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La “caccia all'uomo” del caso Consip è fallita, ma il metodo resta

Annalisa Chirico

Due inchieste con punti di contatto sospetti: intercettazioni alterate, nomi manipolati, propalazioni per la stampa. Un’altra denuncia contro l’inchiesta, con spunti per il nuovo procuratore di Napoli

Roma. Ultime dal Consip-gate. La spy story s’infittisce. La procura di Roma ha per le mani la denuncia, per falso ideologico e materiale, presentata da Massimiliano D’Errico nei confronti del maggiore dell’Arma dei carabinieri Fabio De Rosa e dell’intera squadra di investigatori che ha indagato sul suo conto nell’inchiesta Cpl Concordia. Per intenderci, sono gli stessi del caso Consip che, nel suo filone romanissimo, ha puntato gli uomini più vicini all’ex premier Matteo Renzi. “Nell’informativa di reato”, afferma il denunciante, “sono stati riprodotti fatti che non sono conformi a verità. Tale rappresentazione della realtà, unitamente alla riproduzione solo di parte del testo delle conversazioni intercettate, ha determinato la lesione della reputazione professionale del sottoscritto”. Come già raccontato dal Foglio, D’Errico è un imprenditore casertano dell’alimentare ingiustamente detenuto per le accuse dei pm Henry J. Woodcock, Giuseppina Loreto e Celestina Carrano. Nel 2015 D’Errico viene arrestato con l’accusa di riciclaggio aggravato internazionale sulla base di prove che risulteranno inesistenti. In altre parole, inventate. L’indagine partenopea riguarda il presunto “sistema corruttivo” messo in piedi dalla coop modenese Cpl Concordia al fine di aggiudicarsi gli appalti relativi alla metanizzazione di Ischia. Le intercettazioni telefoniche coinvolgono pure D’Errico. Ed è lui che, secondo i pm, si sarebbe fatto trasferire da un manager della Cpl una somma proveniente dalla Tunisia su un conto acceso presso una banca di San Marino per poi consegnare allo stesso manager il denaro in contanti. Peccato che manchino le prove. Dopo ventidue giorni dietro le sbarre, il tribunale del riesame annulla l’ordinanza cautelare perché “non sono stati acquisiti elementi idonei a dimostrare la sia pur parziale realizzazione della condotta”.

“Nessun atto esecutivo dell’illecita ideazione risulta sia stato posto in essere dall’indagato; non risulta traccia del paventato bonifico né di una consegna di denaro, nemmeno dell’apertura di un conto corrente all’estero predisposto ad hoc”. Eppure nell’informativa, sottoscritta dal maggiore De Rosa e datata 13 ottobre 2014, i carabinieri del Noe, all’epoca guidati dal colonnello Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, danno per acclarati una serie di fatti e circostanze, a partire dal famigerato “bonifico estero su estero”, che non sono conformi al vero. Chiamateli pure falsi investigativi. “Non c’è traccia della costituzione di una società all’estero – mette nero su bianco il tribunale del riesame – né della redazione di un contratto di consulenza tra società al fine di giustificare il trasferimento delle somme”.

 

A distanza di due anni, su richiesta della stessa procura, il gip dispone l’archiviazione. Il maggiore De Rosa che appone la firma in calce all’informativa curata dal capitano Scafarto e dai suoi colleghi è lo stesso al quale Scafarto dichiara di voler inviare, via email, lo scorso 3 marzo, un documento con gli ultimi aggiornamenti su Consip. Il capitano, indagato per falso e rivelazione del segreto d’ufficio, racconta ai pm capitolini che quel giorno, insieme al pm Woodcock, si trova su un treno diretto a Firenze per l’interrogatorio di Carlo Russo. Forse per una svista o chissà, il file viene trasmesso al Fabio sbagliato, non al superiore De Rosa ma al maresciallo Fabio Celestino, ex Noe transitato al Rud, letteralmente Raggruppamento unità difesa, ovvero il reparto dei carabinieri dedicato alle esigenze dell’Aise. Colpa del completatore automatico di gmail che gli suggerisce tutti i destinatari memorizzati con il nome Fabio. E lui, invece di cliccare su [email protected], clicca su quello sbagliato che, guarda caso, è transitato ai servizi segreti insieme al Capitano Ultimo. Celestino fa parte della squadra di venti militari che, dopo le rivelazioni della procura di Roma sui rapporti tra gli uomini del Noe impegnati nelle indagini Consip e i loro ex colleghi, all’insaputa di tutti i vertici del comparto intelligence, sono stati “restituiti” all’Arma dei Carabinieri. A decidere il trasferimento di De Caprio nell’agosto 2015 è il comandante generale Tullio Del Sette, in seguito alla pubblicazione sul Fatto quotidiano di una intercettazione penalmente irrilevante, che doveva restare segreta, tra Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, nell’ambito dell’inchiesta Cpl Concordia. Successivamente il comandante Del Sette finirà iscritto nel registro degli indagati nel caso Consip per una fumosa ipotesi di rivelazione del segreto d’ufficio. Adesso, per la stessa indagine sulla centrale pubblica degli acquisti, con ulteriori manipolazioni e fuoriuscite giornalistiche imputate sempre al Noe, De Caprio viene “restituito” al corpo di appartenenza. Con Del Sette ancora sotto indagine, difficilmente i vertici dell’Arma potranno assumere iniziative concrete nei confronti dei carabinieri ritenuti infedeli. Il 7 agosto 2016 Scafarto invia al colonnello Alessandro Sessa, attualmente sotto indagine per depistaggio, il seguente messaggio su WhatsApp: “La verità è che qualsiasi scelta decidiamo di prendere non è facile, perché sono cambiate le condizioni e perché, probabilmente, se abbiamo iniziato questa attività (Consip, ndr) è per accontentare il vice e il dottore”. Il vice è Ultimo, il dottore è Woodcock.

 

Così i due filoni, Cpl e Consip, si intrecciano in un giallo appassionante, sullo sfondo aleggiano le ripercussioni politiche di due inchieste che hanno sfiorato assai da vicino l’ex premier Renzi, in un mosaico puntellato di anomalie inquietanti: intercettazioni alterate, nomi manipolati, materiali secretati propalati dalla stampa, elementi di prova inventati di sana pianta. Anche di questo dovrà occuparsi Giovanni Melillo, designato ieri dal plenum del Csm come nuovo procuratore di Napoli. Mentre gli ispettori ministeriali incaricati dal neocapo di gabinetto Elisabetta Maria Cesqui hanno già provveduto a unificare i due fascicoli, Cpl e Consip. Troppi i punti di contatto, identici protagonisti e prassi investigative reiterate che lasciano intravedere un “metodo” adoperato con pervicacia. Già, ma a quale scopo? 

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