato o senatore, forse ministro’. ‘Quando l’ex presidente di Parmalat è stato arrestato, ha dichiarato: non me l’aspettavo. Ha ragione lui perché di regola gli appartenenti alla classe dirigente di questo paese la fanno quasi sempre franca. In Italia violare la legge conviene. La legge tutela molto di più chi la viola rispetto a chi ne subisce le violazioni. Bisogna chiedersi con che criterio vengono fate le leggi’. ‘Per cacciare un politico non servono le accuse, bastano le difese. Non è che se una cosa non è reato non è comunque una porcheria’. ‘Quando certi politici dicono che bisogna aspettare le sentenze, scaricano sulla magistratura la selezione della classe politica. Se il mio vicino di casa è condannato in primo grado per pedofilia, io non gli affido mia figlia’. ‘In Italia c’è un eccesso di domanda di giustizia perché conviene violare la legge. Le conseguenze gravi le ha chi subisce una violazione della legge’. ‘Il magistrato può sentire un disagio di coscienza. Con il decreto Biondi non potevamo più arrestare per concussione. Quando la legge stride così tanto con il senso di giustizia, l’unica cosa che si può fare è cambiare mestiere. Allora chiedemmo al procuratore della Repubblica di destinarci a un incarico dove fosse meno stridente il contrasto tra ciò che la legge impone e ciò che la coscienza avverte. Questo vuol dire scriversi le leggi? Vuol dire: se scrivete delle porcherie, fategliele fare a qualcun altro. Io non le faccio’. ‘Il mio primo imputato di corruzione era un giovane funzionario che aveva confessato di aver preso 250mila lire, l’equivalente di un mese di stipendio. Non avevo mai visto un corrotto. Avevo visto ladri, ricettatori, trafficanti di droga, assassini. Mi chiedevo: chissà come sarà fatto un corrotto, me lo immaginavo come i Visitor, sembianze umane e lingua verde. Quando le guardie me lo portarono, rimasi colpito dalla sua assoluta normalità. Era uno uguale a me. Avrebbe potuto essere un mio compagno di università o di serate in discoteca. Misi da parte le domande che avevo appuntato e gli chiesi come mai un ragazzo di 27 anni si vendeva per 250mila lire. È un’età in cui si dovrebbe essere pieni di entusiasmo, con l’illusione magari di cambiare il mondo. Mi rispose: lei non può capire, lei fa parte di un mondo in cui queste scelte sono individuali, essere onesto o disonesto dipende da lei. Io invece dopo i primi quindici giorni in quell’ufficio ho capito che rubavano tutti e che non avrebbero tollerato la presenza tra loro di una persona perbene. Quando il mio superiore mi ha messo in mano i soldi, ho pensato che se non li avessi presi mi avrebbero licenziato. Questa risposta me la sono portata dietro per tutta la vita. Io vorrei vivere in un paese in cui ci vuole coraggio per fare il delinquente, non per essere onesto’.

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